Alternativi ed unitari: il dibattito del XII Congresso regionale

Le macchine con i delegati si dirigono da Imperia, Savona, Tigullio e La Spezia verso Genova. Ci sono trenta gradi all’ombra già alle otto e mezza del mattino. I giovani che protestano per il cambiamento climatico hanno poi così torto? Anche quando fanno azioni eclatanti lanciando vernice (lavabile) su monumenti e altro per attirare l’attenzione su questo problema davvero planetario? No, non hanno torto. E del mutamento dell’equilibrio ecosistemico si parlerà durante la lunga giornata al Circolo “Bianchini” di Marassi, storica sede di Rifondazione Comunista che ospita il XII Congresso regionale del Partito.
La relazione dei co-segretari sottolinea la contingenza sociale, politica, economica e anche culturale in cui ci troviamo e con cui dobbiamo fare i conti: la Liguria e, nello specifico, proprio Genova hanno dovuto affrontare crisi istituzionali che sono figlie di un diffuso malaffare, di un mal costume della politica che non ha perso il vizio di essere la longa manus di quelli che, un po’ genericamente, si possono definire “poteri forti” e che, almeno nell’ambito strettamente ligure, sono i signori della portualità, dei traffici marittimi e di altri che riguardano le infrastrutture presenti e quelle sognate per fare sempre maggiori profitti.
Lavoro, crisi economica, salari al palo, pace e veloci avvicendamenti internazionali sono affrontati con una sinergia e sincreticità che è poi il punto di sintesi di una valutazione pragmatica sul cosa fare oggi: adeguare il Partito della Rifondazione Comunista alle sfide di un presente in cui non basta avere ragione, ma bisogna cercare questa ragione di praticarla concretamente. Matteo Prencipe, venuto dalla Lombardia, è il garante per la Direzione nazionale e presiede il Congresso insieme a Claudia Rancati e Jacopo Ricciardi (co-segretari uscenti), Alessandra Speciale e Tito Griffini, Segretario del Circolo “Bianchini”.
Portano il loro saluto al congresso partiti e movimenti (PCI, Potere al Popolo!, Alleanza Verdi Sinistra, Sinistra anticapitalista), realtà sindacali come USB (con un significativo intervento di Milena Rebecchi sul “pacifismo di classe”), importanti presìdi come Genova Antifascista (rappresentata dal nostro compagno Marco Roberto) e per l’ARCI, in sostituzione del presidente regionale, il compagno Franco Zunino. Interviene anche Antonella Marras, già candidata sindaca di “Sinistra alternativa” alle ultime comunali di Genova che pone l’accento sul contributo prezioso dato da migliaia di genovesi che non si sono arresi alla logica del bipolarismo.
Il dibattito si apre con gli interventi dei due segretari uscenti. Claudia Rancati evidenzia tutte le difficoltà di una gestione unitaria, in presenza soprattutto di una dialettica che, un po’ da sempre, evidenzia i limiti di un confronto troppo spostato sul tema “alleanze sì, alleanze no”.
In due anni di co-segreteria si è passati, infatti, da un documento unitario e condiviso ad una serie di passaggi (come l’esperienza di Unione Popolare) che hanno visto, via via, venire meno questo tentativo di completa omogeneità sul pensare, sul fare, sul dire. «C’è un patrimonio militante che è una vera ricchezza per Rifondazione Comunista e che impedisce di concepire il Partito come un semplice e solo “comitato elettorale“. I Circoli devono vivere e rivivere sulla base di questa partecipazione attiva».
Jacopo Ricciardi afferma che i disaccordi ci sono stati e vi sono tutt’ora. Altrimenti non sarebbero stati fatti due documenti a livello nazionale e si sarebbe potuto procedere con un solo elaborato a tesi emendabili. «Soprattutto alle ultime elezioni regionali una buona parte del Partito ha vissuto un disagio di non poco conto. Sulla scorta del sentimento popolare, noi ritenevamo necessaria almeno una apertura di dialogo con le altre forze della sinistra. Tutte quante, per cercare di capire che vi era la possibilità di convergere e contribuire a mandare a casa le destre. Abbiamo tentato la strada del referendum tra le iscritte e gli iscritti, ma la maggioranza del Partito non lo ha accettato».
L’apertura al dialogo, secondo Ricciardi, non era una cambiale in bianco per una alleanza con il “campo largo”: si poteva e si possono trovare momenti di unità pur nella giusta e obiettiva distinzione nel rispetto delle differenze politiche e programmatiche. «Non dobbiamo stare in un rigagnolo, ma navigare in mare aperto», sapendo che, proprio perché siamo una forza di sinistra dell’alternativa, non possiamo essere d’accordo su tutto quello che le altre formazioni politiche propongono tanto tatticamente quanto strategicamente, quindi su un piano di più lungo periodo.
Tuttavia, anche se vi sono stati in questi anni molti elementi di contrasto interno, il Regionale uscente ha anche lavorato e sostenuto le federazioni nelle loro lotte: contro gli armamenti a La Spezia, contro il rigassificatore a Savona, per un antifascismo militante a Genova, contro il malaffare già citato nell’ambito più propriamente ligure, in difesa dell’ambiente e contro le grandi opere (come la Gronda di ponente). Ricciardi termina il suo intervento facendo un appello che è la premessa di un nuovo corso politico del PRC regionale: ritessere le relazioni con le realtà sindacali, sociali, culturali, politiche, antifasciste, laiche e democratiche.
Immediatamente dopo vengono elette le Commissioni: in quella elettorale e verifica poteri i compagni Davide Ghiglione (Genova), Luca Marchi (La Spezia), Marco Sferini (Savona). In quella politica prendono posto Veruschka Fedi (La Spezia), Claudia Rancati (La Spezia) e Marco Ravera (Savona). Compito delle commissioni sarà l’elaborazione del documento politico finale, l’accertamento del regolare svolgimento del Congresso e la compilazione degli elenchi dei nuovi organismi dirigenti del Partito.
Nella prosecuzione del dibattito, interviene Marco Nesci, ex capogruppo regionale, storico esponente genovese del Partito: «Il compito del Comitato politico regionale che eleggeremo sarà quello di assumersi un vero coordinamento tra le cinque federazioni liguri. Dobbiamo, sul piano strettamente politico, domandarci che cosa vogliamo veramente fare. Nel Congresso di Venezia del 2005 commettemmo l’errore di andare verso l’alleanza con il centrosinistra e, progressivamente, abbiamo fatto dei momenti elettorali il centro del nostro riflettere, elaborare ed agire». Non proprio una deriva istituzionale del Partito, ma – secondo Nesci – poco ci è mancato e ci mancherebbe ancora.
A mancare sarebbe anche una strategia politica di fondo: riprendendo quanto detto da Rancati, Nesci afferma che siamo troppo ingessati sull’alternanza, sul dibattito permanente tra “centrosinistra sì, centrosinistra no” e si pone un amletico dubbio: «Come si fa a dire che il processo istituzionale è l’unico punto di riferimento del nostro Partito?».
Gli risponde a stretto giro di posta Veruschka Fedi della Federazione di La Spezia: «Quando eravamo più presenti nelle istituzioni i temi scottanti che riguardavano i più deboli e fragili di questa società li portavamo noi all’attenzione delle assemblee legislative. Ad ogni livello: dal Parlamento al Consiglio comunale del più piccolo centro. La nostra assenza da questi contesti ha indebolito le istanze sociali nella rappresentanza istituzionale».
«Questo – continua Fedi – fa sì che questa marcata debolezza delle prerogative sociali, dei diritti tutti, del mondo del lavoro e del non-lavoro, dei precari e di tutta quella rete di garanzie che oggi è in pericolo, si ripercuota proprio sui grandi problemi che impoveriscono complessivamente la vita delle persone. Se nelle forze della sinistra moderata e di centrosinistra si aprono delle contraddizioni, vi sono dei ripensamenti sulle riforme del lavoro, delle pensioni, della scuola, lì bisogna provare ad esercitare un’azione, lì si deve intervenire».
Dino Lucia della Federazione del Tigullio non ama gli “one man band” e vorrebbe un Partito più corale, meno litigioso, consapevole del compito di rappresentare, nonostante tutto, una storia che è eredità valoriale ma anche presupposto per un rilancio politico che guardi ad una alternativa di sinistra vera e non solo finalizzata a dare supporto all’ambigua ambivalenza dell’alternanza.
Franco Zunino riprende il tema della partecipazione interna, del referendum tra gli iscritti che non si è tenuto a proposito delle regionali ultime: «L’aspetto elettorale non è l’unico aspetto a cui fare riferimento nella costruzione dell’azione politica del nostro Partito. Ma non è nemmeno poi così secondario e residuale come si pretenderebbe di far credere. Stare nelle istituzioni è necessario ed essenziale se si vuole provare a cambiare i rapporti di forza. Si può essere utili tanto in maggioranza quanto all’opposizione. Dipende come si agisce»
Luca Lorenzini (La Spezia), collegato da remoto come altre compagne e altri compagni, condivide gran parte degli interventi svolti e invita il Congresso a non trascurare il fatto che dobbiamo recuperare un consenso. «Un consenso che sia sempre maggiore e non solo in termini di voti. Prima di tutto rimettendo al centro del nostro agire la questione di un lavoro che non permette di vivere ma di rimanere essenzialmente poveri e, paradossalmente, divenirlo sempre più». L’intervento di Francesco Colopi (Segretario della Federazione del Tigullio) ribadisce la necessità di ridare a Rifondazione Comunista un ruolo di classe nell’ambito della sinistra di alternativa: «Francamente non comprendo perché dovremmo porci la questione di allearci o meno col PD. Si tratta di un partito che fa l’esatto opposto degli interessi che noi vogliamo difendere».
Nicolò Foglino, dei GC genovesi del Circolo “Lenci”, esprime un disagio che pare diffuso tra i giovani: l’impossibilità oggi di trovare un reale sbocco lavorativo che non sia legato all’estremizzazione liberista della precarietà. «Rifondazione Comunista non può non tenere conto delle istanze dei giovani in questo senso: siamo troppo sfruttati, troppo vincolati alle perturbabilità del mercato e diventiamo una sua variabile dipendente in tutto e per tutto. Vorrei che il Partito avesse la maturità politica per stare tanto nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, quanto nelle istituzioni».
Marco Sferini mette in relazione la sua esperienza lavorativa con il tema dell’emergenza democratica: «Faccio il rider da quasi tre anni e lavoro sostanzialmente alla sera. Siamo tassati con una trattenuta del 20% di tasse, la benzina è a nostro carico e lavoriamo, spesso, per sette, otto, nove euro al massimo l’ora. Facendo un lavoro di questo tipo, mi sono chiesto, perché non sto con la parte che sembra più arrabbiata e rivoluzionaria del Partito?»
Ad interrogativo si aggiunge altro interrogativo e, poi, prova a darsi una risposta:«Perché non penso che si debba costruire un polo della sinistra di alternativa tanto alle destre quanto alle forze progressiste? Mi sono risposto che occorre legare la questione sociale a quella democratica e non dimenticare che Rifondazione Comunista deve tornare ad essere un elemento di critica e di stimolo per l’apertura di nuove contraddizioni proprio in seno a quelle forze che hanno, da sinistra, privilegiato i rapporti con la realtà dell’impresa piuttosto che col mondo del lavoro. L’impegno nostro deve essere duplice: sociale e politico di base, unitamente allo sviluppo di una nuova cultura e presenza nelle istituzioni democratiche».
Roberta Piazzi, della Federazione di Genova, sposta i termini della questione nuovamente sull’interrogativo «Chi sono i veri fascisti? Quelli che abbiamo al governo o anche quelli che per tutti questi anni hanno fatto sì, con riforme contro i lavoratori e i precari, di aprire delle praterie al populismo delle destre e al consenso di massa che hanno ottenuto? Se ci pensiamo bene, gran parte dei voti della Lega provengono da masse operaie e gli stessi vecchi militanti del PCI di un tempo sono passati, molti decenni fa, a ingrossare le fila di movimenti e partiti di estrema destra».
Simone Panzieri è perentorio: «Non si può pensare di costruire nessuna alternativa insieme al Partito democratico». La pensa così anche Marco Roberto (già intervenuto a nome di “Genova antifascista”) che, proprio nelle cedevolezze della sinistra moderata divenuta sempre più di centro scorge il vulnus maggiore, il punto di massima debolezza in cui la destra si è insinuata fino a farsi largo tra quelle masse lavoratrici che, molto tempo fa, erano il nostro popolo di riferimento.
Matteo D’Imporzano, dei Giovani Comunisti/e di La Spezia, pone la questione della pochezza del tatticismo e, soprattutto, di quella che definisce «una vera e propria ossessione nei confronti del PD. Non vogliamo fare nessuna alleanza col PD! Deve essere chiaro. Ma vogliamo poter essere ancora un Partito comunista che non si preclude nessun dialogo, che interagisce con tutte quelle forze politiche con cui è possibile fare tratti di strada comune sui diritti tanto sociali quanto civili ed umani. Perché dobbiamo metterci sempre nella condizione di prendere parte a tutte quelle lotte che fanno avanzare i diritti di tutti».
Riprende lo spirito di questo intervento il più giovane tra i delegati, il quindicenne Francesco La Rocca, coordinatore provinciale dei GC di Savona: «Credo sia mancato un vero confronto interno e anche tra le federazioni. Mi riferisco, ovviamente, all’ambito ligure. Ma questa mancanza è registrabile anche a livello politico con altre formazioni e con un mondo del lavoro in cui dobbiamo poter tornare; così come necessario è riconnettersi con un mondo della scuola in cui tante sono le contraddizioni, le mancanze a causa delle privatizzazioni del sapere e di logiche meramente imprenditoriali. Chiedo al Partito, in questo senso, di fare davvero uno sforzo di valorizzazione delle giovani generazioni».
Davide Ghiglione fa appello ad un lavoro comune, ad una valutazione attenta dei programmi per superare anche le ataviche dicotomie sulle alleanze, mentre Mariano Mij, Segretario della Federazione di Imperia e medico chirurgo, considera le opzioni tra «l’essere travolti in uno schieramento politico, il prendervi parte senza perdere la propria autonomia e indipendenza di giudizio e di programma, oppure scegliere una terza via di collaborazione esterna. Vi sono rischi e opportunità per quello che vogliamo rappresentare. Sempre e comunque. Prima degli accordi sulle regionali, i contatti vi erano stati e si era constatato che non era possibile una convergenza con le forze del campo largo».
Da esperto di questioni di sanità, Mariano sottolinea il fatto che, «proprio su questi dirimenti come quelle della salute e del benessere anche nella zona di Imperia il centrosinistra ha agito nella direzione opposta a quella di un rafforzamento del pubblico e, quindi, dell’aumento dei servizi ospedalieri. I valori sono importanti ma vanno legati a questioni pratiche, al merito. Dobbiamo maturare posizioni necessariamente più condivise e scegliere alcuni punti su cui far valere la nostra capacità di fare ancora politica».
Galleria Fotografica del XII Congresso regionale
Massimo Lombardi, consigliere comunale a La Spezia e avvocato, considera il Congresso un buon momento di confronto. «Ho davvero apprezzato un po’ tutti gli interventi, anche quelli che mi sono più lontani come valutazione tanto pregressa quanto dell’oggi e del prossimo futuro. Vorrei citare una frase del compagno Davide Ghiglione che mi è molto piaciuta: “Riuscire a fare un cammino col rispetto delle posizioni sui singoli temi“. Ecco, questa deve essere la premessa di un lavoro fatto collaborando attivamente e fattivamente, puntando a dare a Genova nuovamente quella centralità che in Liguria ha, per forza».
Sergio Triglia del Circolo “Lenci” interviene da remoto a causa di una influenza che lo ha colpito proprio poche ore prima dello svolgimento del Congresso: «Sono felice di constatare che siamo ancora un Partito strutturato, organizzato e che, quindi, non è impossibile per Rifondazione Comunista riproporsi nelle lotte quotidiane: dal mondo del lavoro a quello delle vertenze sulla scuola, sull’ambiente, sui diritti sociali e civili. Questi momenti di costruzione di una critica dal basso, sostenuta necessariamente dal nostro Partito possono e devono andare di pari passo con un recupero del ruolo di rappresentanza istituzionale del PRC. Le motivazioni delle lotte noi le dobbiamo riportare nelle assemblee legislative. Dobbiamo ritornare ad essere il “partito dell’utilità sociale”»
Luca Marchi, Segretario della Federazione di La Spezia, ribadisce la necessità di un Partito plurale, di un «confronto aperto e franco che punti sempre all’operatività come ultimo elemento di concretizzazione della linea politica. Il Regionale ha questa funzione di coordinamento ma non di meno l’onere di sviluppare tutta una serie di iniziative e di rapporti che siano sostanziali e interpretino la volontà delle iscritte e degli iscritti. Abbiamo un compito non facile davanti a noi: tutte e tutti insieme possiamo, nel reciproco rispetto, fare sintesi e sostenere il lavoro delle singole federazioni. Lavoro che deve andare nella direzione vicendevole del supporto al Regionale e del sostegno dal Regionale».
L’intervento di Marco Ravera, consigliere comunale a Savona e già Segretario regionale del Partito, chiude la fase del dibattito in un sempre più afoso e caldo pomeriggio genovese: «Domani è il 30 giugno. Una data non solo simbolica per Genova. Una data in cui si ricordano i “fatti” accaduti nel 1960 a seguito del corteo sindacale, sostenuto da tutte le forze della sinistra, democratiche e antifasciste per contestare la convocazione nella Superba del sesto Congresso nazionale del Movimento Sociale Italiano. Ecco, quei fatti, che sembrano lontani ormai, ci riportano alla mente che il pericolo di una involuzione autoritaria non si è mai del tutto estinto. Oggi governano gli eredi di quelle forze fasciste e il rischio che accada, tra qualche anno, di essere messi fuori legge come comunisti, così come accade in alcuni paesi europei, c’è».
Prosegue Ravera: «Se questo rischio esiste, ed esiste, dobbiamo fare la nostra parte per impedire che si realizzi. Non c’è contraddizione tra l’essere una forza di sinistra di alternativa e l’essere nelle istituzioni. Lì noi possiamo portare le nostre lotte sui territori, nei movimenti. A Savona, proprio perché siamo nella maggioranza comunale, siamo riusciti a fare approvare ordini del giorno di solidarietà con la terribile guerra a Gaza e in favore di Julian Assange. Se adottassimo una logica assolutamente extra-istituzionale, potremmo fare tutto questo? Io credo proprio di no».
A Matteo Prencipe, garante del Congresso, sono affidate le valutazioni finali: «Il nostro Partito deve fare uno sforzo di adeguamento alla realtà, deve parlare in modo differente, comunicare in altra maniera: un linguaggio più semplice in tutti i tipi di relazione che vogliamo stabilire con l’esterno. Soprattutto dobbiamo essere capaci di fare nuovamente analisi, inchieste sociali per capire i veri rapporti di forza quali sono e come si compone la società: in Liguria la popolazione anziana è davvero un dato non trascurabile. I dati ISTAT ce lo dicono in tutta chiarezza: anche nel nostro Partito questo elemento è diventato preponderante. Noi siamo un Partito in cui l’età media è troppo alta».
Continua Prencipe: «Sento dire, in molti interventi, che dovremmo non dare molta importanza all’istituzionalismo, che il momento delle elezioni non può essere il nostro perno centrale attorno a cui far ruotare la nostra politica. Ma noi, seguendo questa ispirazione e, più che altro, costretti dai nuovi rapporti di forza tra le classi e dalle percentuali rivoluzionate dei partiti politici, siamo forzatamente divenuti un Partito “extra-istituzionale“. Siamo presenti in poche decine di consigli comunali con nostri compagni… Ce ne rendiamo conto? L’inversione di rotta è necessaria o ne va dell’esistenza stessa di Rifondazione Comunista». Un intervento duro e crudo che lascia l’amaro in bocca ma, in sostanza, un necessario bagno di verità e di autocritica.
Immediatamente dopo si passa alla lettura dei documenti politici presentati: Veruschka Fedi legge per la mozione 1 un “Documento politico, prgrammatico e organizzativo“, mentre Claudia Rancati espone per la mozione 2 il documento “Salvare il Partito, stare nelle lotte, costruire l’alternativa“. L’esito delle votazioni assegna 28 voti al documento 1 e 19 voti al documento 2. Marco Nesci propone due ordini del giorno che vengono assunti all’unanimità tanto dalla Commissione politica quanto dal Congresso: il primo inerente la costituzione di un “Comitato permanente contro le spese militari”; il secondo su una “Libera discussione sul fascismo oggi, sull’uscita dalla NATO, sugli interessi della UE opposti a quelli dei popoli” (qui il collegamento al file per la loro lettura).
Si passa quindi al criterio numerico per la composizione degli organismi dirigenti: la Commissione elettorale, guidata da Luca Marchi, propone un Comitato politico regionale composto da 25 membri (24 più il Presidente del Collegio regionale di Garanzia) e un Collegio regionale di Garanzia formato da tre compagni. Vengono proposti i seguenti nomi per il Comitato politico regionale:
– per il documento 1
Sergio Triglia (Genova), Jacopo Ricciardi (La Spezia), Luca Marchi (La Spezia), Daniele Ambrosini (La Spezia), Matteo D’Imporzano (La Spezia), Veruschka Fedi (La Spezia), Alessandra Speciale (La Spezia), Luca Vezzali (Tigullio), Marco Sferini (Savona), Walter Surano (Savona), Marco Ravera (Savona), Fabrizio Ferraro (Savona), Jacopo Siffredi (Imperia), Francesco Mamberto (Imperia), Franco Zunino (Savona, Presidente Collegio regionale di Garanzia);
– per il documento 2
Davide Ghiglione (Genova), Marco Nesci (Genova), Gianni Ferretti (Genova), Roberta Piazzi (Genova), Claudia Rancati (La Spezia), Dino Lucia (Tigullio), Francesco Colopi (Tigullio), Roberto Palomba (Savona), Mariano Mij (Imperia), Angela Surico (Imperia).
La proposta viene approvata dal Congresso con un solo voto di astensione.
Vengono proposti, invece, per il Collegio regionale di Garanzia: Salvarore Romeo di Imperia, Tito Griffini di Genova e Franco Zunino di Savona. Viene eletto all’unanimità Presidente Franco Zunino.
Si concludono così i lavori del XII Congresso regionale. Immediatamente è convocato il nuovo Comitato politico regionale che valuta le proposte per l’elezione del nuovo Segretario e del nuovo Tesorire regionale: Marco Ravera, a nome della mozione 1, propone Jacopo Ricciardi come Segretario e Sergio Triglia come Tesoriere. Claudia Rancati, per la mozione 2, fa le proposte di Marco Nesci in qualità di Segretario e Davide Ghiglione come Tesoriere.
L’esito della votazione è il seguente: Ricciardi 14 voti, Nesci 9. Triglia 13 voti, Ghiglione 11. L’applauso corale è il complimento migliore per un buon lavoro ai nuovi dirigenti regionali del Partito e sancisce la fine di un percorso congressuale duro ma anche molto partecipato. Pochi partiti sono in grado oggi di mettere in campo migliaia e migliaia di iscritti coinvolgendo anche molti simpatizzanti nel dibattito tra le varie idee e analisi che emergono su una vera alternativa di società.
A Jacopo, Sergio e Franco vanno gli auguri più sinceri di buon lavoro da parte di tutta la Federazione di Savona del PRC. Come si diceva e si deve dire ancora: al lavoro, alla lotta!
REDAZIONALE
30 giugno 2025
foto di Marco Sferini, Francesco La Rocca