5 SI’ ai referendum. Intervista al Segretario generale della CGIL di Savona, Andrea Pasa

L’8 e il 9 giugno prossimi si terranno cinque referendum la cui importanza risiede, fondamentalmente, nel legame tra diritti sociali e diritti civili: lavoro, sicurezza, uguaglianza sono al centro dei quesiti proposti tanto dalla CGIL quanto da una miriade di associazioni, comitati e partiti uniti nella prospettiva immediata di recuperare una serie di garanzie che sono state cancellate nel tempo e hanno reso più instabile la vita di tutte e tutti. Sia sul piano economico sia su quello della partecipazione alla vita del Paese e delle proprie comunità locali.
Incontriamo qui il Segretario provinciale della CGIL di Savona, Andrea Pasa, a cui rivolgiamo alcune domande per comprendere meglio il significato dei cinque quesiti e per inquadrarli nell’attuale contesto di crisi molteplice che ci riguarda, nessuna e nessuno escluso.
Partiamo proprio dalle grandi problematiche che attanagliano il mondo del lavoro: bisogna fermare le stragi che ogni giorno si registrano nei cantieri, nelle officine, ovunque la sicurezza di chi è impegnato in una data occupazione viene messa a repentaglio dalla mancanza di tutele e dove, quindi, il pericolo si fa sempre più evidente per il numero di infortuni e di morti. La domanda del cittadino comune potrebbe essere: può un referendum mettere fine a tutto questo?
Iniziamo col dire che i referendum sono lo strumento più democratico che oggi esiste nel Paese perché permette a ognuno di noi di esprimere la propria posizione su temi ben precisi.
Il referendum in se non metterebbe fine alle morti sul lavoro, anzi agli omicidi sul lavoro, ma sicuramente limiterebbe infortuni, e morti nella filiera degli appalti e del sub appalto.
Oggi in provincia di Savona oltre il 90% degli infortuni mortali avviene nella filiera del sub appalto e degli appalti; sono 48 gli omicidi sul lavoro dal 2018 ad oggi –solo in provincia di Savona – quindi attenzionare quella filiera, dando la responsabilità in solido all’azienda committente sarebbe un passo in avanti molto importante.
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La precarietà ha rivoluzionato in senso negativo i rapporti contrattuali e ha reso sempre più ricattabili le lavoratrici e i lavoratori. Uno dei quesiti referendari chiede che si possano finalmente reintrodurre le causali, affinché gli imprenditori diano un motivo valido ed oggettivo per ricorrere ai contratti a termine. Il passo avanti sarebbe notevole ma la precarietà continuerebbe ad esistere?
Negli ultimi anni in provincia di Savona il 91% dei nuovi contratti è precario, il 47% è part time e i contratti stagionali sono aumentati del 194% negli ultimi 10 anni. Tutto ciò produce lavoro povero e insicuro. Rimettere le causali sarebbe fondamentale soprattutto in un territorio come il nostro che è troppo spostato verso il terziario, il turismo e il commercio dove il lavoro precario, stagionale e quindi più insicuro la fanno da padroni.
Con la controriforma del Jobs Act chi è stato assunto dopo il 7 marzo 2015 e viene licenziato senza giusta causa non ha diritto al reintegro sul posto di lavoro. Può il Sì a questo referendum fermare i licenziamenti illegittimi e, anche in questo caso, invertire la rotta fino ad ora seguita?
Assolutamente sì. Se si raggiungesse il quorum e vincessero i SÌ dal giorno dopo il reintegro sarebbe ripristinato e migliaia di lavoratrici e lavoratori in Italia e in Provincia di Savona avrebbero un grado di tutela maggiore. In provincia di Savona dal 2015 ad oggi i licenziamenti disciplinari, molto più difficili da impugnare, sono aumentati del 269%!
La CGIL viene accusata di aver promosso questi referendum per ostacolare l’azione del governo Meloni, un governo quindi non amico rispetto a quelli di centrosinistra, un governo che, a detta dei suoi ministri, starebbe migliorando la condizione dei lavoratori, soprattutto sul piano salariale. Come risponde il sindacato a questa accusa?
I 5 referendum parlano di lavoro e cittadinanza, parlano di diritti e dignità delle persone, vogliono rilanciare il valore del lavoro e della persona senza se e senza ma.
Sull’operato del governo abbiamo avuto modo in più occasioni di dare il nostro giudizio, molto negativo, mettendo in campo 2 scioperi generali con la UIL proprio perché pensiamo che non stia mettendo in campo politiche per migliorare le condizioni delle persone e dei lavoratori soprattutto sul salario.
Proprio il governo, che è il datore di lavoro di milioni di lavoratori e lavoratrici, non sta rinnovando il contratto nazionale e quindi il salario, se non con proposte irricevibili.
Referendum cittadinanza: figlie e figli d’Italia
Nella presentazione di questa intervista abbiamo fatto cenno al legame tra diritti sociali (del lavoro) e diritti civili: uno dei quesiti, il quinto, riguarda per l’appunto la possibilità per oltre due milioni e mezzo di persone che vivono, studiano e lavorano in Italia di poter ottenere la cittadinanza non più dopo dieci anni ma dopo cinque anni di soggiorno continuo sul territorio nazionale. Questo tema incontra più resistenza nell’ottenere un vasto consenso. Come mai?
Cittadinanza e lavoro sono connessi tra di loro non da oggi ma vengono da molto lontano. Quando vi dicono che la cittadinanza è un capriccio, rispondetegli che non è vero.
Qui è in discussione il futuro del nostro Paese e il destino della democrazia, in tutta Italia ma soprattutto in regioni come la Liguria e provincie come Savona dove ci sono sempre meno persone in età da lavoro e l’indice di vecchiaia è tra i più alti d’Europa. Lavoratrici e lavoratori stranieri sono necessari se si vuole tenere in equilibrio l’economia, lo stato-sociale, le pensioni e le attività industriali, commerciali, turistiche e la cura delle persone.
Negli ultimi quindici anni in provincia di Savona si sono persi oltre 24 mila abitanti: soprattutto giovani in età da lavoro, che emigrano alla ricerca di una occupazione ben retribuita e, soprattutto, meno precario.
Con il referendum si chiede di dare agli stranieri che vivono e lavorano in Italia i diritti e i doveri legati alla cittadinanza da ottenere in 5 anni anziché in 10.
Dunque, andiamo a votare in massa l’8 e il 9 giugno, ma il Presidente del Senato Ignazio La Russa ha invitato, come altri esponenti dell’esecutivo, all’astensione. I diritti del mondo del lavoro fanno così tanta paura?
L’8 e il 9 giugno andiamo a votare per ridare dignità a chi lavora e più in generale a tutte le persone, sarebbe anche la miglior risposta ad alcuni esponenti dell’esecutivo che in queste settimane inneggiano all’astensionismo.
Ma a dir la verità a noi interessa non quello che dice la seconda carica dello Stato, ma quello che dice la prima carica dello Stato.
Il Presidente della Repubblica, che in questi giorni ha detto delle cose precisissime e che vogliamo ribadire: «…il voto e la partecipazione politica sono la base perché un Paese possa essere democratico e libero».
Grazie Andrea, buon lavoro, buon voto.
MARCO SFERINI
Savona, 27 maggio 2025