Rifondazione Comunista Savona

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Regionali 2024. Un omogeneo dato di vertiginosa discesa

Andrea Orlando lo dice apertamente: «Non abbiamo messo un veto su Rifondazione Comunista. Peraltro, ad un certo punto, Rifondazione Comunista aveva manifestato la possibilità di una presenza nel Centrosinistra come aveva fatto in altre regioni. Poi, una discussione molto aspra all’interno del suo gruppo dirigente ha portato invece ad una scelta diversa. Mi auguro che questo risultato induca tutti ad una riflessione. Credo che Bucci sia stato il più contento della scelta di Rifondazione Comunista».

La scelta della maggioranza del nostro Partito di optare per una lista autonoma e indipendente rispetto al Centrosinistra (come ovviamente, nemmeno a dirlo, al Centrodestra), almeno numeri assoluti alla mano pare dare in parte ragione al candidato sconfitto della compagine progressista. Non sarebbero stati sufficienti i 4.920 suffragi raccolti da “Per l’alternativa” (pari ad un risicato 0.87%), a colmare la distanza tra Orlando e Bucci, ma di sicuro una attitudine unitaria e collaborativa fra noi e il resto del fronte della sinistra moderata avrebbe messo in moto dinamiche differenti.

Il dato, però, che a primissima vista fa impressione, è il crollo dei votanti: rispetto al 2020 un -7,45% a livello regionale e, se ci riferiamo alla provincia di Savona, addirittura un -11,34%. Quasi sei liguri su dieci non sono andati alle urne e l’opzione della proposta autonoma rispetto ai poli, di esclusione di qualunque apertura di dialogo con il campo largo non ha, nemmeno in questi termini, trovato un consenso recuperabile, un ritorno al voto per una parte ormai maggioritaria di astensionisti che, complice indubbiamente anche il maltempo che ha investito le zone del Quilianese e la Val Bormida, si è ingrossata fortemente.

Ciò non toglie che il dato è endemicamente tale e portato alle estreme conseguenze e, quindi, al massimo delle percentuali mai raggiunte, da una distanza sempre più profonda tra istituzioni e cittadinanza. Le leggi elettorali c’entrano, ma più di tutto la disaffezione è data dalla inadeguatezza delle proposte politiche, dalle “solite facce“, dal tradimento delle ragioni popolari, dei loro diritti sociali, civili e umani che, una volta al governo del Paese, diventano carta straccia o merce di scambio per nuove privatizzazioni, altre consorterie da ingrossare e foraggiare.

Nel corso dei decenni ci siamo voluti, giustamente, caratterizzare con una proposta di alternativa, per la costruzione di un polo della sinistra che rispondesse ad una domanda di giustizia sociale che andava dal mondo dell’estrema precarietà nelle fabbriche fino alle scuole, dalle questioni concernenti i diritti dei migranti alle vessazioni sempre più cogenti da parte delle politiche liberiste contro pensionati e pensioni. Abbiamo visto cementificare la Liguria, trattarla come se fosse una proprietà privata in mano a pochissimi ricchi che hanno fatto il bello, brutto e cattivo tempo.

Abbiamo criticato, e più che opportunamente, un “modello Liguria” che era squalificante per le istituzioni e per la loro credibilità. E, in parte, l’aumento dell’astensione di questo parla anche alla destra. Il risultato meloniano modesto, soprattutto a Genova, pone Bucci davanti alla considerazione dello svuotamento parziale del consenso ottenuto e della credibilità del buon nome come riformatore concreto, come uomo dei tanti cantieri per una “visione” di lungo termine e un miglioramento della qualità della vita.

Ma L’opzione alternativa, che si sarebbe dovuta costruire insieme alle altre forze del campo progressista, rimane invece al palo. E piuttosto nettamente. Appena 5.000 voti in tutta la Liguria, raccolti da tre forze politiche (Rifondazione Comunista, PCI e Potere al popolo!) nell’intera regione, con un candidato presidente che, ha raccolto un centinaio di voti personali in più rispetto alla lista ma con una percentuale comunque inferiore (0,85% contro lo 0,87%), ha generosamente messo sé stesso al servizio di un progetto purtroppo compresso tra i poli, incompreso dalla maggioranza delle persone cui ci siamo riferiti.

Si tratta della prima volta che in dieci comuni della provincia di Savona una lista sostenuta da Rifondazione Comunista non riceve nemmeno un voto. Comuni piccoli, come Arnasco, Giusvalla, Nasino, Onzo, Piana Crixia, Vendone e Zuccarello ma pure altri come Bergeggi e Massimino dove sempre abbiamo raccolto consensi. In quelli più rilevanti le percentuali e i voti assoluti sono davvero esigui. Ne elenchiamo alcuni: ad Alassio solamente 6 voti pari allo 0,16 (complice anche il bravo Jan Casella di AVS che fa incetta dei nostri consensi (sempre pochi ma più consistenti rispetto ad oggi)); ad Albenga soltanto 29 voti pari allo 0,33%.

Nelle Albissole va così: a Superiore “Per l’Alternativa” ottiene 19 voti che fanno fermare la percentuale allo 0,55%; mentre a Marina appena 13 voti pari allo 0,53%. A Celle Ligure il risultato “migliore” (si fa proprio per dire) del levante savonese: 12 voti quindi corrispondenti allo 0,71%. Non va meglio a ponente: a Noli 6 voti con uno 0,61%; a Finale Ligure 26 voti pari allo 0,60%. Risalendo la costa verso il comprensorio, a Vado Ligure si registrano 42 voti con un 1,36%, battuto però dall'”ottimo” risultato di Bormida, il più alto in assoluto, anche rispetto al capoluogo, con un 1,56%.

Le percentuali ottenute con Pace Terra Dignità sono piuttosto lontane. Tanto per fare un esempio, pochi mesi fa proprio a Vado Ligure ottenevamo 137 voti (a fronte degli attuali 42) che facevano registrare il 3,47% dei suffragi espressi dai cittadini. Il raffronto è possibile perché entrambe le liste presupponevano di raccogliere oltre quelle dinamiche e quelle opzioni che si trovavano tanto nel Centrosinistra quanto nel Centrodestra, visto che la pace da quelle parti è, fatte salve alcune eccezioni nel fronte progressista, una mera chimera.

Non va meglio “Per l’Alternativa” nemmeno in Valle Bormida: soltanto lo 0,20% a Cairo Montenotte con 20 preferenze per la lista. A Carcare i 18 voti ottenuti portano la percentuale all’1,11, similmente ad Altare ma siamo sempre notevolmente staccati dai consensi avuto alle ultime Europee. Su Savona i commenti possono soltanto essere simili a quelli appena svolti. Il dato più eclatante è l’estrema omogeneità della caduta verticale dei già pochi consensi alle nostre liste. Infatti, nel capoluogo, se Pace Terra Dignità otteneva almeno 848 voti e il 3,59%, oggi scende precipitosamente a 204 voti fermandosi allo 0,91%.

Se si analizzano i dati delle altre province, si rilevano alcuni scostamenti, ma il raffronto con le precedenti elezioni (tralasciando le regionali del 20 settembre 2020 in cui non eravamo presenti esplicitamente con simbolo e opzione di voto) è veramente impietoso e, come si sottolineava, omogeneo su tutto il territorio regionale oltre che provincialmente savonese. Non ci sono alibi meteorologici possibili. La crisi del bipolarismo si esprime in un potere di classi dirigenti, come quella della destra estrema, che fanno strame dei territori, ma rimangno salde al loro posto per l’erosione partecipativa, soprattutto a sinistra.

L’astensionismo riguarda anche le destre, ma meno rispetto, non tanto al campo progressista, in cui il PD raccoglie un risultato eccellente, così pure AVS, quanto rispetto a noi, a quell’alternativa sbandierata e che non ha catalizzato nemmeno un 2% di elettori delusi. Niente di niente su questo fronte… Quindi entra in crisi la proposta politica della costruzione di un polo della sinistra di alternativa come elemento strutturale di scardinamento del bipolarismo. Non ce l’hanno fatta i grillini dal 2010 in avanti, pensiamo di farcela noi oggi escludendo il dialogo con la sinistra moderata e i settori sociali di riferimento?

Questo non significa proporre una internità di Rifondazione al campo progressista, ma semplicemente prendere atto che una disposizione politica, culturale, sociale e civile differente rispetto all’esclusione aprioristica del dialogo e della collaborazione è necessaria tanto per la sinistra cosiddetta “radicale” quanto per quella più moderata e riformista.

A queste tematiche importanti sarà chiamato a discutere il complesso delle iscritte e degli iscritti nell’imminente aprirsi della fase del XII Congresso nazionale del Partito. Dovrà essere un confronto aperto, schietto, diretto ma chiaro. Senza infingimenti, senza mezze parole. Perché la posta in gioco è alta e si tratta dell’esistenza del Partito della Rifondazione Comunista come forza di alternativa di sinistra entro un contesto collaborativo ed autonomo al tempo stesso. Autonomia e unità, infatti, possono tornare ad essere il binomio cui riferirsi.

MARCO SFERINI
Responsabile prov.le organizzazione
Rifondazione Comunista – Savona

29 ottobre 2024

Speciale Regionali 2024