Un dato altissimo, che deve essere tragicamente aggiornato con i continui incidenti mortali avvenuti anche nel mese di settembre e che non tiene certo conto delle morti in itinere e dei possibili lavoratori ‘in nero’. Ancora nella giornata di ieri c’è stato un grave incidente alla Italiana Coke di Bragno che ha coinvolto un lavoratore con gravi ustioni.

Questi numeri, più che ad uno stillicidio, fanno pensare ad un bollettino di guerra, aggravato dal fatto che queste notizie giornaliere passino pressoché ignorate alla maggioranza della popolazione del nostro Paese e dei grandi media, tranne qualche sporadico accenno alla questione giusto quando gli Istituti divulgano periodicamente i dati.

In questi anni le dichiarazioni non sono cambiate: si rimarca spesso il bisogno di formare i lavoratori sugli eventuali rischi e adeguare le leggi, che già esistono ma delle quali bisogna evidentemente rafforzarne i controlli. Perché non è possibile, né pensabile nel 2019, uscire di casa la mattina e non sapere se si rientrerà a casa la sera dopo una giornata lavorativa.

Certamente la questione aumenta gravemente all’interno di questo sistema neoliberista, che negli ultimi anni ha ridotto sensibilmente i diritti e le tutele dei lavoratori e delle lavoratrici, ma non solo. Ha deliberatamente accentuato ai massimi livelli lo scontro tra sfruttatori e gli sfruttati: da una parche i ricchi che vogliono sempre di più e dall’altra gli oppressi, i poveri, gli ultimi.

Oggi come oggi, in questo sistema socio-economico, senza più tante sicurezze (a cominciare dall’abolizione dell’art. 18), e costantemente sotto ricatto, per chi lavora diventa più complicato denunciare una potenziale situazione di pericolo o addirittura rifiutare di svolgere una mansione perché priva delle più banali forme di protezione. I lavoratori sono indifesi di fronte a tutto ciò.

Non è nell’interesse di nessuno che questi incidenti capitino, ma alla fine chi rischia la vita sono sempre gli stessi.

Su tutto questo il Governo deve fare uno scatto di umanità, un gesto concreto. Perché gli interessi nazionali non sono solo quelli che portano ricchezza (e profitto) alle imprese, ma anche quelli che migliorano il tenore di vita quotidiano della popolazione meno abbiente.

Gli strumenti per ottenere ciò ci sono: noi chiediamo il ripristino dell’articolo 18 e l’avvio di un percorso che porti alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario come stanno già sperimentando con successo nei paesi del nord Europa. “Lavorare meno, lavorare tutti” come unica possibile soluzione per superare questa difficile e strutturale situazione.

Ma a tutto questo va aggiunto, soprattutto, un vero controllo sulla sicurezza dei posti di lavoro. L’indifferenza con cui leggono le notizie quotidiane di queste morti deve finire.

FABRIZIO FERRARO
Segretario Provinciale Rifondazione Comunista

ANTONIO MURRU
Responsabile prov.le movimenti

Savona, 4 ottobre 2019