L’annus horribilis non finisce mai. Non solo la pandemia ci ha appesantito la quotidianità e costretto a continui compromessi con le nostre libertà, dividendoci e separandoci per opinioni anche in modo molto brusco, ma la perdita di amici e compagni che ci sono stati (e ci saranno) sempre cari è un ulteriore motivo di tristezza cui tocca sottostare da parecchi mesi.

Dopo Franco Perrone e Giovanni Milano, oggi ci tocca salutare Piero Casaccia, un compagno con cui abbiamo fatto tanta strada, dalla fine del PCI e dalla trasformazione di tanti piccoli gruppi e partiti della sinistra comunista in quel nuovo che era allora Rifondazione Comunista. Nel progetto di rinnovamento del movimento anticapitalista erano confluiti un po’ tutte le anime sperse e disperse della sinistra che oggi verrebbe impropriamente chiamata “radicale”. Dai trotzkisti agli stalinisti, dalle correnti maoiste a quelle che addirittura si riconoscevano nel socialismo albanese di Hoxa.

Nei primi anni di crescita del PRC queste anime si contesero i ruoli di maggioranza e di minoranza interni e, quindi, anche una certa egemonia culturale del Partito stesso. Piero Casaccia, ferroviere, rappresentava quella fazione molto ortodossa, a tratti impenetrabile, rigida e conservatrice, tutt’altro che libertario, della complessa galassia che criticava senza se e senza ma il mercato e il suo sistema economico. Proveniva dal Partito Comunista d’Italia – marxista leninista, non dal PCI, giudicato accondiscendentemente borghese.

Ma col 1989, Piero si era trovato, insieme a tante compagne e a tanti compagni, nel pieno della trasformazione politica che aveva investito non solo l’Italia ma l’Europa intera e che aveva come protagonisti proprio le comuniste e i comunisti del tempo. Da quelli eterodossi a quelli più filo-sovietici, proprio mentre eterodossia e sovietismo finivano ingloriosamente le reciproche esistenze: l’una nel moderatismo del PDS e l’altro in piccoli settarismi che si sarebbero appunto parlati addosso.

La scelta di aderire a Rifondazione Comunista non era stata certamente facile e lo aveva impegnato in un confronto dialettico cui era abituato. Piero era un intelligente conversatore, un compagno con cui si poteva argomentare dalla realtà savonese fino ai massimi sistemi.

Sotto la sua guida, il Circolo “Caduti Partigiani Zinolesi” del PRC diventa un nucleo attivo nel quartiere più a ponente di Savona e, in breve tempo, arriva a dirigere il Partito come Segretario provinciale fino all’autunno del 1998. Nel settembre di quell’anno, quando Rifondazione decide di togliere la fiducia al governo Prodi, sceglie di uscire dal Partito e di fondare quello dei Comunisti Italiani, seguendo Cossutta e Diliberto. Continuerà così anche la sua esperienza di assessore savonese al traffico nella giunta di Carlo Ruggeri.

Ha rappresentato per il PdCI quello che era stato nell’esperienza avuta in Rifondazione: un punto di riferimento culturale, politico ed organizzativo.

Per tutto questo, oggi salutiamo davvero con grande tristezza Piero: ci stringiamo in un grande abbraccio a suo figlio Mauro e a tutta la famiglia. Perdiamo ancora una volta un amico, un compagno che ha dato tanta parte della sua vita per la lotta sociale, per i diritti dei lavoratori, per un cambiamento netto e senza equivoci di una vita profondamente ingiusta ma comunque degna di essere vissuta.

Ti sia lieve la terra, caro Piero

RIFONDAZIONE COMUNISTA
FEDERAZIONE DI SAVONA

Savona, 17 dicembre 2021