«Ho la macchina in divieto di sosta»

Cosa è successo alle ististuzioni savonesi? Cosa è successo alla politica?

«Ho la macchina in divieto di sosta, abbiamo approvato il primo punto all'odg, quindi chiudo qui il CC» queste le parole dette dal Presidente del consiglio Dr. Giusto nell'ultimo Consiglio comunale avvenuto nei primi di Luglio, una seduta che, detto per inciso, era la prima a regime raddoppiato del gettone. Cosa è mai successo nelle istituzioni savonesi? Ma soprattutto cosa è successo alla politica?

Occorre fare un passo indietro e ritornare a quando, già prima del governo Gervasio, Savona ha accusato un arretramento culturale e di dibattito politico di dimensioni straordinarie, ben oltre alla coincidenza con la 142 e la 81 (trasformazione del sistema politico locale ed elezione diretta del sindaco). Un dibattito politico che avrebbe potuto allontanare una pratica che si è andata invece consolidando sempre più, producendo contemporaneamente l'arretramento della riflessione e dell'agire politico collettivo e l'avanzata di un intreccio sempre più indissolubile tra le esigenze di alcuni poteri forti e l'esplicitazione politica istituzionale, con episodi ben oltre il limite già alquanto opinabile della pudicizia politica.

Questo avanzamento ha di fatto bloccato la Città che non ha più potuto guardare al proprio sviluppo e ai propri bisogni, perché venivano sponsorizzati progetti, programmi e uomini che imbavagliavano e gravavano d'ipoteca porzioni importanti della Città, o settori, enti, società strategiche. Il risultato appunto è stato l'avanzare di politiche privatistiche, una programmazione del territorio completamente sfuggita dalla mano pubblica se non nel timbro finale, una successione di trasformazione societarie di importanti settori di servizio (si pensi all'ATA, al consorzio per la depurazione delle acque, ecc.), l'incapacità alla progettazione autonoma (pensiamo alla vicenda della discarica, o a quella dell'ACTS). Ma anche arretramenti sul piano culturale, del servizio sociale più ampiamente inteso.

A queste pratiche e modalità politiche si è confermata e sviluppata a sinistra un'opposizione in Consiglio Comunale che è sempre entrata nel merito delle questioni e degli atti, ma anche una opposizione a livello cittadino. La cittadinanza infatti, messa di fronte ad un deficit di rappresentazione politica e impossibilitata al coinvolgimento nelle decisioni istituzionali, ha comunque trovato modo in questo decennio di aggregarsi ed emergere. Sono nati così decine di Comitati, alcuni tipicamente locali o di quartiere, altri che fanno riferimento a situazioni nazionali. Voglio ricordare qui: il comitato contro l'Aurelia Bis, quello contro i box di piazza Bologna, quello per la chiusura di Cima Montà, quello della Madonnetta contro il porticciolo turistico di Margonara, quello contro l'inefficienza del depuratore, quello contro il progetto Bofill e quello contro il cantiere Bofill, ed ancora: quello contro la speculazione edilizia in Valloria, contro il Metrobus, contro la privatizzazione dell'acqua, ecc.

Dunque i cittadini, ormai avulsi ed estranei ad un coinvolgimento e ad una pratica politica come processo culturale a tutto tondo, riemergono in spazi rivendicativi, spesso da ultima spiaggia. Il risultato è che nella popolazione sia sempre più forte l'impressione non solo della propria inefficacia di proposta ed incidenza, ma anche che le istituzioni siano altro dalla rappresentanza politica elettoralmente millantata. E questa impressione è vieppiù confermata dalla stessa parte istituzionale che vede se stessa come una emanazione professionale della società, o meglio del governo di essa, e come tale vuole sentirsi trattata.

E questa ricollocazione extra-rappresentativa ha prodotto risultati tanto inconcepibili quanto coerenti. L'uscita teatrale di Ruggeri, infatti, oltre a rappresentare una vera e propria ricollocazione personale, felicemente sposata alla perfetta continuità istituzionale intrapresa e concordata sul territorio savonese, ha mostrato perfettamente, in un gioco di incastri, quanto i partiti politici (o le forze politiche) che compongono la maggioranza di governo della Città, siano semplici simbologie, ovviamente impersonate fisicamente, ma solo e semplici simbologie.

Siamo cioè di fronte ad un establishment che si muove, si nutre, trova la propria ragione istituzionale oltre, ma potremmo dire altro dalla propria base di riferimento e diventa, tutta, portavoce di altre e ben più specifiche ragioni e disegni. Nulla deve e può trovare spazio per una modificazione strutturale, ne tantomeno di contenuti. Si tratta infatti, per la maggioranza politica che oggi governa la Città, dai comunisti Italiani alla Lista promossa da Canavese, di trovare l'equipe più giusta da mettere dietro allo sportello.

Sì, allo sportello. Poiché in questo ultimo decennio il governo istituzionale ha operato in funzione di chi andrà domani all'incasso. È infatti una fase delicatissima: come dicevamo, l'uscita di Ruggeri consegna la città ad elezioni anticipate in uno spazio politico pressoché bloccato ed ipotecato: l'attuale "equipe" si congeda solo temporaneamente con qualche elemento recalcitrante e sbuffante, magari pure segretamente separatista, dimenticando in un perfetto processo schizoide, d'essere non solo al governo della Città, magari pure con posizioni di rilievo, ma anche d'essere stata coesa a tal punto da reggere l'uscita di Ruggeri stesso - candidandosi di fatto nel solco della continuità - e d'aver dato successivamente il viatico alla nomina da Sindaco per parte DS...

Lo sguardo a 360 gradi delle opportunità politiche è presto fatto: non vi sono pericoli d'alternanza, nel senso che il centrodestra non possiede né elementi programmatici e politici differenti (per ovvie ragioni di sovrapposizione di contenuti) né di personale politico adeguato alla sfida. Sfida appunto che non ha motivo di consumarsi se non ritualmente. L'esperienza del 2002, dove Rifondazione tentò di occupare lo spazio a sinistra assieme a quella che sarebbe diventata la lista di Noi per Savona, deve essere archiviata nel suo esito. Lo spazio critico che si è creato oltre lo schieramento di centro sinistra ha l'opportunità di espandersi e maturare.

Oggi le posizioni espresse da autorevoli esponenti politici ci consegnano una galleria di quadri e di scenari che vale assolutamente la pena di esaminare, appunto ricollocandoci nel tema della serata: l'analisi degli strumenti della politica. Mi permetto però prima di fare una previsione assolutamente aleatoria: a seconda della data delle elezioni, che tutti sappiamo non necessariamente essere coincidente con le politiche, il centrosinistra oggi al governo della Città è già in grado di ri-assicurarsi il primo turno anche con uno sfondamento del tetto del 55%, che si dilaterebbe se appunto la data non coincidesse (poiché si perderebbero le appartenenze soprattutto su versante del CD), e se ci fosse un accordo con Rifondazione.

Primo strumento: la logica della ereditarietà e della distribuzione geografico-politica. Secondo questa logica assistiamo infatti alla investitura da parte del centrosinistra alla forza DS, investitura che riguarda il nome del candidato sindaco, dato che sul programma non può che esservi l'assoluta necessità che gli elementi di innovazione si collochino in un solco di sostanziale continuità. Senza contare che questo rende le altre forze del CS libere di potersi garantire posizioni di cogestione variamente e riccamente distribuite negli organi esecutivi di primo e secondo grado. Insomma la parola d'ordine è garantire efficacia di riuscita ed un contesto utile a conglobare e fagocitare di fatto anche la più piccola parvenza di sommovimento.

Gli attori di questi strumenti sono appunto tutti i partiti dell'attuale CS. Chi ne è al di fuori se vuole apre un tavolo di confronto programmatico, raccogliendo -se il peso politico lo consente e se soprattutto è determinante- spazi di cogestione, magari ritagliati ad ambiti programmatici così settoriali e specifici che rendono artatamente sfocato il progetto complessivo, che pure è ben presente e determinante.

Secondo strumento: le primarie. Nella logica interna al centrosinistra, magari allargato a quelle forze politiche attualmente esterne, come la lista Di Pietro e Rifondazione, si possono avviare processi di determinazione del candidato sindaco, diversi dall'investitura precedentemente segnata. L'obiettivo di chi propone questa soluzione risiede ovviamente nella convinzione che l'espressione di una diversa candidatura possa garantire una sostanziale e fattuale discontinuità.

Questo strumento comporta l'assunzione di una serie di tesi, dalle quali non possiamo prescindere. La prima è che gli attori (tutti) siano coinvolti e siano d'accordo nell'accettare questo tipo di procedimento, che pure - bisogna dirlo - necessita di una macchina organizzativa che non può prescindere dalla sensazione di appetibilità interna ed esterna. La seconda è che - sia che gli sfidanti abbiano programmi diversi sia che l'abbiano uguale - di fatto si accetta un tavolo delineato e strutturato che prescinde da un successivo aggiustamento programmatico. Chi perde avrà l'onore delle armi, che in politica si traduce nella integrazione attraverso in un riconoscimento d'incarico. E che potrebbe tradursi, del tutto inaspettamente da quanto siamo abituati a concepire, in un diritto di tribuna legittimato, interno e circoscritto.

Il successo per l'attuale CS sarebbe addirittura maggiorato rispetto al precedente strumento: la cooptazione sarebbe autentica, persino autopromossa dagli stessi sfidanti. Risulterebbe coperto, come si dice nel linguaggio politico-giornalistico, il fianco sinistro o movimentista o critico a diversi livelli. E l'incameramento dello schieramento sfidante sarebbe a costo pressocchè zero.

Il terzo strumento: l'allontanamento dalla politica. Questo che potrebbe a prima vista non appartenere alla varietà dei processi politici attuabili ha invece piena cittadinanza. Constatata onestamente l'impossibilità a modificare l'asse programmatico dell'attuale centrosinistra, sia attraverso un confronto programmatico sia attraverso lo strumento delle primarie, potrebbero crearsi dei momenti di disorientamento e delusione che troverebbero due canali di dispersione: il primo che potremmo chiamare come un ritorno a Canossa, il secondo con l'abbandono di un terreno fertile di un processo culturale e politico. Salvo poi emergere in modo esplosivo ma strutturalmente fragile in forme di aggregazione e di comitati. Anche qui per le politiche promosse dal CS il successo sarebbe assicurato: a fronte di un CD inesistente, un CS rafforzato dalla mancanza di contradditorio esterno, potrebbe del tutto logicamente occupare pressoché integralmente lo spazio utile del piano istituzionale.

Il quarto strumento: il contraddittorio politico. Questo strumento dovrebbe collocarsi in uno spazio, non solo elettorale, che trova le sue ragioni in una rivoluzione culturale e in un processo politico assolutamente innovativo. Nasce dalla consapevolezza e dall'assunzione che la rappresentanza sociale e politica oggi ampiamente sottovalutata debba trovare spazio e voce, e che solo da una compiuta esplicitazione pubblica può trovare ambito e legittimità.

Nasce dall'analisi e dal giudizio che viene assegnato alla politica del CS savonese. È esterno al CS, talché non ritiene questo raggruppamento di forze un soggetto politico provvisto di una propria autonomia progettuale, e quindi propone una aggregazione a sinistra, che partendo da considerazioni programmatiche discriminanti, qualitativamente e politicamente di alternativa, raccolga in un pensiero collettivo politico quei soggetti disponibili a confrontarsi per davvero con la realtà della situazione savonese, senza edulcorazioni o infingimenti di maniera.

Questi gli scenari che abbiamo di fronte, e sui quali questa sera sarà necessario sviluppare un dibattito tale da consentirci da domani di portare avanti l'azione politica più coerente ed efficace, in vista delle scadenze che ci attendono.

Patrizia Turchi
Capogruppo PRC Comune di Savona
Savona - 18 Luglio 2005