Tre motivi per votare SI ai referendum
Esponenti locali e nazionali del "fronte del Si" spiegano le ragioni della loro adesione ai quesiti referendari
Chiudiamo la campagna promossa dal nostro sito "Tre motivi per votare Sì ai referendum" con il prestigioso intervento del Segretario Nazionale Fausto Bertinotti che si va ad aggiungere a quelli di: Paola Boscaino, Michele Brosio, Sergio Casanova, Bruno Casati, Gemma Contin, Paolo Ferrero, Fulvio Grimaldi, Maurizio Loschi, Gigi Malabarba, Bruno Marengo, Graziella Mascia, Furio Mocco, Piero Penner, Nedda Petroni, Andrea Ricci, Rina Rosu, Giovanni Russo Spena, Marco Sferini, Mimmo Turchi, Patrizia Turchi, Tiziana Valpiana e Franco Zunino.
Siamo particolarmente orgogliosi del risultato ottenuto. Siamo infatti riusciti a coinvolgere non solo i maggiori esponenti locali del partito, uniti ai sostenitori dei referendum nella nostra Provincia, ma il nostro lavoro ha trovato simpatie ed interesse anche in diversi esponenti nazionali del PRC che hanno "aderito" alla nostra iniziativa con una serie di interventi autorevoli.
Insomma la nostra piccola campagna è riuscita decisamente bene, meglio di quanto ci potessimo aspettare, sottolineando la credibilità raggiunta dal sito Internet della Federazione di Savona.
Marco Ravera
Andrea Petronici
Savona - 15 Giugno 2003
- Se come è stato giustamente detto da più parti il diritto a non essere licenziato senza giustificato motivo è il diritto dei diritti del lavoro e perciò tocca direttamente la dignità degli stessi, la dignità non può fermarsi a 16 dipendenti. La dignità dei lavoratori deve riguardare tutti e dunque nello stesso modo, in questo diritto fondamentale, per i lavoratori che stanno nelle aziende sopra i 16 come quelle sotto i 16 dipendenti.
- Credo si sia aperta una fase, che temo sarà lunga, di conflitto tra una tendenza del padronato e dei governi di destra a rendere generalizzata la precarietà. La precarietà come condizione tipica di questa fase dello sviluppo. Contro questa idea, che peraltro non funziona, c'è l'idea opposta: quella di costruire dei diritti esigibili ed inalienabili.
- Attraverso il referendum sull'articolo 18 c'è la possibilità di riguadagnare una critica dell'economia capitalistica. Riguadagnare cioè un punto di vista autonomo dei lavoratori rispetto alle imprese ed il mercato; che ricomincia a dire questo è mio, questo è nostro e non ci può essere portato via in nessuna condizione. E da qui ricominciare il confronto per un diverso sviluppo.
Aggiungo un ultimo comma a questi tre punti.
- Questo è l'unico modo oggi per fermare un'offensiva pericolosissima in Italia in questo momento che si vede nell'attacco della Federmeccanica che disdice il contratto dei lavoratori metalmeccanici, si vede nel decreto legge del governo per estendere, dilatare, ingigantire la precarietà nel lavoro, che si vede nell'attacco che sta partendo in tutta Europa alle pensioni. L'unica possibilità oggi di mettere una manciata di sabbia nell'ingranaggio della precarizzazione di queste politiche neoliberiste è far vincere il referendum sull'articolo 18.
Fausto Bertinotti
Segretario Nazionale Partito della Rifondazione Comunista
Paola Boscaino
- Per contenere l'elettrosmog e tutelare la salute dei bambini.
- Per abolire una servitù pubblica utile solo all'industria elettrica privata.
- Per favorire lo sviluppo dell'energia alternativa e la razionalizzazione delle linee elettriche.
Paola Boscaino
Comitato Promotore del Referendum per l'abrogazione delle servitù coattive da elettrodotto
Michele Brosio
- A parità di lavoro devono corrispondere pari diritti. Chi lavora in una piccola azienda deve essere tutelato come chi svolge la stessa mansione in una grande azienda.
- Per togliere al padrone la possibilità di ricattare (e licenziare) i lavoratori più politicizzati e sindacalizzati. La vittoria del Sì metterebbe fine ad una legge sbagliata e darebbe finalmente un senso alla democrazia nei luoghi di lavoro.
- La salute dei cittadini non si svende. Votare Sì al referendum sull'elettrodotto coattivo toglierebbe forza a chi, fregandosene dell'ambiente che distrugge giorno dopo giorno, attenta quotidianamente alla nostra salute.
Michele Brosio
Segretario Circolo Luppi di Savona
- L'esito positivo della battaglia sull'articolo 18 unisce tra loro, in modo oggettivo, gli interessi di diversi settori della classe subalterna, modifica i rapporti di forza tra le classi a favore dei lavoratori e rappresenta in sé un elemento importante di politica economica alternativa.
- Il referendum per l'estensione dell'art. 18 ripropone la centralità del lavoro dopo almeno 20 anni di sua crescente rimozione a vantaggio della centralità dell'impresa e del profitto, ed in un momento in cui si accentua l'attacco alla Costituzione proprio per il suo essere imperniata sul lavoro, come diritto che deve essere tutelato dall'intervento dello Stato (la Costituzione di ispirazione sovietica, secondo l'ineffabile Berlusconi!).
- La vittoria del sì al referendum rappresenterebbe una sconfitta pesantissima per il pensiero unico del Mercato in uno dei suoi punti cardine (la "necessità" di un mercato del lavoro assolutamente flessibile alle "esigenze" delle imprese) ed una sconfessione delle politiche di smantellamento dei diritti dei lavoratori condotte, in particolare, a partire dagli anni '90 ed in via di ulteriore inasprimento da parte del governo Berlusconi.
Sergio Casanova
Responsabile Formazione e Programma PRC Liguria
Bruno Casati
- Voto sì perché la Costituzione resti nei luoghi di lavoro. Vi si affacciò (la Costituzione) solo dal 1966, con la L 604, quando si conquistò "la giusta causa", per i soli licenziamenti individuali, primo limite, e solo per le realtà sopra i 35 dipendenti, secondo limite. Si consolidò nel '70 quando, con la L 300, almeno quel tetto fu abbassato a 15. E fu, con altre conquiste, proprio l'articolo 18. Oggi questa conquista (parziale) si vuole cancellare alla radice con il decreto delegato 848 bis: tutti precari, tutti licenziabili e senza giustificato motivo. Votando sì e, quindi, estendendo l'art. 18, andiamo invece in direzione nettamente opposta: anche nella fabbrica, al lavoratore, vanno riconosciuti diritti e dignità. Anche la fabbrica è territorio su cui vige la Costituzione repubblicana.
- Voto sì per tutelare le lavoratrici e i lavoratori più deboli, per renderli protagonisti di una economia più forte. Oggi è indegno sostenere che questa "economia del piccolo" regga sulla sola possibilità di licenziare. Essa, in verità, può reggere solo se il credito la sostiene e le istituzioni la infrastrutturano. In questa economia i lavoratori devono essere tutelati: sono loro la base del salto necessario dalla "competizione di prezzo", che può resistere ancora per poco schiacciando il costo del lavoro (ma alla fine è perdente), a una "competizione di qualità" che offra prospettive al Paese e al lavoro. Votando sì votiamo per la qualità del lavoro e dei diritti.
- Voto sì per salvaguardare il profilo del Sindacato negoziatore che il padronato, si veda il contratto FIOM, vuole allontanare dalla fabbrica, mantenendovi però il Sindacato alla Pezzotta, gestore clientelare del mercato del lavoro flessibile. Con un sì il 15 Giugno inceppiamo il disegno di "lor signori" e impediamo che Maroni e D'Amato completino il loro progetto "tatchteriano" di una desindacalizzazione che è solo funzionale a un'economia che scivola in serie C, come l'Argentina.
Ma c'è una quarta, e non ultima ragione, per votare sì.
- È la ragione che ci chiedevano ai banchetti per la raccolta delle firme e, anche, ai banchetti di una CGIL oggi abbandonata da Cofferati ma non dai lavoratori: con un bel SI sull'art. 18 diciamo un bel no, alto e forte, a questo Governo che attacca i diritti, rende legale l'illegalità, aggredisce la Magistratura, ci porta in guerra. Con il nostro SI diamo la prima botta al Governo Berlusconi.
Vi pare poco?
Bruno Casati
Responsabile Nazionale Dipartimento Politiche Industriali PRC
Gemma Contin
- Voto Sì perché ho un figlio di 32 anni, "cococo" della pubbica amministrazione, e vorrei che avesse gli stessi diritti e le stesse tutele di qualsiasi altro lavoratore, possibilmente regolare, senza il ricatto del licenziamento che sta trasformando intere generazioni di giovani precari in altrettanti iloti obbedienti.
- Voto Sì perché le più penalizzate sono migliaia di donne che, producendo la maggior parte dei beni e della ricchezza del Paese, nelle piccole fabbriche di tutta Italia, dal Nordest alla Sicilia, sono appese al filo della paura di perdere il posto di lavoro "senza giusta causa": se si sposano, se fanno figli, se si ammalano, se fanno troppe assenze per prestare quelle cure famigliari che un welfare state in corso di privatizzazione non vuole più e non ha mai saputo garantire.
- Voto Sì perché se non si mette un argine alla precarizzazione e se non si tiene ferma la barra dei diritti, il mondo del lavoro rischia di essere abbattuto pezzo per pezzo, senza che neppure il sindacato, finita l'era dei contratti collettivi e iniziata quella della riforma "ad personam", riesca a porvi rimedio. Nè per noi, classe lavoratrice italiana "privilegiata", nè, meno che mai, per i milioni di migranti che bussano alle nostre fabbriche e vi vengono accolti solo come "new slave".
Gemma Contin
Giornalista di Liberazione
Paolo Ferrero
- Il referendum è diventato non solo lo strumento per estendere il campo di applicazione dell'articolo 18, ma l'unico mezzo per mantenere le tutele dell'articolo 18 a chi oggi le ha. Il Sì è il solo mezzo per rendere efficaci le lotte che l'anno scorso hanno bloccato il paese.
- Per ricostruire una politica di classe contro le classi dirigenti. Contro la trasversalità neoliberista degli schieramenti parlamentari, la politicità del referendum consiste proprio nella sua capacità di esprimere, trasversalmente alle appartenenze politiche, gli interessi del lavoro.
- Il referendum è un formidabile strumento politico non solo contro la Confindustria e il governo, ma anche contro le politiche liberiste che questo governo esprime. Il referendum serve non solo a battere le destre, ma anche le politiche di destra che, ahimè, pervadono anche larga parte dello schieramento ulivista.
Paolo Ferrero
Segreteria Nazionale del PRC
Fulvio Grimaldi
- Perché il sì al referendum sull'estensione dell'Art. 18 riclassifica correttamente a sinistra le forze autenticamente antagoniste al capitalismo e alla sua attuale offensiva mondiale contro i popoli e le classi lavoratrici e per una rapida fascistizzazione del sistema politico mondo, al di là e contro furbesche mistificazioni tattiche motivate da un cambiamento di rapporti di forza all'interno di una logica antioperaia e mercificatrice della persona.
- Perchè impone una battuta d'arresto alle devastazioni antidemocratiche e antisociali operate dalla serie di governi succedutisi nell'ultimo decennio e all'accelerazione totalitaria imposta dall'attuale governo della malavita all'interno di un disegno mondiale di restaurazione di dominio assoluto del capitale sul lavoro.
- Perchè riporta il conflitto alle sue dimensioni di contraddizione capitale-lavoro, che tutte le altre racchiude e che ambigue forze sedicenti di innovazione e rifondazione avevano tentato di mettere in secondo o terzo piano a vantaggio di divergenze perfettamente compatibili, in chiave "migliorista" e "disobbediente" con il processo di appropriazione capitalista che, oggi come non mai, ha per motore la guerra e lo storno di ricchezza sociale dai lavoratori e popoli assoggettati ai centri di potere imperialista.
Fulvio Grimaldi
Giornalista
Maurizio Loschi
- L'estensione dell'art. 18 anche ai dipendenti delle imprese sotto i 15 dipendenti non impedisce i licenziamenti motivati ma solo quelli per i quali un giudice ne ha decretato l'illegittimità, quindi modifica solamente la garanzia di risarcimento per colui che ha subito un licenziamento ingiusto.
- La diatriba sulla inadeguatezza dello strumento referendum in materia di accordi contrattuali, anche se per certi versi può essere condivisibile, è fuori tempo massimo: oggi il referendum c'è ed una legge che vada nell'indirizzo richiesto dal referendum (e non solo con questa maggioranza) non è concepibile. Di conseguenza - così come in qualsiasi altro referendum - ci si deve semplicemente schierare pro o contro la proposta referendaria, consapevoli che se non si fa parte di uno schieramento si fa parte dell'altro (cosa che avviene anche con la furbata dell'astensione che favorirebbe i contrari all'estensione sella tutela dell'art. 18).
- I diritti sono tali solo quando sono fruibili da tutti: quando sono garantiti solo ad una parte da diritti si trasformano in privilegi corporativi di difficile difesa.
Maurizio Loschi
Segretario Provinciale dell'ALLCA CUB
- Il Sì al quesito referendario com'è formulato è oggi l'unico strumento per vanificare l'aggiramento dell'articolo 18 per tutti, proprio perché - estendendolo anche alle imprese con meno di 16 addetti - impedisce la terziarizzazione selvaggia e impedisce anche la parziale manomissione attraverso l'848 bis, ridotto a specchietto per le allodole.
- Il referendum è straordinariamente più efficace di quanto non lo fosse originariamente per i suoi promotori. La vittoria del Sì è indispensabile e irrinunciabile per tutti coloro che non siano organicamente arruolati alla Confindustria. Altro strumento per sconfiggere l'asse D'amato/Berlusconi non c'è e non ci potrà essere, a meno di far cadere il governo domattina.
- L'attacco governativo punta nuovamente alla cancellazione dell'articolo 18 (e di tutto lo Statuto dei lavoratori), esattamente come agli inizi dello scorso anno, quando incontrò non solo l'opposizione della CGIL, che organizzò la grande manifestazione del 23 Marzo, ma di tutti i sindacati che convocarono unitariamente lo sciopero generale. Per difendere lo Statuto dei lavoratori sotto tiro l'unico modo possibile è votare Sì in massa il 15 Giugno.
Luigi "Gigi" Malabarba
Capogruppo PRC al Senato
Bruno Marengo
- Per quel che riguarda quello sugli elettrodotti penso che vada in direzione di una maggiore attenzione ai problemi della salute e dell'ambiente (minacciati da un liberismo senza troppi scrupoli).
- Per quanto riguarda l'art. 18, al di là dei poco edificanti contorcimenti sui ni, sull'opportunità, sulle astensioni attive e passive, penso anche io, come tanti compagni, che siamo al "hic rhodus, hic salta". Cioè ad una piena assunzione di responsabilità politica su una espressione di voto, avendo la consapevolezza che la vittoria dei sì sarà un colpo al tentativo in atto di sgretolamento all'impianto dei diritti sociali e dello Stato costituzionale di diritto.
Bruno Marengo
Capogruppo PRC Provincia di Savona
- La vittoria del sì, oltre a garantire il reintegro dei lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti in caso di licenziamento per giusta causa, sarebbe anche un segnale forte che va nella direzione opposta alle politiche sul lavoro del governo. La volontà popolare suggellerebbe la necessità di rivedere tali politiche aprendo un dibattito ancora più ampio nel paese.
- Aprire una battaglia sui diritti dei giovani lavoratori a partire dall'estensione dell'articolo 18 alle aziende con meno di quindici dipendenti, serve a scardinare un sistema tanto complesso quanto blindato. Si tratta pertanto dell'inizio di una battaglia più complessiva di cui il referendum rappresenta simbolicamente il primo passo.
- Il tema dei diritti richiamato dal referendum sull'articolo 18 entra a pieno titolo nei temi del movimento anti-globalizzazione. L'estensione dell'articolo 18 a tutti i lavoratori si inserisce dunque anche in questo contesto. Il referendum offre la possibilità di una inversione di tendenza che, prendendo peraltro spunto da altre realtà europee, permette di creare ulteriori motivi di aggregazione e di lotta contro gli effetti della globalizzazione.
Graziella Mascia
Parlamentare del PRC alla Camera dei Deputati
Furio Mocco
- Precarizzazione, flessibilità e incertezza sono gli assi portanti dei nuovi modelli socio-economici imprenditoriali che esaltano la competitività aziendale imperniata esclusivamente sul contenimento del costo del lavoro e quindi dei diritti dei lavoratori, applicando contratti che imperniati, su tali caratteristiche, garantiscono il maggior risparmio. Un Sì all'estensione dell'art 18 significa spostare la competitività non sulla compressione del costo del lavoro e quindi dei diritti; ma più correttamente sul piano della qualità e della innovazione tecnologica.
- Il processo di privatizzazione di vasti settori strategici dell'economia nazionale (dall'energia alle telecomunicazioni), ha come unico scopo quello di favorire gli interessi di grandi gruppi economico-finanziari, sacrificando a ciò la ben che minima politica programmatoria energetica ed ambientale. In questo scenario diventa fondamentale abrogare quelle norme che permetterebbero una ulteriore speculazione sull'ambiente e sulla salute dei cittadini a fini esclusivamente mercantilisti e di profitto privato.
Furio Mocco
Consigliere Comunale del PRC a Carcare
Piero Penner
Nello scegliere i miei "Tre motivi per votare SI ai referendum" ho cercato di non ripetere quanto già scritto dai miei "predecessori", considerazioni peraltro che mi sento di condividere.
- Perché se quanto disposto dall'art. 18 dello Statuto dei lavoratori è un diritto sacrosanto per i lavoratori delle aziende con più di 15 dipendenti, non si capisce perché non lo debba essere per tutti i lavoratori.
- Perché la vittoria del Sì al referendum del 15 Giugno, permette anche la tutela di tutti gli altri diritti dei lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti, diritti sanciti dalle leggi e dallo Statuto dei Lavoratori. In quanto, solo chi ha la certezza di non essere licenziato ha la possibilità di portare avanti vertenze per ottenere i diritti negati.
- Perché la vittoria dei Sì ai referendum, servirebbe da volano per il rafforzamento del nuovo movimento operaio e contemporaneamente significherebbe un'inversione di tendenza, uno stop alle politiche liberiste portate avanti da questo governo e dai governi che si sono succeduti negli ultimi 10/15 anni.
Piero Penner
Segreteria Provinciale PRC - Responsabile Enti Locali
Segretario del Circolo di Spotorno, Noli, Vezzi Portio
Nedda Petroni
- Voto sì in nome del principio di uguaglianza, fondamento e sostanza di ogni altro principio democratico: a partire dalla Rivoluzione Francese, i diritti vengono riconosciuti all'individuo e ad esso si rivolgono le leggi che li tutelano, non ad un eventuale gruppo a cui possa appartenere.
- Voto sì perché il limite posto dalla Legge 300 del '70 aveva lo scopo di facilitare le piccole imprese, sorte dal bisogno di operai di "mettersi in proprio", cioè di rifiutare lo sfruttamento delle grandi fabbriche padronali. Oggi invece le piccole imprese nascono dalla protervia dei padroni, i quali, per sottrarsi all'obbligo di rispettare il diritto dei dipendenti previsti previsto dall'art. 18, di proposito spezzettano le proprie aziende in altre più piccole, anche se non hanno alcuna autonomia funzionale.
- Voto sì perché la maggior parte delle piccole imprese con un numero di dipendenti inferiore a sedici è costituita da donne che, già penalizzate in quanto tali dai patti sottobanco imposti dai padroni, sono inoltre esposte ad ogni tipo di ricatto (anche sessuale), senza alcuna possibilità di tutela.
Infine aggiungo un altro importante motivo.
- Voto sì per continuare la guerra "senza se e senza ma" contro il tracotante Berlusconi e la sua politica bellicista, forte con i deboli, servile con i potenti.
Nedda Petroni
PRC Vicenza
Andrea Ricci
- I diritti sono inalienabili o non sono diritti, ma concessioni del Potere. Non essere licenziati per puro capriccio del padrone, senza alcuna giustificazione, attiene all'etica, alla dignità della persona, prima ancora che all'economia e al diritto. Il lavoratore non è una merce, non è una cosa senz'anima, ma una persona in carne ed ossa, con i suoi desideri e i suoi sogni, con le sue passioni e la sua intelligenza. Nel brutto mondo in cui ci troviamo a passare le nostre esistenze, per vivere dobbiamo lavorare. Essere licenziati, perdere il lavoro senza motivo, per puro arbitrio dell'impresa, vuol dire negare il diritto ad una vita degna. Sotto questo ricatto, ben difficilmente i lavoratori delle piccole imprese possono essere liberi di rivendicare i loro diritti sul salario, sull'orario, sulle condizioni di lavoro. L'estensione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori è una lotta di libertà.
- Dal punto di vista economico non è vero che la vittoria del SI rappresenterebbe una sciagura. È vero anzi il contrario. Le politiche neoliberiste perseguite nell'ultimo decennio in Italia hanno drasticamente ridotto il costo del lavoro, comprimendo salari e diritti dei lavoratori. Nonostante questo (anzi a causa di questo), il nostro sistema industriale ha perso terreno rispetto agli altri Paesi sviluppati, ed oggi attraversiamo una fase di profonda crisi strutturale della nostra economia. Le imprese e i Governi privilegiano la riduzione del costo del lavoro e nulla fanno per aumentare la qualità della produzione industriale, che richiede investimenti, innovazioni, ricerca e formazione. È più che mai necessario interrompere questa spirale perversa e costringere le imprese e i Governi a cambiare rotta. Nuove rigidità e nuovi vincoli, di garanzie per i lavoratori e di nuova presenza pubblica nell'economia, per un nuovo modello di sviluppo economico e sociale sostenibile.
- Infine, la terza ragione è più passionale che razionale. Di fronte ai tanti personaggi, ricchi, potenti e famosi, che il 15 e 16 giugno ci invitano ad "andare al mare", piuttosto che esercitare un nostro, prezioso, diritto, il voto, su un tema che tocca le condizioni di vita di tanti milioni di persone che lavorano, scatta un moto di ribellione. Non è la stessa cosa se l'astensione è sostenuta dal debole o dal forte. L'astensione del debole è un segno di rassegnazione, di sfiducia, di sofferenza e, in certi casi, anche di protesta e di lotta. L'astensione del forte è invece un segno di arroganza, di difesa del privilegio, di egoismo sociale. L'astensione del debole va capita e affrontata con la coerenza dei comportamenti e delle idee, per coinvolgerlo in un comune progetto di riscatto. L'astensione del forte va invece combattuta senza tentennamenti e con l'arma migliore: andando il 15-16 giugno a votare Sì ad entrambi i referendum!
Andrea Ricci
Responsabile Nazionale Dipartimento Economia PRC
Rina Rosu
- La sconfitta del referendum renderebbe non solo impraticabile la elaborazione di una legge per difendere dai licenziamenti ingiustificati i dipendenti delle piccole imprese, ma aprirebbe la strada all'abrogazione della tutela dell'art. 18 anche a quelli che ancora ce l'hanno.
- La difesa da un ingiusto licenziamento è il diritto fondamentale che consente l'esercizio di tutti gli altri diritti, per adesso solamente sulla carta poiché inesigibili da parte di chi è continuamente sottoposto al ricatto "o accetti così o te ne vai".
- L'eliminazione del vincolo numerico dei 15 dipendenti per garantire il reintegro in caso di licenziamento illegittimo consentirebbe una espansione delle piccole imprese, attualmente forzata dalla necessità di mantenere una dimensione minima per non perdere questo privilegio, e renderebbe inutile il processo di frammentazione dei lavoratori avviato dalle grandi aziende attraverso la esternalizzazione di parti dell'attività, la cessione di rami d'azienda o la politica degli appalti e dei subappalti.
Rina Rosu
Segretaria Provinciale della FLAICA CUB
Giovanni Russo Spena
- Voto Sì perchè sono un meridionale. Sono state raccontate sciocchezze sul fatto che il referendum sull'estensione dell'articolo 18 riguarderebbe solo lavoratori relativamente garantiti e non il mondo (vasto ed articolato) dei precari. Non è così; nel Sud il referendum è stato, già in queste settimane, leva di protagonismo, costruzione di comitati popolari. Il referendum, infatti, al di là del quesito specifico, allude alla messa in discussione del modello produttivo basato sulla precarietà del lavoro. Le ragazze e i giovani meridionali sanno molto bene, sulla propria pelle, che la precarietà non è una questione produttiva o sindacale ma, nel Sud, una vera e propria relazione sociale; che picchia sulle esistenze quotidiane: furto di futuro, impossibilità di progettare la vita.
- Voto Sì perchè l'estensione dei diritti è base della costruzione sociale e politica di una vertenzialità di massa, su una piattaforma che contenga il salario sociale, che rilanci la questione salariale, che dia gambe alla lotta per il lavoro attraverso l'individuazione di piani per il lavoro collegati alle risorse territoriali. Voto Sì perchè non credo allo sviluppo senza aggettivi, quantitativo, alienante, mercificante, ma ad una concezione dello sviluppo autocentrato, fondato sul rapporto tra risorse produttive ed umane, sulla ricerca tecnologica, sulla innovazione.
- Voto Sì perchè il referendum sull'elettrodotto coattivo richiama, anche esso, grandi temi di identità ideale e politica: il rapporto tra pubblico (inteso come socializzazione) e privato (spesso teso alla mera valorizzazione del capitale, al profitto); il rapporto tra salute, ambiente e modello produttivo: perchè questo referendum ci permette di promuovere una elaborazione sulla produzione dei beni essenziali. Il movimento dei movimenti ci ha ribadito questa priorità. Chi invita all'astensione dal voto taglia fuori se stesso e gli altri da una grande discussione di massa, di elaborazione, di ricerca, di conflitto qualitativamente "alto".
Giovanni Russo Spena
Parlamentare del PRC alla Camera dei Deputati
Marco Sferini
- Facciamo gli egoisti una volta tanto, egoisti "di classe", decidiamo di volere qualcosa di più non solo per noi ma anche per chi non l'ha oggi ed è come noi. L'estensione dell'articolo 18 a tutti i lavoratori è davvero una tappa importante nell'avanzamento della riconquista dei diritti operai: persino i piccoli industriali della Toscana si schierano per il Sì al referendum... questa la dice lunga su come il capitalismo italiano sia ancora acerbo, legato ad un retaggio di familismo imprenditoriale che è dura scrollarsi da dosso. Il 15 e il 16 Giugno possiamo dare forza ai lavoratori con un bel Sì e assestare un bel colpo al governo delle destre.
- Facciamo ancora una volta gli egoisti: tanto ormai vi abbiamo preso gusto. Ma questa volta la "classe" non c'entra (o forse sì...?): ora l'Italia luce elettrica ne ha in abbondanza. Non siamo più nel 1933 quando nel Regno mancavano i tralicci ad ogni via e in città si accendevano le luci con le torce lunghe. Che ci cadano sulla testa ondate di elettrosmog per la voglia spasmodica del mercato di vendere sempre più cellulari o UMTS, beh non è proprio il massimo della vita. Anche qui il 15 e 16 Giugno ci vuole un bel Sì.
- Facciamo per la terza volta gli egoisti: ridiamo un senso alla sinistra italiana, ai suoi valori, alle sue lotte. Basta "sciacquare i panni in Arno". Troppi valori sono stati limati, cesellati e alla fine persi nella polvere che restava. Riportiamo i comunisti tutti, i lavoratori e chi il lavoro non l'ha su un fronte di lotta aperta contro l'arroganza di Confindustria e di Berlusconi. I referendum sono un grande trampolino di lancio per questa impresa. Anche per questo occorre dire inequivocabilmente Sì.
Marco Sferini
Segretario Circolo Rebagliati di Savona
Mimmo Turchi
- Per pregiudizio.
- Per ragionamento.
- Per dispetto.
Mimmo Turchi
ARCI Savona
Patrizia Turchi
Referendum sull'articolo 18
- Perché chi è svantaggiato e più a rischio di licenziamento è la categoria più debole del mondo del lavoro e, all'interno di questa, gruppi specifici: le donne ed i giovani.
- Perché vedo sempre vantaggi per il padrone (contributi, alleggerimento degli oneri sociali, defiscalizzazioni, rottamazioni varie, iniezioni economiche sostanziose da parte dello Stato, ecc.) ma sempre condizioni sfavorevoli per il lavoratore (precarietà, incapacità di sentire sicuro il proprio futuro, perdita del valore del proprio lavoro e della retribuzione corrispondente, rischi per la salute, compromissioni per la qualità e dignità della propria vita e di quella dei propri famigliari, ecc.).
- Perché credo che occorra arrestare la discesa spaventosa dei diritti elementari delle lavoratrici e dei lavoratori prodotta dalla concertazione sindacati-padronato-governo di questi ultimi vent'anni. Questo referendum è uno stop. Dal quale partire per una grande piattaforma rivendicatrice che rimetta in discussione l'intero mondo del lavoro e della produzione.
Referendum sull'elettrodotto coattivo
- Perché anche se è cambiata la realtà della produzione dell'energia (da statale è oggi in mano a privati) hanno voluto mantenere i vecchi diritti: cioè l'esproprio coatto anche se chi lo propone è una Società per Azioni! In ligure si direbbe: ciucciare (fare soldi grazie alle privatizzazioni) e sorbire (avere gli stessi diritti di uno Stato)!
- Perché è giusto, attraverso questo referendum promuovere un nuovo ragionamento sulla produzione di beni essenziali. Ma... Privato: è così bello? economico per il consumatore? più trasparente? più di qualità? più vantaggioso per i dipendenti? Ad oggi nessuna delle esperienze fatte nel campo delle privatizzazioni ha dato uno solo di questi esiti.
- Perché gli elettrodotti, e più in generale le installazioni, non sono esenti da rischi alla salute (vi ricordate i ripetitori inamovibili del Vaticano e di Radio Maria?), ed è giusto che a fianco di uno studio serio sui probabili effetti cancerogeni (leucemie in primis) ci sia la possibilità di tutelarsi impedendone l'installazione.
Patrizia Turchi
Consigliera Comunale del PRC a Savona
Tiziana Valpiana
- Per le donne: subiscono più degli uomini le logiche del mercato: precarizzazione, flessibilizzazione, deregolamentazione selvaggia, in particolare quando scelgono di diventare madri, il che, al di là delle tante parole sulla "tutela della famiglia", è ancora vista come una scelta incompatibile con la logica dell'impresa.
- Perchè in questo momeno è l'unico modo realmente praticabile e non velleitario per inserire un cuneo nelle politiche neoliberiste in atto in modo selvaggio da parte del governo e per respingere gli attacchi al lavoro e alla democrazia e perchè, se vincesse l'astensione, sarebbe un'ulteriore battuta d'arresto all'iniziativa della sinistra e alla democrazia già in bilico nel nostro Paese.
- Perchè non ha senso un diritto che non sia universale e per ricordare che il diritto è in capo al lavoratore e alla lavoratrice non alle dimensioni dell'azienda.
Tiziana Valpiana
Parlamentare del PRC alla Camera dei Deputati
Franco Zunino
- Perché il diritto ad un lavoro dignitoso e a poterlo conservare è un diritto inalienabile, giustamente sancito dalla Costituzione Italiana.
- Perchè anche nelle piccole imprese chi lavora possa alzare la testa e difendere i propri diritti senza essere sottoposto a ricatti.
- Perchè il lavoro nero non si sconfigge con minori salari e minori diritti. Giusti diritti e salari fanno bene ai lavoratori e anche alle piccole imprese.
Franco Zunino
Segretario Provinciale Partito della Rifondazione Comunista
Consigliere Comunale del PRC a Savona