Un Sì contro il governo, per i giovani e per il movimento

I miei motivi per votare Sì

Graziella MasciaCon il sì al referendum sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori si vota a favore del reintegro dei lavoratori sul posto di lavoro in caso di licenziamento per giusta causa nelle aziende con meno di quindici dipendenti. Questa battaglia referendaria va ben oltre al merito acquisendo una grande valenza simbolica su diversi piani socialmente e politicamente importanti che hanno un comune denominatore: l'allargamento dei diritti.

Un sì contro le iniziative del Governo nel settore lavoro. I numeri in Parlamento assicurano al governo una maggioranza schiacciante di fronte alla quale risulta impensabile non solo l'approvazione di proposte di legge che vanno nel senso del referendum, come propone il Centrosinistra, ma anche la possibilità di apportare modifiche alla legge delega sul lavoro, ora in discussione in Senato. La vittoria del sì, oltre a garantire il reintegro dei lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti in caso di licenziamento per giusta causa, sarebbe anche un segnale forte che va nella direzione opposta alle politiche sul lavoro del governo. La volontà popolare suggellerebbe la necessità di rivedere tali politiche aprendo un dibattito ancora più ampio nel paese.

Vale la pena elencare almeno alcune delle "novità" che la delega sul lavoro sta per introdurre al fine di comprendere a pieno la sua portata in termini di maggiore precarizzazione e flessibilità del lavoro.

Un sì al referendum sull'articolo 18 guardando ai giovani. La crisi economica che sta attraversando l'Italia è una crisi più generale che riguarda tutti i paesi occidentali dagli Stati Uniti all'Europa al Giappone. Le politiche neoliberiste hanno fatto il loro corso e già da qualche anno se ne misurano gli effetti. Sempre più spesso i governi devono fare i conti con i problemi di crescita economica, inflazione e disoccupazione muovendosi entro binari che ripercorrono inesorabilmente le formule del neoliberismo, anche sulla spinta dei venti di destra che spirano in Europa e non solo. Tutto ciò mette in pericolo i diritti dei lavoratori conculcati a favore di una ripresa economica che agevola sempre e solo le aziende. I sindacati, anche quelli più moderati, si trovano pertanto a fronteggiare una situazione sempre più tesa, e sono sollecitati da un esercito di lavoratori, di cui i giovani sono ormai la parte più consistente, a prendere iniziative tese a riconquistare le posizioni perdute. Nel panorama attuale per chi si affaccia sul mondo del lavoro il contratto a tempo indeterminato è ormai una chimera, roba da vecchi, si potrebbe dire. E a tutti gli effetti, purtroppo, è roba da vecchi considerando che solo in Italia tra i lavoratori attivi circa 7 milioni hanno contratti atipici e irregolari, senza considerare il sommerso che in Italia produce il 30 per cento del PIL. Aprire una battaglia sui diritti dei giovani lavoratori a partire dall'estensione dell'articolo 18 alle aziende con meno di quindici dipendenti, serve a scardinare un sistema tanto complesso quanto blindato. Si tratta pertanto dell'inizio di una battaglia più complessiva di cui il referendum rappresenta simbolicamente il primo passo.

Un sì al referendum guardando al movimento dei movimenti. Il tema dei diritti richiamato dal referendum sull'articolo 18 entra a pieno titolo nei temi del movimento anti-globalizzazione. Le differenze tra il nord e il sud del mondo sono sempre più profonde, mentre nei paesi industrializzati cresce il divario tra i ricchi e i poveri. Per effetto delle politiche neoliberiste anche i lavoratori si sono trasformati di fatto in merce senza diritti, con buona pace delle lotte che hanno attraversato negli anni '60 e '70 tutti i paesi occidentali e che in Italia hanno prodotto lo Statuto dei lavoratori. Alla cultura dell'uguaglianza si è sostituita la logica del profitto che nell'arco di pochi anni è diventata il modello culturale dominante con il suo corredo di guerre "infinite" e "umanitarie", morti per fame e per sete, disastri ambientali, annientamento delle culture autoctone. Il punto di forza del movimento anti-globalizzazione è quello di aver individuato tali derive creando un fronte globale di lotta contro le ingiustizie e in difesa dei diritti negati. L'estensione dell'articolo 18 a tutti i lavoratori si inserisce dunque anche in questo contesto. Il referendum offre la possibilità di una inversione di tendenza che, prendendo peraltro spunto da altre realtà europee (un esempio per tutti è costituito dalla Germania dove benefici equivalenti a quelli previsti dal nostro articolo 18 sono validi nelle aziende fino a 7 dipendenti), permette di creare ulteriori motivi di aggregazione e di lotta contro gli effetti della globalizzazione.

Graziella Mascia
Parlamentare del PRC alla Camera dei Deputati
Roma - 3 Giugno 2003