Un "in dubio pro reo" sul Patto Molotov-Ribbentrop

Un accordo per contenere le volontà di espansione della Germania nazista e dell'URSS

Credo che la questione che riguarda ancora oggi il dilemma sul bene o sul male della stipula del patto "Molotov-Ribbentrop" stia tutta nella definizione chiara e netta delle intenzioni dell'Unione Sovietica verso la Germania nazista. È chiaro, e si evince da qualunque riferimento storico si cerchi, che Stalin e Hitler non si amavano affatto e che proprio questo patto aveva la funzione di essere un contenimento delle reciproche volontà di espansione al fine di avere, almeno da parte hitleriana, quel Lebensraum ("spazio vitale") che potesse consentire al Reich di liberare le proprie potenzialità e di realizzare il sogno millenario del Fuhrer. Uno stato tedesco puro, di ariani fatti crescere con lo sviluppo dell'eugenetica e promuovendo – già dai primi anni della dittatura – la politica dell'eutanasia per i malati cronici e per tutti coloro che potevano intaccare la perfezione razziale della Germania.

La Germania ha, dunque, la necessità di allargare i suoi confini, e lo ha già fatto con l'0ccupazione del Territorio dei Sudeti, separando la Repubblica di Cecoslovacchia e, nel momento di nazistizzazione massima dell'Europa, con l'instaurazione di uno dei tanti governi fantoccio anche nella residuale piccola Slovacchia.

Reso certo il fatto che l'Unione Sovietica cercasse di limitare questa espansione nazista con un trattato di non aggressione reciproca, dopo aver tentato la strada diplomatica con Francia e Gran Bretagna (e aver incontrato solamente dinieghi e mezze parole, senza alcun progresso relazionale e di accordi), l'interrogativo è: quanto dell'originario patto tra Molotov e Von Ribbentrop resta nel tempo? Quanto di quelle parole messe nero su bianco resta nel momento in cui la Germania invade a settembre del 1939 la Polonia, dando il via alla Seconda guerra mondiale, e quanto ne resta nel momento in cui l'Unione Sovietica varca il confine delle terre di Varsavia e le occupa?

L'invasione nazista dell'Urss prende il via nel mese di Giugno del 1941 con l'"operazione Barbarossa". Fino ad allora assistiamo alla creazione del cosiddetto "spazio vitale" per Leningrado, con una Finlandia che viene attaccata e costretta alla cessione di gran parte delle zone dei laghi. Assistiamo all'occupazione della parte alta dei Paesi Baltici, ossia di Estonia e Lettonia (che già nel patto Molotov-Ribbentrop rientravano nella "sfera sovietica", mentre la Lituania – considerata una propaggine della Prussia orientale – viene posta sotto la "sfera tedesca").

È certamente vero che Stalin operò in questo senso per proteggere il suo paese. Ma è altrettanto vero che la Guerra d'Inverno contro la Finlandia mostrò evidenti carenze organizzative nella strategia e nella tattica da parte dell'Armata Rossa. Una evidenza di cui Hitler fu attento osservatore e che lo indurrà, poi, alla decisione definitiva di scatenare la Wermacht contro l'Urss decapitata dei suoi vertici militari migliori da una politica staliniana profondamente cieca e dettata solamente dal timore di infedeltà politiche dei marescialli bolscevichi.

Quanto il patto Molotov-Ribbentrop fu tattica o strategia non è dato saperlo. Cosa l'abbia spinto alla stipula, se più la volontà di contenimento della minaccia nazista, o se più la volontà di espansione sovietica, è difficile da affermare. Di sicuro l'espansionismo sovietico – che può trovare mille giustificazionismi anche nel periodo post bellico – o per costrizione o per volontà, tradisce le originarie aspirazioni di evoluzione socialista del paese di Lenin e ne fa una potenza bellica, una potenza che deve fronteggiare altre potenze che sono intenzionate a farla finita presto e subito col bolscevismo e che rifiutano un accordo con Hitler solamente perché ne temono altrettanta forza e, ovviamente, la voglia conquistatrice e di dominio e di assoggettamento dei popoli.

Ecco perché, nonostante la giusta contestualizzazione di quel che avvenne in quegli anni, il patto Molotov-Ribbentrop mi è sempre parso anche un preludio alla fine dell'Unione Sovietica di stampo leninista e una contribuzione all'involuzione autoritaria già avviata negli anni precedenti con le purghe e con la decimazione degli avversari.

Credo che Aleksandra Kollontaj, oppositrice di Stalin, sbagliasse nel ritenere la Nuova Politica Economica un errore. Ma credo avesse ragione nel denunciare i metodi repressivi dello stalinismo. la firma del trattato da parte di Molotov alla presenza di Ribbentrop e Stalin
la firma del ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop
Credo che la Kollontaj sbagliasse nel ricercare una collettivizzazione delle terre invece di una immediata disposizione delle medesime sotto il controllo dello Stato, ma penso avesse ragione nel battersi contro la repressione dei movimenti comunisti di sinistra (così venivano chiamati) che rimproveravano al governo sovietico tutto ciò.

In sostanza, credo che l'evidenza di questo disagio del governo di Mosca si espresse nella sua nomina ad ambasciatrice in Norvegia e poi in Messico. E il patto Molotov-Ribbentrop ha delle responsabilità anche in questo senso. E come Umberto Terracini e Camilla Ravera (e molti altri comunisti di allora) mi sento di criticare quel patto per le ragioni che ho espresso, ma se messo su un banco di giudizio non saprei esprimere una condanna definitiva. Resta, infatti, in dubio pro reo, l'incertezza sulla qualità di quella sigla tra Urss e Germania nazista e sulle intenzioni primigenie che mossero alla sua stesura, alla sua applicazione.

Marco Sferini
Settembre 2009