No pasaran!

I comunisti e la guerra civile spagnola

la morte di un soldato repubblicano in una celebre foto di Robert Capa«Le truppe di stanza in Marocco si sono sollevate contro la Repubblica!». È l'alba del 17 Luglio 1936 quando il generale spagnolo Francisco Franco prende il comando dei mori e dei legionari e si prepara a scatenare il colpo di stato contro il legittimo governo spagnolo. Un governo di coalizione, formato da socialisti, repubblicani di sinistra, anche liberali moderati, ma tutti antifascisti e profondamente legati all'idea democratica del diritto e dello sviluppo sociale.

Questo avanzamento dei diritti sociali in Spagna, avvenuto appunto con l'affermarsi del governo del Fronte Popolare nel Febbraio di quello stesso anno, preoccupa molto la classe borghese iberica: il suo ruolo viene ad essere indebolito da riforme sociali che, seppure catalogabili in un ambito politico riformistico e social-borghese, di certo imprimono una svolta in senso opposto alle precedenti politiche sopportate dal proletariato spagnolo. Nel fronte antifascista, che si forma immediatamente dopo la dichiarazione di lealtà a Franco da parte di quasi tutti i reparti dell'esercito della Repubblica, le divisioni sono profonde: i comunisti sono certamente legati a Mosca e agli ordini del Cremlino, eppure un volontarismo spontaneo, un sentimento di forte respingimento di quanto sta avvenendo in Spagna è raccolto da migliaia di volontari che si arruolano nelle "Brigate Internazionali". Dall'Italia, che già conosce il pericolo fascista, Luigi Longo e molti altri dirigenti del Partito Comunista d'Italia, guidano le azioni contro i fascisti di Franco e la linea di battaglia si assesta su tre fronti principali: la Catalogna, Madrid e la linea dei Paesi Baschi.

I franchisti puntano essenzialmente all'instaurazione di un governo fascista che rimetta sul trono un fantoccio regnante e che permetta al capitalismo spagnolo di espandere le proprie ambizioni e ripercorrere una netta via di ipersfruttamento della forza lavoro, cancellando ogni riforma sociale avvenuta sino ad allora.

Sul fronte antifascista, oltre alle "Brigate Internazionali", si trovano anche i miliziani del Partido Obrero de Unificacion Marxista (POUM) e la Confederazione Anarchica del Lavoro la CNT. Tra comunisti delle "brigate" e l'asse POUM-CNT si apre un dissidio asprissimo: i primi premono per respingere nell'immediato il fascismo dilagante in Spagna. Dolores Ibarruri, la "pasionaria", chiama tutti gli spagnoli alla lotta contro Franco al grido divenuto celebre del "No pasaran!". Il POUM e la CNT si battono con tenacia contro i fascisti ma il loro obiettivo primo è la rivoluzione, la socializzazione delle terre, l'espropriazione "degli espropriatori". Quale prevalenza dare alla lotta? Quella contro il pericolo fascista, e poi ragionare nuovamente su ancora più incisive riforme sociali, oppure tentare la carta della ribellione totale, della battaglia per una repubblica socialista (non certamente di stampo sovietista visto che in URSS in quel tempo magnificano le purghe staliniane, e i trotzkisti del POUM avversano il sistema sovietico)?

È un dilemma che non ha fine e che finisce per portare al fratricidio nel campo antifascista: moltissimi militanti del POUM vengono massacrati, così pure gli anarchici della CNT. È il 15 Febbraio del 1937 quando il governo repubblicano ordina il ritiro di tutte le armi pesanti e leggere tenute senza permesso: in pratica vengono disarmati gli operai, che devono disfarsi di fucili e pistole entro 48 ore. Queste pressioni portano a lesioni interne delle strutture del Partito Operaio di Unificazione Marxista: Andreas Nin e Gorkin non possono fare altro nella sede di Madrid, che è la più strutturata e forte del partito, che vietare nuovi frazionismi interni ed espellere dal partito le ali più estreme che si costituiscono in gruppi "bolscevichi", altri formano colonne armate col nome di "Amici di Durruti".

La situazione nel territorio spagnolo peggiora di giorno in giorno: le forze fasciste di Franco non fanno che avanzare e rompere in sempre più parti staccate fra loro il grosso del territorio controllato dalla Repubblica. Cadono a poco a poco importanti roccaforti in tutta la Spagna. Il governo Caballero volge il suo sguardo intorno a sè: vi sono solo macerie ormai e una disperata difesa di Barcellona e Madrid. Il sogno di una repubblica borghese democratica, chiesto a gran voce da Largo Caballero (con alcune forme di controllo operaio sulla produzione in coesistenza con la proprietà privata) che vincesse i golpisti di Franscisco Franco si scioglie ben presto.

La morte di un soldato repubblicano in una celebre foto di Robert Capa
alcuni partigiani spagnoli
Dolores Ibarruri non cessa un attimo la sua lotta: è tenace, risoluta. Parla instancabilmente al popolo ogni qual volta le è possibile. Sprona le "Brigate Internazionali" e dà il via ad una forte centralizzazione dei poteri della Repubblica, cercando di eliminare le divisioni interne al blocco che combatte contro i soldati franchisti. Mentre sui fronti si combatte costantemente e i fascisti guadagnano sempre più posizioni, Guernica viene bombardata. Resterà nella memoria di tutti noi grazie al capolavoro di Pablo Picasso. Le divisioni nel fronte antifascista non permettono l'instaurazione di un esecutivo operaio, non permettono la ricacciata di Franco da dove è venuto. Tutto ciò penalizza i combattenti repubblicani e stende un tappeto d'oro all'avanzata di Franco verso Madrid.

Il risultato diviene chiaro presto per tutti: la Repubblica viene assassinata e il fascismo dominerà la Spagna sino al 1978, quando, alla morte del "generalissimo", il re Juan Carlos, messo sul trono dal dittatore fascista, inizierà una lenta ricostruzione dell'ordine democratico borghese.

Marco Sferini
Febbraio 2003