Figli adottivi di madri distratte

Figli adottivi di madri distratte
Elisabetta Caravati
La Riflessione - Davide Zedda Editore
€ 16,00
pag. 200

Scrivo per la prima per questa rubrica. Che è anche la rubrica ideata dall'autrice del volume in questione. La mia amica Elisabetta Caravati. Un tempo si sarebbe detto "amica di penna", oggi potremmo dire "amica di tastiera". Si perché a pensarci bene ci siamo visti, io ed Elisabetta, in una sola occasione al Forum sociale Europeo di Firenze nel 2002. Poi telefonate, messaggi (da quando abbiamo il cellulare), ma soprattutto lettere, mail.

Da questa amica, amante della Liguria, curiosa di storie, di persone e di popoli ho imparato molto anche seguendo, seppur indirettamente, la preparazione del suo "Figli adottivi di madri distratte" che non è la sua opera prima. Negli anni '90, infatti, Elisabetta Caravati scrive "Racconti di settembre" un piccolo volume che racchiude storie di donne sole.

Per questo secondo lavoro, invece, l'autrice cammina per tre anni da est ad ovest dentro e fuori i confini di questa giovane Italia e scopre che ci sono ancora cicatrici ben visibili e ferite aperte. Le due guerre mondiali hanno lasciato segni indelebili nei luoghi e nei cuori delle persone che lungo i confini vivono. Il tempo ha lenito solo in parte il dolore procurato dalle guerre prima e dai trattati di pace dopo. Le guerre hanno diviso fratelli da fratelli. I trattati di pace hanno tracciato linee senza tener conto della quotidianità spicciola con la quale gli abitanti dei confini ogni giorno devono fare i conti.

Un uomo d'affari croato di lingua italiana, una ragazza italiana di lingua tedesca e il figlio di un pastore brigasco vorrebbero riuscire a dare un senso al loro sentirsi, in luoghi e tempi diversi, figli adottivi di madri distratte, per questo provano a ripercorrere a ritroso le storie delle loro rispettive famiglie.

La nonna dell'uomo d'affari croato di lingua italiana, senza mai muoversi da casa, ha cambiato quattro nazionalità, infatti, è nata austriaca, si è sposata italiana, ha avuto tre figli italiani e una figlia jugoslava, poi è morta croata.

La nonna della ragazza italiana di lingua tedesca si è vista derubare di tutto. L'Italia le ha portato via la nazionalità, la lingua, la cultura e l'intero suo mondo. Il suo paese, infatti, è stato distrutto e sommerso per far posto ad un lago artificiale capace di produrre energia elettrica.

La nonna del figlio del pastore brigasco è cresciuta in bilico fra Italia e Francia, confusa fra il credere, obbedire e combattere del padre e gli ideali di libertà, uguaglianza e fratellanza del nonno materno; poi ha assistito inerme allo smembramento della sua terra.

L'uomo d'affari istriano, la ragazza sudtirolese e il figlio del pastore brigasco vorrebbero riuscire a rielaborare il disagio vissuto dalle loro nonne e quell'angosciante sensazione di essersi sentite straniere a casa propria, indesiderate a casa propria.

Tutti e tre faranno sforzi sovrumani per riuscirci, ma non sarà facile per nessuno dei tre!

L'uomo istriano vorrebbe ricordare, capire e raccontare, ma non riesce a districare l'ingarbugliata matassa della paura.

La ragazza sudtirolese vorrebbe vincere il terrore dell'acqua e narrare, in italiano, le angosce della nonna, ma non sarà facile esternare eventi e sentimenti in una lingua a lei estranea.

Il figlio del pastore brigasco vorrebbe trovare le radici di suo padre, trova invece i brandelli di un paese smembrato; e allora, aiutato dalla sua compagna, fugge via, smette di cercare risposte e va incontro al futuro.

Marco Ravera - Maggio 2011