Il libraio di Kabul

Il libraio di Kabul
Asne Seierstad
Sonzogno Editore
€ 17,00
pag. 324

Sultan Khan, il libraio di Kabul, per evitare che la giornalista norvegese Asne Seierstad (arrivata a Kabul per poterne poi scrivere) scrivesse l'ennesimo testo teorico sull'Afghanistan, la invita a vivere in casa sua. Così Anse diventa la "figlia bionda" del libraio di Kabul...

E scrive. Scrive, senza scrivere di sè, senza lasciar neppure intravedere la sua permanenza nella casa del libraio. Scrive, mettendosi da parte; scrive per dar voce alle altre persone della famiglia del libraio; scrive per dar voce a chi, altrimenti, non avrebbe voce. Scrive e racconta la quotidianità del libraio e della sua famiglia. Una famiglia afgana, ma non una tipica famiglia afgana. Una famiglia, quella del libraio di Kabul, di estrazione borghese, ammesso che si possa parlare di borghesia in Afghanistan; alcuni componenti della famiglia del libraio hanno studiato, il libraio ha una laurea in ingegneria, molti sanno leggere e scrivere. Hanno, in quella famiglia, soldi a sufficienza e non patiscono certo la fame. Una tipica famiglia afgana, dove nessuno è in grado né di leggere né di scrivere e che deve ogni giorno lottare per poter sopravvivere, sicuramente, non avrebbe potuto ospitare Anse, e farla diventare la propria figlia bionda...

L'autrice ci prende per mano e ci conduce "dentro" alla casa del libraio di Kabul e "dentro" alla vita del popolo afgano e, soprattutto, "dentro" un paese dove sempre e comunque traspare inequivocabilmente, quanto sia sconvolgente, per un'afgana, l'essere donna. Da secoli e secoli, le donne afgane devono accettare le ingiustizie che vengono commesse contro di loro.

Il desiderio d'amore, ad esempio, per una donna in Afghanistan è un tabù; infatti, è proibito sia dal rigido concetto di amore dei clan, sia dai mullah. I giovani non hanno il diritto di incontrarsi, scegliersi, amarsi. L'amore ha ben poco di romantico, al contrario può essere considerato un grave misfatto da punire con la morte. Chi non si attiene alle "regole" viene ucciso a sangue freddo; nel caso in cui solo uno dei due "trasgressori" debba essere punito con la morte, sarà senz'altro la donna. Le giovani donne sono prima di tutto merce da scambio o di compravendita, e il matrimonio è un contratto che si stipula tra diverse famiglie, o all'interno delle famiglie: tutto si decide in base al profitto che apporta al clan.

Sono le stesse donne a darne testimonianza attraverso il canto e la poesia... Ci sono canti che non sono pensati per essere ascoltati da qualcuno, ma soltanto per "liberare" loro stesse (le donne) dalle paure, dalle ingiustizie e dal dolore... L'eco di questi canti risuona sui monti e nel deserto...

Le donne, consapevoli del loro destino, quando sono incinte, pregano Allah di dar loro un figlio maschio...

Elisabetta Caravati
Settembre 2004