Vergogna

Vergogna
J. M. Coetzee
Einaudi Tascabili
€ 10,00
pag. 229

Coetzee (premio Nobel 2003 per la letteratura) ci narra una storia ambientata in Africa. Un'Africa, la sua, difficile, dura, crudele, violenta. Un'Africa che cerca disperatamente di far quadrare i conti con il proprio passato di ingiustizie disumane dei bianchi nei confronti dei neri. Ma i conti non tornano (e come potrebbero mai tornare?) ed il tutto è ben più complicato di quanto si possa immaginare...

In "Vergogna" viene raccontata la storia di un professore, David Lurie, insegnante alla Cape Town University. Un uomo che all'età di cinquantadue anni, cerca, come può, di mantenersi in equilibrio fra cultura e sessualità. Vorrebbe, il professore, portare a termine un lavoro su Byron; all'inizio aveva pensato ad un'opera critica, ma poi, i vari tentativi si sono impantanati nel tedio, così pensa che forse, sarebbe meglio scrivere musica: Byron in Italia, una meditazione sull'amore eterosessuale in forma di opera da camera. Il professore, dopo due divorzi ed una figlia, crede di aver risolto il problema del sesso abbastanza bene. Ma, quando Soraya, una prostituta di colore che era solito incontrare ogni giovedì pomeriggio, decide di non volerlo più vedere, prova un'improvvisa ombra d'invidia nei confronti del marito di questa giovane donna. Il professore sa che l'affetto che lui prova per Soraya è lo stesso che Soraya prova per lui; e sa che l'affetto non è amore, ma se non altro è suo parente stretto! Ma Soraya se ne va per la propria strada ed il professore rimane solo. Egli è convinto che la bellezza di una donna non appartenga solo a lei, ma faccia parte del tesoro con cui, la donna, approda a questo mondo e perciò va spartita. Melanie, una sua alunna, è molto bella, fra loro due nasce qualcosa, ma poi la ragazza lo denuncerà per molestie sessuali... ed allora tutto cambierà improvvisamente nella vita del protagonista.

Abbandonata l'Università, David chiede ospitalità alla figlia Lucy che vive in campagna nella parte orientale della Provincia del Capo. Lì, in campagna, il post-apartheid è decisamente difficile. I neri, di diverse etnie, attingono con disinvoltura alla lingua inglese (il tedesco, invece, viene usato soprattutto quando servono astrazioni asettiche) senza sapere, al contrario del professore, che l'inglese è una lingua stanca, friabile, rosa all'interno dalle termiti; una lingua di cui non ci si può fidare, una lingua alla quale gli africani non possono e non devono affidare i loro racconti le loro storie il loro passato. Ma il problema non è la lingua, il problema è la difficoltà del vivere quotidianamente bianchi accanto a neri, e neri accanto a bianchi. Lucy, la figlia del professore, accetta abitudini, usi e costumi dei neri. Accetta violenze, umiliazioni. Accetta di provare vergogna, quando toccherebbe invece ai neri provare vergogna. Accetta, quasi che il suo accettare potesse sanare, almeno in parte, il male fatto ai neri...

Lei (Lucy) crede che bisogna saper ricominciare dal fondo. Senza niente. Senza una carta da giocare; senza un'arma; senza una proprietà, senza un diritto, senza dignità. Lui (il professore) ad un certo punto capisce che, se si trattasse di una partita a scacchi, sua figlia avrebbe subito uno scacco matto; ma sa perfettamente che nessuno sta giocando e che, l'unica possibilità di sopravvivenza nel Sud Africa del dopo-apartheid è, per i bianchi (così come per i cani ed anche probabilmente per gli stessi neri) l'abbandonarsi al proprio destino...

Elisabetta Caravati
Agosto 2004