Un canto di Natale

Un canto di Natale
Charles Dickens
a cura di Marisa Sestito
con testo a fronte
Letteratura Universale Marsilio
€ 14,50
pag. 257

"Pensate alle gioie presenti - ognuno ne ha molte - non alle disgrazie passate - tutti ne hanno qualcuna. Riempite di nuovo il bicchiere con volto radioso e cuore pago. Mi ci gioco la testa che il vostro sarà un Natale allegro e un anno nuovo felice". Queste parole di Charles Dickens, potrebbero uscire dalla bocca del Signor Scrooge, protagonista del libro "Un canto di Natale", non però all'inizio della narrazione, quando il Signor Scrooge altro non era che un vecchio avaro, senza scrupoli, con ansie rapaci, e disumana disattenzione verso il mondo intero; spietato con i suoi creditori ed insensibile nei confronti dell'intera umanità; incapace di provare sentimenti e di percepire quell'atmosfera magica che il Natale dovrebbe portare ogni anno; e lontano dal saper condividere le poche o tante gioie con i pochi o tanti parenti ed amici... Caldo e freddo contavano ben poco per il Signor Scrooge; non vi era caldo che lo scaldasse, ne tempo d'inverno che lo facesse intirizzire. Non vi era raffica di vento più pungente di lui, ne bufera di neve più determinata nel suo intento, ne scroscio di pioggia più sordo alla suppliche. Ma, per quanto violenti pioggia e neve e grandine possono, a volte, far piacere a qualcuno; lui invece, il Signor Scrooge, non faceva mai piacere ad alcuno... Nessuno lo salutava per strada, nemmeno i mendicanti gli si avvicinavano; nessun viandante mai gli aveva chiesto come raggiungere un luogo e persino i cani dei cechi lo scansavano...

Poi il vecchio socio di Scrooge, morto ormai da sette anni, apparirà al Signor Scrooge, la notte della vigilia di Natale e subito dopo spettri, fantasmi e spiriti, prenderanno per mano Scrooge e lo porteranno indietro nel tempo e poi nel tempo presente e dopo, ancora più in là oltre la morte e verso il futuro, incontro non a ciò che deve essere, ma a ciò che può essere... E lui, il Signor Scrooge, dopo aver visto il bambino che era stato e l'adulto che è, dopo aver visto e ascoltato e toccato con mano le ombre di ciò che poteva e doveva accadere, si ritrova ad essere, la stessa notte di Natale, un altro uomo. Un uomo nuovo che sa ridere e piangere e che non sarà e non diventerà mai l'uomo che sarebbe immancabilmente stato senza l'incontro con gli spettri...

Un canto di Natale è una favola da leggere, o per molti, da rileggere; ma è soprattutto una favola da raccontare; da raccontare agli adulti e ai bambini; soprattutto ai bambini che soffrono; ai bambini palestinesi ad esempio; lo so che i bambini palestinesi hanno già le loro favole, ma vorrei che il vento portasse loro anche l'eco di questo canto di Natale; ai bambini palestinesi e a tutti i bambini e le bambine del mondo che stanno soffrendo a causa degli adulti e delle loro (degli adulti) sporche guerre...

Elisabetta Caravati
Dicembre 2003