Unire la sinistra d'alternativa, uscire dal capitalismo in crisi

Intervista a Stefano Galieni

Stefano Galieni è un volto conosciuto dalla rifondazione savonese essendo stato più volte tra i protagonisti della nostra Festa di Liberazione. Collaboratore di Liberazione e Responsabile nazionale Immigrazione del PRC in questi giorni sta anche chiudendo diversi Congressi di federazione in giro per l'Italia. Tra i sostenitori del primo documento, che ha ottenuto poco meno del 70% nella nostra provincia, lo intervistiamo poche ore dopo la chiusura del nostro congresso.

Stefano GalieniL'VIII Congresso di Rifondazione Comunista si svolge forse nel periodo più difficile della ventennale storia del PRC. Un congresso che dovrà  tracciare la linea politica del nostro partito per i prossimi anni. Quale dovrebbero essere, secondo la proposta congressuale che qui rappresenti, le strategie e le scelte future del PRC?

«Il Prc ha individuato correttamente e con molto anticipo la sostanza e l'esito della crisi finanziaria, economica e sociale. Nel farlo ha proposto anche soluzioni praticabili che potrebbero permettere di farne pagare i costi a chi l'ha determinata, di fermare il processo speculativo in atto, di garantire le fasce più deboli a discapito di chi nella crisi si è arricchito e continua ad arricchirsi. Ma denuncia e proposta non sono sufficienti. Il Prc deve riuscire a parlare ai tanti e alle tante che vivono in maniera spesso isolata, i danni della crisi partendo dal presupposto che la caduta auspicata del governo Berlusconi si è tradotta nella costituzione di un governo tecnocratico con un disegno di egemonia neoliberale condiviso che va combattuto senza appello. Dobbiamo lavorare per portare il Paese ad elezioni, restituendo ai cittadini e alle cittadine il diritto di esprimersi e, contemporaneamente, costruire un polo della sinistra di alternativa e una costituente dei beni comuni e del lavoro in cui far convergere, rispettandone l'autonomia, tutte quelle forme di aggregazione politica, sociale e di movimento, intenzionate a dare una svolta anticapitalista e autonoma dal centro sinistra. Non è certo il momento né di parlare di alleanze future né tantomeno di prefissare schemi statici e insensibili a quanto accadrà  nel quadro politico. E' il tempo di parlare di contenuti, stare nelle vertenze, allargare le relazioni in contesti di conflitto»

In sede congressuale verranno affrontati diversi aspetti del nostro essere comunisti, ma è indubbio che la necessità  di battere le destre, la politica delle destre, la politica della BCE viene visto come fulcro del dibattito. Cosa propone il documento che appoggi su questo punto?

«Stante la mutevolezza a cui si faceva riferimento non è che la destra populista berlusconiana si sia dissolta e non è che quella di diretta emanazione di BCE e FMI sia più presentabile. Questa oggi al governo, attuerà  in assenza di reale dibattito parlamentare un vero e proprio programma di macelleria sociale già  annunciato anche se vengono utilizzate rassicuranti parole di equità . Con questo governo e con questo programma non ci sono spazi dialettici, c'è solo la necessità  di costruire scontro sociale e politico ampliando il contesto di massa su cui agire. Nel documento, che non poteva tenere conto della repentina "caduta da destra" del governo Berlusconi, si traccia però una precisa analisi sulla dislocazione dei poteri forti e sul ruolo che questi stanno avendo in Italia come in Europa».

Se, come crediamo, dobbiamo essere protagonisti della sconfitta di questo governo, quale strada indichi per battere anche elettoralmente Berlusconi?

«Intanto ad elezioni bisogna andarci. Quasi tutte le forze politiche si sono rifugiate sotto l'ombrello del governo tecnico e hanno scelto di fare in modo che si giunga fino al mandato naturale di una legislatura già  democraticamente inadeguata. Bisogna passare questi 16 mesi a costruire opposizione, a modificare i rapporti di forza nella società  - certamente più permeabile del parlamento - e in base a quanto saremo capaci di incidere e di produrre iniziativa politica si potrà  ragionare anche di scenari. Non certo nelle condizioni odierne».

Nella costruzione dell'alternativa di società, che rimane il nostro obiettivo, un ruolo decisivo dovrebbero ricoprirlo i movimenti protagonisti della nuova stagione di lotte: da quelle per il lavoro alla difesa dell'ambiente; dalla tutela dei beni comuni agli indignati, dai movimenti in difesa della scuola alle donne di "Se non ora quando" passando per i comitati contro le cosiddette grandi opere a partire dai NO TAV. Siamo presenti in queste lotte? E in che modo riusciranno ad influire nella vita politica nazionale?

«Al di là  di una presenza che c'è ma si caratterizza in maniera diversa nei diversi contesti dovremmo dire alcune cose fondamentali. Ci siamo, sicuramente più di 3 anni fa, siamo anche riconosciuti come compagni di strada generosi e preziosi, ma spesso non riusciamo ad incidere in maniera significativa sui loro percorsi. Diverse le ragioni, dal predominare dell'antipolitica che fa allontanare ogni bandiera, comprese le nostre, alle difficoltà  con cui riusciamo a volte a porci. Ai diversi movimenti dobbiamo saper fare proposte, con loro va proseguito un lavoro di ricostruzione di riconoscimento paritario di legittimità. Le nostre sedi debbono aprirsi alle istanze che questi portano e contemporaneamente la nostra presenza deve essere sempre meno episodica, visibile, senza velleità  tali da voler mettere improbabili cappelli ma allo stesso tempo non subalterna. Si tratta di movimenti che possono incidere nella vita politica sia nazionale che locale a condizione che non vengano piegati a meccanicismi elettoralistici o di cooptazione come avvenuto in passato. Debbono poter mantenere la propria autonomia e trovare in noi interlocutori attenti e disponibili partendo dai contenuti di cui si fanno portatori. Una loro evoluzione in senso anticapitalista e antiliberista è in nuce ma non è data».

Per affrontare questa fase difficile il nostro partito ha dato vita, insieme ad altri soggetti, alla Federazione della Sinistra. Che giudizio dai di questa esperienze?

«In un Paese in cui le sinistre sembravano essersi avvitate sempre più in percorsi di divisione, il tentativo di costruire una federazione è di per se un fatto positivo. Se ci si dovesse contentare di questa Federazione, delle sue modalità  di funzionamento, della qualità  e della quantità  del suo potere attrattivo, il nostro giudizio dovrebbe essere critico e in gran parte negativo. Ma se invece di declinare il tutto nello schema degli apparati dirigenti centrali andiamo a guardare in numerose esperienze locali, troviamo che la Federazione è stata capace di unire e di unirsi ad altre forze, di proporre programmi e contenuti, di divenire motore di impegno politico e sociale. La Federazione può essere il primo passo per la costruzione di una necessaria "sinistra di alternativa" non settaria ma autonoma dal centro sinistra, nella sua analisi e nel suo agire politico. Il permanere di una condizione federativa è però a mio avviso necessario. Inutile e deleterio immaginare e realizzare salti in avanti organizzativi nella costruzione di un unico soggetto politico e altrettanto poco convincente la fusione, all'interno della Federazione dei due partiti marcatamente comunisti. Molto più positivo che la Federazione resti un campo aperto, capace di presentarsi unitariamente nelle scadenze elettorali e anche di valorizzare gli elementi di accordo che ci sono fra le diverse forze che la compongono senza costringere nessuno a rinunciare a quelli che invece dividono».

Secondo te è ancora attuale la "rifondazione comunista"?

«E' attuale per diverse ragioni. Intanto perché non si è ancora realizzata né la "rifondazione" né tantomeno il "comunismo". E questo in un contesto, mondiale, in cui la risposta di una rifondazione comunista può essere l'unica in grado di fermare una umanità  ormai sull'orlo del baratro. E' attuale non per questioni di spread o di bond, lo è per lo stato di regressione dei diritti e della democrazia in cui vive gran parte del pianeta. Il neoliberismo non ammette più neanche una parvenza di democrazia borghese nelle modalità  con cui regolare le relazioni fra le persone. L'unica relazione ammessa è fra il mercato ormai unica religione e elemento naturale della vita umana e le merci. Fra le merci, ci sono anche le persone, fra le merci ci sono i diritti, l'ambiente, il futuro dell'umanità , i beni un tempo considerati, altrettanto comunemente, inalienabili. Non ci sono soStefano Galieni
tra i sostenitori del primo documento
luzioni di capitalismo temperato per invertire questa tendenza e per chiudere la forbice che separa chi è ricco da chi è povero. Non c'è spazio per forme di social democrazia, la sola risposta da proporre è il comunismo. Non la sua declinazione novecentesca ma adatta al XXI secolo, la cui definizione è inseparabile dalla democrazia partecipata, dall'abbattimento di tutte le forme di dominio a partire dal patriarcato».

Per chiudere. Perché un iscritto all'VIII Congresso di Rifondazione Comunista dovrebbe votare il documento da te sostenuto?

«Perché nel documento si tenta, dopo una analisi attenta della situazione economica, politica e sociale, dell'Italia in un contesto europeo e mondiale, di lanciare proposte che abbiano la capacità  di aggregare a sinistra nella costruzione di movimenti di massa. Perché nel documento si rifiutano tanto le diverse forme di chiusura minoritarista e settaria, quanto la subalternità  a un centro sinistra le cui ricette non hanno futuro né prospettiva. Perché si tenta di compiere un salto di qualità  nell'analisi politica, utile a definire quella che può essere la funzione di una forza comunista nella società  moderna, una forza non "ancora comunista" ma "orgogliosamente, portatrice di una pratica e di una teoria valida per oggi e per il futuro, rigettando sia le abiure che uno sterile conservatorismo».

la redazione del sito
Savona - 28 Novembre 2011