Manifesto per la rifondazione

Intervista a Graziella Mascia

Al Comitato Politico Federale di Savona non ha raccolto alcun consenso, ma il documento "Manifesto per la rifondazione", che vede come primo firmatario Nichi Vendola, contende al primo documento la vittoria in questo VII congresso del PRC. Punto centrale della mozione l'avvio di un processo costituente della sinistra, Graziella Masciaunica strada, secondo i promotori, per riconsegnare al paese una sinistra degna di questo nome. È per noi un piacere parlarne con Graziella Mascia ex deputata, nel 2001 eletta in Liguria, vice Presidente della Sinistra Europea.

Partiamo da una considerazione precongressuale e postelettorale: il nostro VII Congresso, peraltro previsto come da scadenze statutarie, dopo la sconfitta nelle urne assume un sapore diverso da quello che avrebbe avuto se in Parlamento ci fossero ancora le sinistre e i comunisti. Quanto è inserita la discussione sul dopo-voto nel dibattito dentro il PRC?

La riflessione sulle ragioni della sconfitta è fondamentale per un congresso come questo. Non solo perchè per la prima volta dopo la Liberazione una sinistra vera è assente dal parlamento, ma perchè questo risultato elettorale parla di una crisi profonda e di lunga data, e che propone un esame attento non solo dell'esperienza di governo, ma delle esperienze storiche che hanno segnato il percorso del movimento operaio e delle sinistre in Italia e in Europa. Da questo punto di vista il governo potrebbe essere considerato come l'ultima prova, o occasione, per verificare l'efficacia della sinistra nel cambiamento delle condizioni di vita di milioni di persone, in particolare dei lavoratori.

Non c'è neanche il tempo per declinare i titoli di una tale ricerca, ma potremmo nominarne uno: la globalizzazione capitalista e gli sconvolgimenti che produce nei nostri paesi dal punto di vista delle condizioni materiali, dei diritti, del senso comune, della frammentazione sociale e dei soggetti organizzati.

Le destre ovunque vincono, in questa fase, questa sfida, con risposte di tipo protezionistico o di difesa del territorio, contro gli altri. E questi altri possono essere altre categorie sociali, cittadini di altre regioni, o di altri paesi, o di altre condizioni sociali, o di altro genere, o di altre generazioni. Un mondo che conoscevamo bene, come quello del lavoro, viene scompaginato da processi profondi, e per questo le risposte o le proposte non possono essere affrettate. La crisi della sinistra è profonda, perchè dall'altra parte c'è anche un padronato che pretende di dettare legge non solo sulle questioni economiche o dell'organizzazione del lavoro, ma sull'insieme della vita.

Il congresso può dunque essere solo l'avvio di una ricerca, che riguarda la sinistra, il sindacato, le organizzazioni sociali. Il rischio di una prospettiva in cui la sinistra scompaia o sia residuale è per tutti. Per questo Rifondazione comunista è indispensabile, ma non sufficiente. Per questo il tema del congresso è anche: quale Rifondazione comunista. Essere minoranze non deve voler dire essere minoritari, testimoniali, residuali.

Una grande sfida che chiede a tutti noi di studiare e sperimentare, mettendoci in discussione anche sul piano della democrazia e della nostra vita interna.

In queste settimane il tema centrale su cui si è focalizzata l'attenzione della cosidetta "opinione pubblica", ben manovrata dal governo e dai mezzi di informazione, è la sicurezza: ma non quella sui posti di lavoro. Bensì la tensione securitaria che viene alimentata dalle fobie per gli stranieri, per i diversi. Nichi Vendola e Graziella MasciaA Roma un giornalista di Radio Deegay è stato picchiato e gli è stato intimato di non trasmettere più. Nel quartiere del Pigneto una ventina di neonazisti ha assaltato negozi gestiti da bengalesi e da indiani. Le ronde padane pullulano dal Nord Ovest alle più remote città della Penisola. Senza parlare dell'aggressione alla Sapienza. Rifondazione Comunista ha gli strumenti per arginare questo clima di recrudescenza violenta e di intolleranza?

Quando il tema della sicurezza, reale o percepita, diventa il primo assillo per i cittadini, significa che la sinistra ha perso e la destra ha vinto, non solo elettoralmente. Perchè significa che le destre sono state capaci di spostare il baricentro politico dalle questioni economiche, che sono le vere questioni dell'Europa e del mondo, ai fantasmi che di volta in volta, nel corso delle esperienze storiche, possono cambiare. Ora sono gli stranieri, e in particolare oggi i rom. Per questo occorre ragionare sull'efficacia strategica delle nostre proposte, e per questo la sfida è anche culturale. La moltiplicazione di violenze, politiche e non, cui assistiamo sono l'espressione di rotture profonde prodotte nella società, in cui si sono smarrite le vecchie appartenenze, politiche, di classe, o altro.

Ci sono i nostri errori e le nostre debolezze in questo quadro, ci sono le responsabilità di un partito come il PD, ma soprattutto ci sono gli effetti di questa modernità senza progresso. Non per questo nuovo capitalismo ha vinto, nonostante le guerre e gli altri strumenti messi in campo sul piano mondiale. Le contraddizioni sociali, ma la stessa crisi economica, il problema delle risorse, non solo il petrolio o l'energia, ma il cibo, l'acqua, ecc. chiedono di mettere radicalmente in discussione il modello di sviluppo e lo stesso concetto di crescita. Una diversa idea della convivenza e del riconoscimento dell'altro, passa attraverso un principio fondamentale, e cioè il diritto per tutti di esistere, di soddisfare i bisogni primari, e di migrare in altri territori.

C'è un'altra emergenza che viene invece sistematicamente trascurata, salvo qualche intervento sporadico quando ci scappa la tragedia: è la sicurezza sul lavoro. Non è forse questo il vero problema sicurezza nel nostro paese?

La tragedia delle morti sul lavoro è una questione che parla del primato dell'impresa e del profitto. Qualunque legge, anche buona, il maggior numero degli ispettori nulla possono fare in un mondo del lavoro ricattato dal lavoro nero e dalla precarietà. Il contrasto più importante, alla violazione delle norme sulla sicurezza, Graziella Mascia
Graziella Mascia e Nichi Vendola alla manifestazione del 25 Aprile a Milano
può essere agito soprattutto dai lavoratori, attraverso la conoscenza della realtà produttiva e i saperi che storicamente sono stati trasmessi dagli stessi lavoratori per poter lavorare in condizioni di sicurezza. Il lavoro nero e la precarietà naturalmente rendono impossibile questa trasmissione e la competenza che ne deriva, e la condizione di ricattabilità cui sono sottoposti gli stessi lavoratori impediscono l'iniziativa sindacale, la denuncia, la ribellione degli stessi. In una tale situazione sono gli stessi lavoratori che si rendono disponibili a lavorare in qualsiasi condizione. Solo una condizione di lavoro garantita sul piano sindacale e dei diritti può contrastare la condizione di insicurezza che determina le stragi di questi mesi.

Torniamo al VII Congresso di Rifondazione Comunista: da una parte si avanza la proposta della "Costituente della sinistra" e dall'altra quella della "Costiente dei comunisti". È un bisogno di unità o una ricerca forzata di assemblaggio di culture simili che portino ad una semplificazione del quadro politico nel frammentato mondo della sinistra italiana?

Se fosse solo un problema di semplificazione del quadro politico avremmo già perso. Infatti, l'esperienza della sinistra arcobaleno, che è stato un tentativo di necessità che pretendeva di alludere a un progetto che non c'era non è stato credibile. Rifondazione comunista nel corso di questi anni ha già considerato sbagliata e minoritaria l'idea di una costituente comunista e ha organizzato il partito della sinistra europea, che è nato sulle parole d'ordine del movimento mondiale e aveva la pretesa di rappresentare un riferimento politico di quell'esperienza. La costituente della sinistra è un obiettivo che parte dalla situazione che abbiamo cercato di accennare prima, e cioè dalla necessità di dare un progetto strategico credibile all'attuale fase della globalizzazione capitalista. Per questo non basta rifondazione comunista, per quanto indispensabile. Più facile dire che cosa non deve essere la costituente della sinistra, cioè non può essere un assemblaggio politicista, sia esso di forze politiche o di organizzazioni altre. La sfida sta nello sperimentare altre forme della politica che valorizzi l'impegno di ognuno/a, a partire da quanto ognuno/a fa nella propria vita, senza per questo dedicarsi in modo totalizzante all'attività politica in senso stretto. Non credo esistano ricette e l'esperienza europea lo dimostra. Di tutte le esperienze fin qui realizzate, l'unica, in questo momento che ha un successo anche elettorale è la Linke tedesca, ma è solo all'inizio di un percorso che è tutto da sperimentare. L'importante è non perdere di vista il nodo di fondo dell'attuale fase, cioè il progetto alternativo alla mondializzazione capitalista.

In mezzo alle "costituenti" c'è posto per una posizione unitaria e radicale allo stesso tempo: un rafforzamento dell'esistente per una prospettiva unitaria della sinistra che rispetti le singole identità?

Ma cosa sono le identità? Nella società come nella politica le identità si modificano sulla base del mondo che cambia. Io mi considero comunista. La mia storia personale nasce in una fabbrica metalmeccanica, quando avevo 17 anni, e la mia identità politica e sociale si è formata nella Fiom. Ma cosa significa essere comunista oggi? Cosa vuol dire lavorare per “cambiare lo stato di cose presenti”? Il passato, la storia sono indispensabili per leggere il presente e provare a immaginare il futuro, ma se l'identità significa aggrapparsi a un simbolo o a un nome come ancora di salvezza in una situazione di difficoltà, non si va da nessuna parte. La storia di rifondazione comunista è quella della ricerca, del provare e riprovare, attraverso esperienze difficili. Dobbiamo farlo ancora, coinvolgendo altri compagni, altre persone, altre organizzazioni che vogliono provare a cambiare la materialità della vita e il senso comune, la cultura politica del nostro paese. Nessuno ha la ricetta. Noi siamo necessari, ma non bastiamo.

Secondo la posizione che qui rappresenti sono da escludere rapporti con il Partito Democratico o un dialogo su determinate tematiche è ancora possibile? E se sì, a che livello?

La politica, sempre, non si fa a tavolino, neanche quando si parla dei rapporti con gli altri. Il PD ha grandi responsabilità per come sono andate le cose nell'esperienza di governo e oggi non è in grado di fare opposizione in parlamento, infatti ha scelto di fare il governo ombra. La distanza tra noi e il PD è superiore a quella che c'era tra noi e l'Ulivo. E il PD ha chiaramente una crisi di progetto, come dimostrano i loro stessi risultati elettorali e il dibattito interno. Ma il problema è di tutto il partito socialista europeo, che è un altro problema di divisione nel PD. Tutte le esperienze europee del partito socialista dimostrano che essi stessi non hanno individuato una strategia, e che ogni partito ha sperimentato una strada nazionale diversa. Sono tutte fallite, con l'eccezione di Zapatero, che è riuscito a far vincere, fin qui, un progetto originale, di grande civiltà, ma che ora deve misurarsi con la crisi economica internazionale. La deriva di destra, e persino razzista e xenofoba, come avviene da noi, è stata possibile anche perchè sono mancati gli anticorpi di una sinistra moderata. Dovremmo auspicare la possibilità di determinare convergenze, almeno su questioni di civiltà, almeno sul piano locale. In qualche vertenza territoriale abbiamo visto che ci si può provare, e persino nel parlamento europeo si sono determinate alleanze importanti su singole questioni. Ma naturalmente la partita è più grande, e per questo bisogna sperare che il dibattito in corso in diversi partiti socialisti in Europa tenga conto almeno delle grandi questioni sociali che attraversano il continente.

Puoi rivolgere un invito al voto per la tua mozione cercando di esprimere, al comtempo, una sintesi estrema della medesima?

L'invito è a non banalizzare e a non semplificare una realtà molto impegnativa. E, se si può semplificare, è di non fare di Rifondazione comunista un partito minoritario e testimoniale, per quanto minoranza. Questa è forse la differenza di fondo che vedo con altri documenti. Per questo bisognerebbe anche ripensare la nostra vita interna, in termini più democratici ma anche più rigorosi, rendendo conto del lavoro che si fa. E per questo considero oggi necessario interrompere la pratica delle correnti cristallizzate che abbiamo fin qui conosciuto. Dopo il congresso, ognuno dovrebbe sciogliere il proprio recinto e ricominciare a ragionare liberamente insieme.

Marco Sferini
Savona - 15 Giugno 2008


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