Camminare domandando

Relazione introduttiva del Segretario provinciale Marco Ravera

Il nostro congresso

A poco meno di tre settimane dall'inizio dei congressi di circolo, concludiamo anche a Savona, in questi due giorni di lavori, il percorso congressuale del Partito della Rifondazione Comunista. Un congresso che è stato straordinario nella tempistica, convocato con un anno di anticipo, ma non nelle modalità. Un congresso che, dobbiamo riconoscerlo con franchezza, non è stato troppo partecipato forse anche a causa dell'esito scontato nella nostra federazione. Se fino a due anni, infatti, fa lo "scontro" tra mozioni mobilitava centinaia di compagne e compagni oggi quello "scontro" è veunto meno. Ovviamente questo elemento non può e non deve giustificare nulla. Nella nostra provincia ha preso parte il 57% di iscritti in meno rispetto all'ottavo congresso nel 2011 e in tre circoli non si è addirittura svolto. Un dato che deve farci riflettere.

Deve far riflettere innanzitutto noi "dirigenti" che a tutti i livelli non siamo stati in grado di fornire risposte al crescente disagio degli iscritti e delle iscritte. Disagio che talvolta è stato strumentale, è stato una "scusa" per un disimpegno, è stato lo strumento per raggiungere "i quindici minuti di celebrità" profetizzati da Andy Warhol, ma altre volte è stato sincero e genuino come testimoniano i 9 astenuti. Record per la nostra provincia. Ma deve far riflettere anche gli iscritti. Talvolta ho l'impressione che non siamo più abituati allo studio, alle lettura, alla voglia di fare politica. Il congresso si svolge ogni tre anni e serve per definire la linea politica del partito. Mi pare del tutto evidente che vengano scritti e presentati documenti corposi e diversi tra loro! Preferiamo l'unico documento con un unico firmatario come SEL? Preferiamo il confronto sulle persone più che sulle idee come il PD? Oppure preferiamo non farlo proprio un congresso e avere un padrone come il M5S? Non so voi, ma io preferisco il confronto tra idee come il nostro, anche se fatto con documenti lunghi, anche se fatto con modalità che per me devono essere superate. Come ho già detto nel 2011 penso che in futuro i nostri congressi dovranno essere organizzati in modo diverso, senza la perenne esigenza di contarsi, elemento che scoraggia molti compagni.

In questo nostro congresso federale dovremmo concentrarci in un confronto per definire le nostre priorità politiche e attrezzare il nostro partito in una fase che vede una crisi sempre più drammatica, un costante attacco al mondo del lavoro, all'ambiente, ai diritti. A questo la sinistra non sembra in grado di rispondere mentre cresce il popolismo e, dopo Monti, abbiamo un nuovo Governo delle "larghe intese".

Mi auguro, infine, che questo congresso possa rappresentare un momento significativo di discussione di politiche provinciali sul terreno sociale, ambientale, economico, e che sappia, in qualche misura, connettersi con le esperienze delle varie espressioni di movimento, di comitati che in questi anni hanno riproposto il tema si quell'altro mondo possibile che in Italia, in assenza della sinistra, è diventato lo slogan di una nota marca di prodotti culinari.

La crisi

Ci muoviamo, come noto, in un contesto di crisi ed io penso che questo congresso o riuscirà a ridare piena efficacia all'azione di Rifondazione Comunista nel contesto della crisi economica, sociale ed istituzionale o, in caso contrario, porterà alla fine della ultraventennale storia di questo straordinario partito.

La globalizzazione neo-liberista ha rappresentato la reazione capitalistica al ciclo di lotte del movimento operaio degli anni '70. Attraverso questa azione restauratrice, vi è stata la piena ripresa del comando da parte del capitale sulla forza lavoro. E' stato rovesciato il sistema scaturito dalla crisi del '29 e della seconda guerra mondiale, che prevedeva esplicitamente di impedire che la mera logica del mercato producesse una competizione esasperata, guerre, crescita brutale delle disuguaglianze tra ricchi e poveri. Complessivamente la risposta alla crisi è stata l'aumento della concorrenza internazionale tra paesi e tra mercati, perseguita quindi attraverso un'accentuazione delle stesse politiche che hanno causato la crisi.

Nel quadro della crisi, c'è la crisi del dominio unipolare degli Stati Uniti e l'emersione di un mondo multipolare. In questa ristrutturazione c'è un ritorno alle politiche di potenza e alla guerra non solo da parte degli Stati Uniti, ma anche da parte dei principali paesi europei. Basti pensare alla drammatica vicenda della Siria e al ruolo della Francia o al ritrovato protagonismo della Russia di Putin che sta esercitando una capacità attrattiva verso le vecchie repubbliche sovietiche a partire dall'Ucraina.

L'Unione Europea, nel contesto della crisi, ha scelto di trasformare la crisi della speculazione finanziaria in una crisi dei debiti pubblici. Questa scelta ha permesso di costruire un'offensiva senza precedenti contro il movimento dei lavoratori, lo stato sociale e la democrazia. Ne è emersa un'Europa neoliberista a trazione tedesca. Oggi è impossibile costruire politiche di fuoriuscita dalla crisi senza mettere in discussione i trattati vigenti (Trattati di Maastricht, di Lisbona, costituzionale europeo), la BCE, il patto di stabilità e crescita, il fiscal compact.

In Italia le politiche neo-liberiste di questi decenni hanno aggravato le debolezze strutturali del sistema economico e produttivo; hanno accentuato le disuguaglianze sociali e territoriali. Per questo, da noi la crisi economica è diventata crisi sociale e morale. I fattori di fondo della crisi sono, secondo me, l'elevata e crescente disoccupazione strutturale; il crollo degli investimenti e della capacità produttiva e lo spostamento immane di ricchezza dal lavoro alla rendita e alla speculazione.

I governi Monti e Letta sono stati e sono governi costituenti. Puntano ad un ridisegno complessivo dell'Italia, giustificato dall'emergenza economica e dal rispetto dei vincoli europei e basato sulla riduzione di democrazia, di welfare; sulla precarizzazione integrale del lavoro e dei bassi salari. Monti ha firmato il Fiscal Compact, introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione, manomesso l'articolo 18. Letta sta procedendo alla manomissione della Costituzione e ad un gigantesco piano di privatizzazioni. Di questo sono responsabili i sostenitori delle larghe intese.

In Italia il principale problema politico è che non si sia ancora manifestato sino ad ora un movimento che contesti globalmente questo attacco. Questo sia perché il pensiero neo-liberista si è fatto senso comune sia per le posizioni dei sindacati confederali hanno contribuito a determinare una forte frammentarietà e una forte passivizzazione sociale. Certamente ha inciso il fatto che la scena politica, in questi vent'anni, sia stata occupata dallo scontro tra berlusconismo e antiberlusconismo. L'assenza di un conflitto generale retroagisce negativamente sulle soggettività.

Questa crisi, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti, ne ha prodotto altre. La crisi culturale. "L'operaio conosce 100 parole, il padrone 1000, per questo è lui il padrone" sosteneva Don Milani forse non è un caso che la scuola sia sotto attacco e che oggi si registra, con il record di abbandoni scolastici, un incremento pauroso del cosiddetto analfabetismo di ritorno, favorito anche dalla dipendenza televisiva e tecnologica.

A questo si afficanca la crisi, ormai conclamata, dei tradizionali partiti politici che sta contagiando le stesse istituzioni democratiche. Particolarmente evidente in Italia, il fenomeno è tuttavia generale: ovunque i "contenitori politici" novecenteschi stentano a conservare il consenso. E ovunque cresce un senso di fastidio verso quella che viene considerata da sempre più ampie fasce di elettorato una "oligarchia", separata dal proprio popolo e portatrice di privilegi economici ingiustificati.

Parimenti è ormai consolidata una profonda crisi dei sindacati spesso incapaci di dare risposta anche in virtù di una disgregazione sociale senza precedenti. In provincia di Savona si moltiplicano i casi di delocalizzazioni, cassaintegrazioni, licenziamenti. Ci tornerò, ma un episodio in questi mesi mi ha fatto riflettere. Siamo stati come Rifondazione più volte al presidio dei lavoratori della Bombardier a Vado Ligure. Gli stessi lavoratori ci hanno detto che la maggior parte dei loro colleghi non aveva partecipato al presidio nemmeno per un minuto. Credo sia anche questo un dato drammatico della crisi.

Un lavoro che in tempo di crisi viene troppo spesso messo in contrapposizione all'ambiente e alla salute. Abbiamo un caso simbolo anche nella nostra provincia, la centrale Tirreno Power di Vado Ligure e Quiliano.

Crescono e si sviluppano il razzismo, ricorderete la frase "SAT ha assunto un nero", la guerra tra poveri. Vengono erosi i diritti.

Se sono in crisi l'economia, la cultura, i partiti, i sindacati, il lavoro, l'ambiente, i diritti è in crisi la democrazia! Che siamo in un'emergenza democratica mi pare evidente. Anche nella nostra provincia. Ricordate le esternazioni dell'allora Commissario di Alassio che voleva proibire "Bella ciao" e "Fischia il vento" durante le celebrazioni del 25 Aprile? Cose impensabili fino a pochi anni fa.

E' poi emblematico l'attacco sistematico alla Costituzione, dall'introduzione del pareggio di bilancio prima, e il tentativo di riscrittura della Costituzione in senso presidenzialistico ora, sono il segno dell'attrito tra la nostra Costituzione e l'assetto neoautoritario di questa Europa. Non solo. La Costizione va difesa anche in altre forme. Le politiche neoliberiste hanno come obiettivo quello di mercificare e portare a profitto tutti quei settori oggi esclusi dal mercato. Beni comuni, acqua, territorio e risorse naturali, sanità e conoscenza, sono oggetto dei desideri di privatizzazione per il capitale alla ricerca di nuovi profitti. La lotta per la loro difesa ha un valore generale, e intreccia questione sociale e democratica, la critica a questo modello di sviluppo e alla sua insostenibilità sociale e ambientale.

La domanda di cambiamento

Dobbiamo invertire la rotta. E' presente, anche se disarticolata e disomogenea, una domanda di cambiamento che attraversa la società italiana. Lo abbiamo negli anni passati con i referendum su acqua e nucleare o nei momenti di lotta in giro per il Paese. Ma dopo la stagione dei Sindaci "arancione", Pisapia, de Magistris, Doria, oggi quella la domanda di cambiamento o si rifugge in una forma di "astensionismo militante", magari suggestiva, ma inefficace, oppure trova sponda nel populismo di Beppe Grillo sapientemente guidato dal guru Gianroberto Casaleggio.

Dico questo perché, a fronte di alcune lotte e proposte che richiamano direttamente ai valori della sinistra, il M5S è tutto fuorché di sinistra. Si fosse dichiarato di sinistra non avrebbe preso tutti quei voti come ha recentemente affermato l'ex comico. Il risultato di quel partito non risiede banalmente nelle "non alleanze" come pensano in molti. Grillo ha interpretato al meglio gli istinti più bassi degli italiani, ha fatto credere che politica e società siano due cose distinte, ha fatto credere che i problemi risiedono tutti nei partiti. Io penso al contrario che, come sosteneva Gramsci, bisogna esercitare un ruolo critico nel senso comune; penso che la politica e i politici siano specchio della società (che non a caso è sempre più corrotta) e penso che bisognerebbe criticare il sistema economico e non banalmente qualche segretario di partito. Non è un caso che su questo tema, come sul tema del lavoro Grillo e seguaci brillino per un silenzio assordante.

Solo nel nostro Paese poteva svilupparsi un fenomeno come Berlusconi, solo nel nostro Paese ha potuto svilupparsi un fenomeno come Grillo.

La sinistra non è tuttavia esente da colpe. Ma la sconfitta della sinistra è interna alla crisi del movimento operaio che negli ultimi decenni ha subito sconfitte e arretramenti. Questo avviene in Italia, mentre in altri Paesi europei la situazione è differente. Questo, dal mio punto di vista, per alcuni fattori: la fine del sistema elettorale proporzionale e la nascita coercitiva ed "innaturale" di un sistema elettorale bipolare; la perdita di ogni sovranità sulle politiche economiche, nel quadro dell'Europa neo-liberista; la degenerazione della funzione dei partiti e del sistema politico italiano a partire dagli anni '80 (la "questione morale" di Berlinguer); lo scioglimento del PCI; la crisi del sindacato conflittuale e la nascita della concertazione; i processi di precarizzazione del mercato del lavoro.

In questo quadro anche il nostro Partito ha perso. Dobbiamo fare un bilancio critico di Chianciano; tutto il gruppo dirigente è in discussione e sarebbe un bel segnale se un partito di sinistra scegliesse una segretaria donna!

Non è stato fatto un lavoro diffuso e generalizzato di radicamento sociale del partito nei conflitti e di solidarietà sociale. Le federazioni e i circoli hanno lavorato a "macchia di leopardo". Non siamo riusciti a contribuire a credibili percorsi unitari a sinistra, segnati da un tratto politicista. E' il caso della FdS, morta sul tema dell'alleanza con il centrosinistra alle politiche, ma ferita mortalmente dalla sua incapacità di aprisi; è il caso di Rivoluzione Civile che a me sembrava un'unione di diversi e non di simili. In entrambi i casi hanno comunque pesato il carattere pattizio, verticista e centralizzato di quei percorsi.

Anche per le differenze che con gli altri Paesi prima accennate ritengo sbagliato inseguire esperienze e modelli che hanno poca attinenza con la nostra realtà. Penso sia stato sbagliato indicare a modello l'ultimo partito che si affermava via via alle elezioni in una nazione in giro per l'Europa. Siamo passati dalla Linke in Germania al Front de Gauche in Francia dal Partito del Pomodoro in Olanda a Siryza in Grecia. Mi permetto, un po' provocatoriamente, di sottolineare che nessuno dei movimenti o partiti che abbiamo preso a modello fanno riferimento, nel nome o nel simbolo, al comunismo.

Costruire l'alternativa

Dobbiamo costruire un'alternativa in Italia che non sia il populismo di Grillo e che non sia quella rappresentata dal PD che ha accantonato un'ideologia "sana" per rifugiarsi in due ideologie decisamente "meno sane": il mercato e il pragmatismo.

Ma costruire l'alternativa non può tradursi semplicemente nel dire "mai col PD" sia perché è il PD stesso che non ci vuole, vuoi perché non siamo alleati troppo docili, vuoi perché siamo ridotti ai minimi termini, sia perché questa sorta di dogma ci ha portato ad esperienze che poco hanno a che fare con la sinistra. Penso all'esperienza, al sodalizio con l'IDV. Penso alle ultime politiche. Non eravamo con Bersani e Vendola, ma con Di Nardo!

Ma per costruire l'alternativa dobbiamo porci una domanda: Rifondazione Comunista è ancora attuale? Io penso di si perché è necessario porsi il tema del superamento del capitalismo; perché il PRC è la forza politica di sinistra più strutturata che esista in Italia; perché il PRC, in questi anni, ha costruito un'internità al movimento anticapitalista globale e alla sinistra europea.

Il PRC deve lavorare per un grande movimento antiausterità. Il nostro obiettivo è costruire un movimento di opposizione di massa contro le politiche di austerità e delle larghe intese. Dobbiamo lavorare, in questo senso, all'unificazione di tutti i movimenti che si oppongono alle politiche del governo, all'austerità e alla manomissione della Costituzione. La manifestazione "La via maestra" va, ad esempio, in quella direzione anche se non contiene tutte le mobilitazioni sociali presenti nel Paese.

Come abbiamo detto più volte Rifondazione Comunista è necessaria ma non sufficiente. Per questo intendiamo lavorare per la costruzione di una soggettività politica unitaria della sinistra di alternativa che sia ancorata ad una piattaforma antiliberista.

Sul tema dell'unità a sinistra va affrontato il nodo dell'unità dei comunisti. Iniziativa Comunista, Comunisti Unitari, Confederazione Comunisti/e Autorganizzati, Comunisti Italiani, Partito di Azione Comunista, Partito Comunista dei Lavoratori, Sinistra Critica, Sinistra Popolare, Sinistra Ecologia Libertà e sicuramente ho dimenticato qualcosa.

Prima della nascita di tutte queste sigle, prima di tutte queste scissioni i comunisti era già uniti. Tra l'altro se è giusto fare un bilancio su Rifondazione sarebbe anche intellettualmente onesto fare un bilancio sulle scissioni. Sarebbe interessante riflettere sullo stato di queste forze (anche la stessa SEL non gode certo di ottima salute). Sarebbe interessante sapere se le persone che abbiamo la presunzione di voler rappresentare stanno meglio o peggio dopo la nascita di tutte queste sigle.

Sul tema dell'unità a sinistra va affrontato il tema del lavoro, non a caso la falce e il martello sono i simboli del lavoro della donna e dell'uomo. Per questo giudico interessante il Piano del lavoro. Se il problema fondamentale che il Paese vive oggi è una crisi priva di soluzioni, il compito dei comunisti è quello di indicare uno sbocco positivo e di individuare gli strumenti per raggiungerlo. Il Piano per il lavoro propone di attivare un forte intervento pubblico finalizzato alla piena occupazione e alla riconversione ambientale e sociale dell'attuale modello economico. E' quindi una proposta per cambiare radicalmente il modello di sviluppo mettendo al centro il benessere sociale e non l'interesse delle banche e delle imprese. Individua nelle grandi ricchezze e nella rendita finanziaria la fonte principale delle risorse da reperire per creare occupazione. Individua i settori in cui investire per allargare il welfare e iniziare concretamente la riconversione ambientale delle produzioni.

L'esperienza di Savona

Tornando ai temi del Congresso consci dei nostri limiti, ma anche dei nostri punti di forza abbiamo seguito, provando a dare delle risposte, alcune delle principali vertenze del nostro territorio, abbiamo dimostrato che non siamo "tutti uguali".

Su una battaglia per noi centrale, scusate il gioco di parole, siamo usciti dalla maggioranza del Comune di Quiliano. Una rottura per me dolorosa, ma inevitabile a seguito della scelta fatta dal Comune di acconsentire al rifacimento dei gruppi a carbone, scelta che rischia di condannare la nostra provincia ad altri 50 anni di combustibile dannoso per l'ambiente e la salute.

Per rafforzare questa lotta nell'estate 2012 è nata la "Rete savonese fermiamo il carbone" che raccoglie realtà associative e singoli contro quella che posso definire senza timori di smentita la nostra grande opera.

Rifondazione è presente nella "Rete" ed io penso che, in attesa che la Magistratura faccia il suo corso, dovremo riuscire a fare un salto di qualità. La vicenda dell'ampliamento della centrale di Vado Ligure e Quiliano ha le sue radici nella privatizzazione dell'energia elettrica. Scelta sbagliata che oggi stiamo pagando. Le bollette non sono diminuite, come avevano truffaldinamente fatto credere i sostenitori del "privato è bello", e il privato, in questo caso Tirreno Power, ha tutto l'interesse a continuare ad investire nel carbone uno dei combustibili più inquinanti, ma meno costoso.

Io penso che il nodo sia nel modello di sviluppo, nel modello economico e non solo nelle dubbie capacità di qualche amministratore locale.

Ma se l'esperienza in maggioranza a Quiliano si è conclusa, non così a Savona.

Io do un giudizio positivo sulla nostra esperienza di governo della città. In questi giorni si sta sviluppando a Genova una dura lotta dei lavoratori della AMT a causa della privatizzazione del trasporto pubblico locale. A Savona si poteva scegliere questa strada, ma si è scelta la ricapitalizzazione di TPL da parte del Comune. Così come penso sia positivo avere i principali servizi in mano pubblica. Mi sambra una cosa molto di sinitra. Poi possiamo discutere sulle gestioni delle aziende, ma questo è un altro discorso.

Collegandomi a quanto dicevo prima sulla centrale è sicuramente positivo, insolitamente positivo, che il Comune di Savona sostenga la lotta contro il carbone.

Non solo. Savona, in controtendenza rispetto ad altri comuni, non ha tagliato le politiche sociali, ha trovato fondi per il rifacimento del campo nomadi, ha conferito e conferisce la cittadinanza onoraria ai figli dei migranti. Da un comune così attento al ruolo pubblico e attento al sociale mai mi sarei aspettato l'ingaggio di guardie private per presidiare il parcheggio di piazza del Popolo. Penso si debba rivedere quella scelta ed affidare, se ritenuto necessario, il servizio alla Polizia Municipale.

Più articolatato il discorso sull'urbanistica. Da troppi anni, purtroppo, il dibattito politico cittadino è incentrato quasi esclusivamente sulle scelte urbanistiche. Nel corso degli anni Rifondazione Comunista, indipendentemente dalla collocazione, ne è stata tra i protagonisti; con sconfitte (ad esempio il progetto Bofill con il PRC all'opposizione) e vittorie (ad esempio l'affossamento del porto della Margonara con il PRC in maggioranza).

Se alcune pratiche si sono chiuse, altre rimangono aperte, penso ad esempio al lungomare di ponente, e su queste il punto di riferimento deve essere il programma sottoscritto da tutte le forze politiche che compongono l'attuale maggioranza di Palazzo Sisto.

Non era nel programma, invece, il "Crescent 2" che rientra nel progetto Bofill approvato ad inizio 2002. In discussione non sono le volumetrie, ma la destinazione delle stesse. Oggi la proposta è di cambiare la destinazione d'uso in "residenziale" una scelta per noi sbagliata perché non vediamo significative ricadute pubbliche per la città anche a fronte di una diminuzione dei volumi.

In tema di enti credo si debba fare una riflessione sulle province. Da qualche tempo, in nome della necessità di ridurre i "costi della politica", ha preso vigore l'idea di abolire le Province come enti locali, di ridefinirle, di modificarle. Ma è davvero una buona idea? Naturalmente non basta l'argomento che le Province costano. Tutte le istituzioni costano, le dittature costano di meno! Il problema è se servono.

Come per le circoscrizioni anche in questa fase ho avuto l'impressione che anziché andare a colpire i veri sprechi (penso ai manager pubblici o alle società che seguono le cosidette "grandi opere") si scelgano dei capri espiatori che, grazie ad una sapiente campagna denigratoria, diventano facilmente "sacrificabili".

Non sappiamo se si andrà al voto per le Elezioni provinciali, ma qualora si andasse penso si dovrà fare di tutto per evitare la conferma di Vaccarezza.

Ma nella nostra provincia Rifondazione non si è limitata all'iniziativa nelle istituzioni. Con iun tessuto produttivo fatto di piccole e medie imprese oggi la provincia di Savona sta subendo più di altre realtà la crisi, siamo arrivati a 28000 disoccupati (un decimo degli abitanti). Abbiamo provato ad intervenire – spesso in rapporto col Gruppo regionale – su alcune vertenze del nostro territorio. Penso al TPL, alla lotta dei lavoratori e delle levoratrici della FAC, dell'OCV, della Ferrania, della Fruttital, della Bombardier, della Cabur. E dove non siamo stati in grado di fornire risposte – spesso vi confesso ho vissuto un senso di impotenza – abbiamo comunque portato la nostra solidarietà, la nostra vicinanza.

E in tema di lavoro credo si debba aprire una riflessione sulla piattaforma Maersk. L'abbiamo fronteggiata, giustamente, fino a quando era possibile farlo, ma oggi penso si debba riproporre con forza le proposte avanzate anni fa. Le ricordo: i neo assunti dovranno avere un lavoro stabile (garantito anche dall'applicazione del contratto dei lavoratori portuali), le assunzioni dovranno riguardare anche gli over 50, assunzioni quindi in grado di "ricevere" i disoccupati/cassintegrati delle realtà in crisi della nostra provincia, i corsi di formazione per i nuovi addetti non si trasformino in forme di sottooccupazione.

Abbiamo seguito anche il tema della sanità pesantemente colpita dalle politiche del Governo Monti prima e dal Governo Letta dopo, complici Regione e ASL. E' un grave errore penalizzare un ospedale come quello di Cairo Montenotte che è l'unico su un territorio abitato da oltre 40000 persone. E' sbagliato ridisegnare il Santa Corona di Pietra Ligure che ha la sola colpa di essere su una collina vista mare. E' inopportuno anche solo ipotizzare il trasferimento dell'ospedale San Paolo di Savona. E' contro l'interesse pubblico aver aperto ai privati ad Albenga.

Più in generale, fermo restando che la sanità non è solo fatta di ospedali, è da bloccare l'idea dell'Assessore regionale alla Sanità, nonché vice Presidente della Regione Liguria, Claudio Montaldo espressa la scorsa estate ovvero quella di un'apertura generalizzata ai privati. Oltre all'impostazione ideologica, che certo non nascondiamo, è la motivazione a non convincerci. Montaldo afferma che dove non riuscirà il pubblico interverrà il privato. E allora perché non potenziare il servizio sanitario pubblico? Con l'apertura ai privati si trasformerà la salute da diritto a merce, si accentueranno le differenze tra i cittidini che potranni rivolgersi al "privato" e quelli che non ne avranno la possibilità, si avrà una sanità di serie A e una di serie B. Noi, come partito della sinistra, non possiamo certo condividere questa impostazione.

In tema di sanità mi piace ricordare Diego Calcagno della CGIL, su questi temi abbiamo fatto pezzi di strada insieme.

Forte e costante è stato l'impegno sulla scuola con presidi, volantinaggi, interventi di carattere più generale o locale come la vicenda della scuola della Rusca che, anche grazie a noi, non ha chiuso.

Ci siamo mossi anche su progetti di cooperazione penso alla raccolta di materiali per la Palestina assieme a Music for peace o alla raccolta di fondi per la Maison dela Joie in Benin. Magari non tutti lo sanno, ma in Benin sventola la bandiera di Rifondazione Comunista!

Il partito

Saremo brutti, sporchi, cattivi, sognatori, fuori dal tempo, marginali, residuali, ma non mi viene in mente un altro partito che ha fatto tanto, a parità di mezzi, nella nostra provincia e non solo.

Anche perché a queste vanno aggiunte le attività direttamente promosse dal PRC. Penso al Partito Sociale che deve diventare patrimonio di tutti e non solo di alcuni compagni. Spesso si parla del pane, ma quel servizio offre anche ripetizioni popolari, lo scambio di libri, uno sportello legale e perfino un dentista convenzionato. Io penso che il Partito Sociale dovrà trovare la forza per stare in piedi, economicamente e non, da solo.

Penso alla Scuola di Politica che nel 2014 terrà la sua ottava edizione e penso alla Festa di Liberazione che lo scorso anno è stata la Festa nazionale del partito. Una festa che ogni anno migliora da ogni punto di vista, organizza concerti e spettacoli, dibattiti, tesse nuove relazioni. Mi è molto piaciuta la cucina multietnica di quest'anno grazie alla straordinaria presenza delle associazioni di migranti della nostra provincia: Amici del Mediterraneo, USEI e AROIT e delle SMS di Legino e Cantagalletto.

Credo che questo sia uno dei nostri punti di forza: forti delle nostre idee non abbiamo paura della contaminazione e pratichiamo anche a livello locale quel "camminare domandando" tanto caro al Sub Comandante Marcos.

Il tutto reso possibile da una comunità politica che per me è unica. Una comunità che viaggia "in direzione ostinata e contraria". Una comunità che ha purtroppo perso elementi unici come Don Andrea Gallo, Franca Casaccia, Flavio Pace, Mariella Pastorino, Luigi Rosso, Gina Besio Guarena che colgo l'occasione per ricordare, ma che non ha perso la voglia di lottare il manifesto del congresso
la relazione introduttiva di Marco Ravera
la platea dei delegati
l'intervento del Segretario del PD e Sindaco di Cairo Montenotte Fulvio Briano
il saluto del Sindaco di Savona Federico Berruti
l'intervento di Franco Zunino Capogruppo nel Comune di Savona
le conclusioni di Stefano Galieni
foto di Simone Falco
anche per questi straordinari compagni.

Il nostro partito, come tutti gli altri, ha perso adesioni. Ha retto dove Rifondazione è stata attiva, presente nel dibattito pubblico, propositiva, penso al savonese, al vadese. E' franata dove più che occuparsi del territorio ha parlato di "piramidi da rovesciare". Per questo penso si debba giungere ad una riorganizzazione dei circoli e ad un intervento diretto del livello provinciale per provare a ricostruire il partito a ponente.

Un ringraziamento non rituale, infine, va ai compagni e alle compagne che in questi anni hanno condiviso l'onere e l'onore della Segreteria provinciale. Una gestione del partito resa possibile grazie alla precisione teutonica di Piera Barberis, alla capacità propositiva di Valeria Ghiso, alla forza di Gianmaria Pace, alle competenze di Silvio Pirotto, al lavoro spesso silenzioso, ma preziosissimo di Stefano Ressia, per giungere al "factotum" della Federazione che risponde al nome di Marco Sferini.

Senza dimenticare l'attività, fuori dalla segreteria, ma per questo non meno importante, di Jörg Costantino e di Franco Zunino.

Se verrò nuovamente chiamato a guidare Rifondazione Comunista vorrei ripartire con queste compagne e questi compagni.

Abbiamo di fronte una grande responsabilità. Abbiamo, come partito, il compito di declinare una proposta politica provinciale, sulla quale impegnarci nei prossimi mesi e nei prossimi anni.

Rosa Luxemburg sosteneva "socialismo o barbarie". Oggi di socialismo ne vedo davvero poco, un motivo per impegnarci di più.

Marco Ravera
Segretario provinciale Rifondazione Comunista
Savona - 23 Novembre 2013