Per la Rifondazione di un Partito Comunista

Intervista a Raul Mordenti

Raul Mordenti, Docente di Critica letteraria presso l'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", è uno dei massimi conoscitori e studiosi di Antonio Gramsci in Italia. Nella Sala Rossa del Comune di Savona aprì il quinto anno della nostra Scuola di politica nell'incontro dedicato proprio al fondatore del PCI.

Oggi torna, seppur virtualmente, a Savona per rispondere alle domande in vista del IX Congresso del PRC. Mordenti è, infatti, tra i sostenitori del documento "Per la Rifondazione di un Partito Comunista". Ringrazia noi "per questa opportunità che mi avete regalato", ma siano noi a ringraziarlo per il tempo dedicatoci.

Raul MordentiQuello che Rifondazione sta per affrontare è un congresso straordinario. Tu cosa ti aspetti dal IX congresso del PRC? Quali saranno i nodi più importanti da sciogliere? Il risultato è così scontato come sembra?

Il vero tema del IX Congresso è uno solo: è ancora possibile cercare di rifondare un Partito, un Partito Comunista, un Partito Comunista con caratteristiche di massa? Oppure è il momento di dare ragione, con qualche anno di ritardo a chi ripetutamente (da Occhetto a... Vendola) ha affermato che questo progetto è irrealizzabile, e che bisogna solo nuotare nel gorgo (per giunta poco pulito) della socialdemocrazia?

Noi crediamo che (a) rifondare un Partito comunista sia necessario, e (b) crediamo altresì che sia possibile. La prima affermazione (a) non deriva da rimpianti, ma al contrario deriva dall'analisi marxista, cioè scientifica, del capitalismo e della sua crisi, la quale è del tutto irresolvibile all'interno del sistema dato: da ciò deriva la necessità di pensare, progettare, realizzare il superamento del capitalismo la cui spontaneità porta l'umanità alla catastrofe e alla guerra; la seconda affermazione (b) non deriva da sogni, ma semplicemente dal fatto che in tutti i paesi d'Europa (per non dire del mondo!) ci sono Partiti e Movimenti che lavorano – direi con qualche successo – a pensare, progettare, realizzare il superamento del capitalismo, ciò che noi chiamiamo socialismo. Mi permetto di aggiungere che anche la grande storia dei comunisti in Italia conforta l'ipotesi che sia possibile (oltre che necessario) un Partito Comunista di massa.

Se il Partito Comunista è necessario, se il Partito Comunista è possibile e, ancora, se è sotto gli occhi di tutti/e noi che la Rifondazione di un tale Partito è oggi debolissima e in rischio di vita, ne consegue allora logicamente che ci sono dei gravi errori soggettivi, di tutti/e noi ma in particolare del gruppo dirigente che ha gestito il Partito, e che dunque è necessario capire, correggere e superare questi errori. E non c'è più tempo da perdere!

Direi che il Documento n. 3 è tutto in questo ragionamento, che francamente mi sembra dovrebbe essere condiviso da molti, se non da tutti noi.

Ma perché solo il Documento n. 3 persegue lo scopo di difendere rilanciare il PRC ("rifondare Rifondazione"), al contrario degli altri due? È quanto cercherò di argomentare approfittando della gradita occasione di questa intervista (ma chi ha davvero fretta potrebbe passare direttamente alla risposta n. 10).

Al CPN convocato a seguito della sconfitta di Rivoluzione Civile si era parlato di "congresso lungo", di "straordinario congresso". Come giudichi questo percorso?

Direi che è il tema del Congresso ad essere straordinario, non certo le sue modalità di svolgimento, che mi sembra riprongano invece le cose peggiori del nostro recente passato. Noi volevamo (e abbiamo proposto con una massiccia raccolta di firme, oltre che con una mozione nel CPN respinta dalla maggioranza uscente) che il Congresso si svolgesse "per tesi" emendabili dal basso e non "per mozioni" contrapposte. Ciò avrebbe consentito una discussione al tempo stesso unitaria e vera, che era esattamente quello di cui il Partito aveva un disperato bisogno; la possibilità di emendare dal basso e in modo democratico le tesi unitarie, avrebbe consentito poi che diverse opzioni su singoli punti potessero misurarsi in ogni Circolo, verificando il consenso reale fra tutti/e i/le compagni/e, e determinando l'elezione di delegati/e sulla base dei consensi ricevuti. Non solo la maggioranza uscente del Documento n.1, in perfetto accordo con il Documento n.2, ci ha imposto invece un Congresso a mozioni ma ha anche deciso che i voti riportati dagli emendamenti non sarebbero stati neanche conteggiati (un passo indietro perfino rispetto agli ultimi Congressi del PCI!), mentre la scelta nominativa sarebbe stata ancora affidata, come è successo al Congresso di Napoli, al "manuale Cencelli" fra le correnti organizzate.

Per questo siamo stati letteralmente costretti a presentare un Documento alternativo, il Documento n.3, senza però diventare anche noi una corrente (noi proveniamo da storie ed esperienze molto diverse e ci troviamo oggi uniti dalla necessità di salvare il Partito). Voglio sottolineare che anche nella forma di presentazione del Documento n.3 abbiamo tenuta ferma la nostra ferma volontà di non trasformarci anche noi in una corrente: abbiamo infatti fatto ricorso a una possibilità democratica del nostro Statuto che, a mia memoria, non era mai stata utilizzata in Rifondazione, e cioè che 500 iscritti/e (e al 2013, e non più di 150 in una sola Regione) potessero presentare direttamente un documento congressuale senza passare per il CPN. Il tempo a disposizione era poco più di una settimana, e anche la stesura del Documento è dovuta avvenire con la partecipazione di molti/e, per lo più via e-mail. Nessuno credeva possibile che ci riuscissimo: ebbene, ci siamo riusciti/e, e abbiamo raccolto più di 860 firme! Un segno incoraggiante che il Partito è vivo, specie lontano da Via del Policlinico.

Permettimi, anche in segno omaggio alla forte informatizzazione della vostra Federazione, di fornire qui i link ai luoghi in cui il Documento n.3 si può leggere. La versione integrale ed ufficiale: http://www2.rifondazione.it/primapagina/?page_id=7870; e all'indirizzo: http://autoconvocati.altervista.org/?p=220; una versione abbreviata in un opuscolo curato dal gruppo di Roma, che contiene anche delle proposte di modifica dello Statuto: http://autoconvocati.altervista.org; e infine c'è anche un video di illustrazione del Documento n.3: http://www.ustream.tv/record/40008969).

Credo che sia davvero molto importante che i/le compagni/e leggano, e per intero, questi documenti congressuali (non solo il nostro) in modo che nei Circoli si discuta il più possibile di cose serie, ad esempio della rivoluzione e del comunismo, e non solo di sciocchezze, come le opzioni simboliche o le appartenenze correntizie.

In molti settori del Partito forte è la critica al gruppo dirigente. Come ti poni rispetto alle richieste di dimissioni dello stesso? Le condividi?

Permettimi di dire che sono richieste un po' strane, specie quando provengono da compagni/e del tutto interni al gruppo dirigente uscente, per anni e anni del tutto inamovibili, e dunque tali richieste puzzano lontano un miglio di strumentalità. Mi ricordano quei compagni che, come diceva ironicamente Giorgio Amendola, sono specializzati nel fare "le autocritiche... degli altri". Inoltre non ci appartiene in alcun modo, come autoconvocati/e PRC, il personalismo esasperato, spinto talvolta fino a veri e propri odii personali, che invece caratterizza proprio i sostenitori del Documento n.1. Sembrano francamente disprezzarsi, sparlano l'uno dell'altro, la pensano in modo opposto sulle questioni cruciali, e poi però votano lo stesso Documento n.1: riflettiamo su questo. Comunque noi del Documento n.3 a questo livello di scontro personale non partecipiamo e non parteciperemo mai. Per noi comunisti/e tutti i compagni del Partito sono nostri compagni, e compagni preziosi, e questo vale anche (stavo per dire: perfino!) per i nostri dirigenti.

Noi facciamo un ragionamento del tutto diverso: noi partiamo dalla linea politica e diciamo che la linea politica seguìta dal Partito in questi anni va radicalmente corretta, così come va corretto radicalmente il modo di essere del Partito e la sua stessa struttura organizzativa (cito solo, a mo' di esempio, la proposta nostra di riscoprire e sperimentare un'organizzazione per "cellule" o "collettivi" comunisti nei luoghi di lavoro). Il ricambio del gruppo dirigente ne conseguirà coerentemente, ma tale ricambio è un problema che sta dopo (non prima, e meno che mai al posto) del problema di cambiare la linea politica.

Con anni di sconfitte alle spalle il tema del ricambio generazionale è molto sentito, credi che la tua mozione sia in grado di portare un cambiamento di immagine ed un lavoro profondo sulle fondamenta del partito? Il PRC, ad esempio, è pronto per un segretario donna?

La posizione del Documento n.3 su questo tema è molto decisa e molto diversa da quella degli altri due Documenti. Il PRC ha già pagato prezzi altissimi all'idea del segretario padre-padrone-leader-"capo". È una terribile idea, niente affatto comunista, che viene oggi ancor più potenziata dalla mediatizzazione berlusconica della politica, per cui il Partito finisce con identificarsi con il suo "capo"; il Partito ne trae nell'immediato qualche miserabile vantaggio mediatico (appunto...) ma poi paga duramente gli errori di quel "capo", o addirittura (come pure è ripetutamente successo) Raul Mordentiil suo abbandono; per non dire delle conseguenze devastanti che l'idea del "capo" ha per la democrazia interna (un tema, come sai, per noi assolutamente cruciale: noi definiamo la democrazia comunista come la pre-condizione necessaria di ogni processo reale di rifondazione).

No, il Partito comunista è un'altra cosa! Non è e non può essere la proiezione di un "capo", perché esso è anzitutto un collettivo vivente di uomini e di donne, che discute insieme, pensa e lavora insieme, si organizza e lotta insieme, e costruisce in tale modo - anzitutto al suo interno - anche nuovi rapporti di libertà e uguaglianza che debbono prefigurare (ebbene sì!) la società nuova per cui ci battiamo.

La situazione non esaltante dei Gio.Co. (in cui il correntismo e il burocratismo hanno colpito come e forse più che nel resto del Partito) rende attualmente molto difficile - se non mi inganno - il ricambio generazionale nella sua forma fisiologica, cioè la promozione di giovani in posti di gestione del Partito; e tuttavia tale ricambio è del tutto necessario. Ridurre a due il numero dei mandati in uno stesso posto di responsabilità può aiutarci: in fondo i due mandati valgono nella CGIL, e valgono per Obama, forse potrebbero valere anche per i/le comunisti/e: non ti pare?

Ma il superamento della figura del segretario padre-padrone-leader-"capo", e naturalmente maschio, non può più attendere! Noi proponiamo che tale figura, nel nostro Statuto, sia sostituita a tutti i livelli (di federazione, di regione, nazionale) da due portavoce, un compagno e una compagna, che si coordinano fra loro e che svolgono a turno (come i consoli dell'antica Roma: niente di nuovo sotto il sole!) alcune funzioni. Faccio notare che i nostri compagni della Linke tedesca (che non sono certo un gruppo di fricchettoni...) si sono già mossi in questa direzone. Si deve fare, si può fare. Perché non lo facciamo?

Finito il IX Congresso sarà possibile una collaborazione tra le varie anime del partito? Non credi che la cristallizzazione in correnti abbia fatto il proprio tempo? Secondo te è ancora attuale la "rifondazione comunista"?

Su questo tema delle correnti, tu - per dir così - mi inviti a nozze. Io penso non da oggi, e soprattutto dico e scrivo apertamente non da oggi, che questa è stata ed è una vera jattura per il Partito, con cui bisogna farla finita. Forse ricorderai che dopo il Congresso di Napoli tentammo di lanciare anche un appello per la democrazia nel Partito e contro le correnti, ricordo anche un paio di importanti seminari nazionali sul tema, ma non abbiamo avuto nessunissimo ascolto nel gruppo dirigente (anzi: molta ostilità) e non siamo andati molto lontano. A volte penso, con un po' di angoscia, che se ci avessero dato retta allora, forse il Partito non si troverebbe oggi nella situazione gravissima in cui si trova.

Franco Basaglia diceva che non bisogna mai perdere la capacità di indignarsi: ebbene, io credo che ciò che le correnti hanno fatto nel Partito ci dovrebbe indignare tutti/e.

Mi limito a ricordare due cose: in primo luogo, la spartizione fra le correnti, di cui è responsabile il gruppo dirigente uscente, ha limitato in modo intollerabile i "diritti civili" (chiamiamoli così) dei/delle compagni/e senza corrente. Questi/e sono un po' meno uguali degli altri, ad esempio non possono godere dell'elettorato passivo, non possono (quasi) mai essere eletti/e negli organismi nazionali, non possono contribuire a dirigere il Partito. Io trovo che questa sia una vergogna. In secondo luogo, poiché i dirigenti sono scelti dalle correnti in base al famoso "manuale Cencelli", allora il loro "saper fare" non conta assolutamente nulla, né essi possono essere rimossi, o semplicemente "ruotati", in base alle capacità che dimostrano, o (ahimé, più spesso) non dimostrano. Il principio fondamentale per i/le comunisti/e della verifica del lavoro svolto è stato nel PRC semplicemente soppresso. E i risultati si vedono. Non sarebbe gentile fare nomi, ma ciascuno di noi può facilmente citare dei settori di lavoro importantissimi affidati a compagni assolutamente incapaci, o semplicemente inadatti, e questo senza che succeda nulla (anzi, succede una cosa importantissima: che così il Partito si indebolisce e muore). Vuoi una conferma? Nel Documento n.1 (che, come abbiamo visto, è il Documento di tutto intero il gruppo dirigente uscente) non c'è il minimo bilancio del lavoro svolto (o non svolto), magari settore per settore e Dipartimento per Dipartimento, non c'è una sola parola di cosa si è fatto e di come si è fatto, non c'è nessun giudizio, nessuna valutazione e, meno che mai!, nessuna autocritica vera e circostanziata. Credo che in nessun Partito comunista del mondo, anzi in nessun Partito serio, accada questo.

Personalmente ho avuto per un certo periodo il vero privilegio di cercare di mettere in piedi il settore Formazione e Autoformazione politica del Partito, distrutto da anni; e credimi, pur coi miei tanti limiti, ce l'ho messa tutta, benché avessi come budget dal Partito 0 (zero) euro. Ma ho dovuto purtroppo prendere atto che questo lavoro (Dio sa quanto necessario!) era nel PRC semplicemente impossibile, nonostante il grande sostegno e l'entusiasmo che ho incontrato ovunque nella base del Partito e specialmente fra i/le compagni/e più giovani. La causa di questa impossibilità era soprattutto il dominio esercitato dalle correnti nel Partito, che si sommava con il sostanziale disinteresse della Segreteria nazionale (a onor del vero, con l'eccezione del compagno Ferrero). C'erano correnti che, semplicemente, decidevano di non far partecipare i loro compagni alla formazione del Partito, perché la riservavano alla corrente stessa, oppure perché non condividevano i docenti proposti; altre che organizzavano per conto proprio la loro formazione nazionale, con tanto di saluto dei dirigenti nazionali della corrente, senza che io ne venissi nemmeno informato; o ancora: il responsabile nazionale della Formazione (peraltro non presente nel CPN in quanto, appunto, "paria-senza corrente") apprese solo dalle colonne di "Liberazione" di un seminario residenziale internazionale di diversi giorni organizzato dal nostro Partito su Gramsci (mi si disse che non riguardava la Formazione ma...gli Esteri). E un bel giorno mi accorsi che il sito della Formazione che avevamo tanto faticosamente costruito (con una biblioteca di libri marxisti da scaricare gratuitamente, dispense, filmati, lezioni registrate, link e quant'altro) semplicemente...non esisteva più, era sparito dal portale del Partito (e aspetto ancora di sapere che fine abbia fatto quel sito che aveva migliaia di contatti). Potrei continuare, ma non voglio tediare con personalismi.

Dico solo che mi fa un po' ridere, e anzi francamente mi fa molto incazzare, leggere nel Documento n.1 che la Formazione politica del Partito è importantissima, oppure leggere che la selezione dei dirigenti non deve avvenire in base all'appartenenza correntizia ma in base alle capacità dimostrate. Mi permetto di domandare ai compagni del Documento n.1: ma cari compagni, chi ha impedito che queste cose avvenissero, se non voi stessi, che da sempre avevate completamente in mano la gestione del Partito? Come potete credere che qualcuno vi creda quando – come se voi foste nati ieri – proponete di fare le cose che voi stessi non avete fatto e anzi che proprio voi avete attivamente impedito?

Quale è la tua posizione riguardo ai sei emendamenti al primo documento?

Sarebbe elegante dire che la questione non ci riguarda. Non posso però non notare che nel Documento n.1 si ritrova tutta intera, senza eccezione alcuna, tutta la Segreteria uscente (che poi è sostanzialmente quella uscita addirittura dal Congresso di Chianciano!), tutto il gruppo dirigente uscente, tutti i pochi funzionari rimasti, tutta Via del Policlinico. Francamente non è un bello spettacolo. Cosa unisce questi compagni? Basta leggere gli emendamenti, e i nomi di chi li ha sottoscritti per vedere che non li unisce affatto la linea politica. Su una questione cruciale, come quella del nostro posizionamento nei confronti del centrosinistra e del PD, c'è ancora chi dice che, beh, si potrebbe riprovarci ancora, e occhieggia a SEL (che peraltro di questi nostri compagni non ne vuol sentire nemmeno parlare). Su un'altra questione crucialissima, come quella dell'unità dei comunisti, si va da chi propone di unificare domattina il nostro apparato residuo con quello del compagno Diliberto (Grassi & co.), magari per cambiare in tal modo la maggioranza nel PRC, fino a chi afferma invece a chiare lettere che di unità dei comunisti non ne vuole sapere (Forenza & co.). E gli esempi di divergenze strategiche all'interno del Documento n.1 potrebbero moltiplicarsi.

Ma dunque dobbiamo domandarci: se il Documento n.1 non è unificato dalla linea politica, ciò che lo tiene insieme è solo la volontà di continuare come prima, cioè di confermare i gruppi dirigenti uscenti, magari con le stesse proporzioni fra le diverse correnti del "manuale Cencelli" utilizzato in modo ferreo e spudorato al Congresso di Napoli (ricordate? 40, 25, 15, 5: roba da matti). Ora noi pensiamo (e credo che ogni compagno/a di buon senso la pensi come noi) che "continuare come prima", cioè confermare gli stessi gruppi dirigenti uscenti, dopo i disastri che hanno combinato, significhi oggi la fine del PRC, né più né meno. Questo è il punto decisivo. È proprio per questo che ci siamo uniti/e nel Documento n.3, proveniendo anche dalle vecchie correnti del Partito o da nessuna area: per cambiare tutti/e insieme il Partito, perché è del tutto evidente che cambiare il Partito è oggi una condizione assolutamente necessaria per salvarlo.

E soprattutto: non ci si venga a dire (come purtroppo ci tocca sentire in molti Congressi) che bisogna votare Ferrero per sconfiggere Grassi, o, al contrario, che bisogna votare gli emendamenti di Grassi per sconfiggere Ferrero: questo è un ragionamento davvero non degno dell'intelligenza di un/una comunista. Chi vota per il Documento n.1, emendato o no, eleggerà delegati/e al Congresso nazionale che a loro volta eleggeranno nel CPN compagni impegnati a riproporre il gruppo dirigente uscente, litigi interni compresi; cioè chi vota per il Documento n.1, emendato o no, vota per la conservazione dello status quo al vertice del Partito, e questo status quo (secondo noi mortale per il Partito) si fonda non da oggi sulla concordia discors (se avessimo voglia di scherzare, potremmo dire: poco concordia e molto discors...) fra le due principali correnti della maggioranza.

La politica italiana, anche a sinistra, è carente per non dire priva di respiro internazionale, malata di provincialismo. Secondo te da cosa dipende questa "miopia"? Credi si possa costruire una maggiore unità di intenti con le forze europee di sinistra?

Sì, dire comunista deve tornare a voler dire internazionalista. Credo che se noi sapessimo vedere il mondo rotondo come effettivamente è, allora ridimensioneremmo anche la nostra attuale debolezza. Certo, non esiste più un campo socialista, ma c'è qualcosa per certi aspetti ancora più grande: il movimento dei popoli di tutto il mondo per liberare se stessi e liberare l'umanità dal capitalismo. Di questo grande movimento noi comunisti facciamo parte integrante (la socialdemocrazia europea, di cui SEL aspira a far parte, non può dire lo stesso: essi fanno tutt'al più parte del movimento di Blair e del PASOK). La Sinistra Europea è dunque in questa prospettiva una cosa molto importante, che dovremmo valorizzare di più; e ancora più importante sarà se si allargherà ancora, non solo ad altre forze anticapitaliste europee ma anche al di là del Mediterraneo.

La politica non è solo "elezioni", ma Rifondazione come dovrebbe affrontare le prossime scadenze elettorali a partire dalle Elezioni Europee? Esistono ancora i margini per un rapporto con SEL o è ormai da considerarsi indissolubile il suo rapporto col PD? E con gli altri pezzi di sinistra (Ross@, PdCI, gli ex di Sinistra Critica, PCL)?

Sono contento che questa domanda venga solo all'ottavo posto nello schema di ragionamento che ci proponete. Spesso infatti sembra che le elezioni siano il problema dei problemi, e per alcuni forse l'unico problema: per i/le comunisti/e non può essere così! Intendiamoci: noi dobbiamo batterci in ogni modo per entrare nelle istituzioni da comunisti, ma avendo ben chiaro la gerarchia dei problemi: il Partito Comunista è indispensabile, stare nelle istituzioni non è indispensabile. Ci sono state fasi della nostra storia in cui siamo stati esclusi dalla sfera della rappresentanza e oggi, ancora una volta, lo sforzo della borghesia è escludere i comunisti (cioè il confllitto sociale) dalla sfera della rappresentanza: con il maggioritario, con i vergognosi premi di maggioranza, con gli sbarramenti, con il porcellum-bis, con il doppio turno, con il "golpe bianco" (sponsorizzato da Napolitano e condotto in prima persona dal PD) dello stupro dell'art.138 della Costituzione per imporre il presidenzialismo. Non aver impegnato il PRC, con tutte le sue forze, su questo fronte è una della critiche più dure che personalmente faccio al gruppo dirigente uscente (basti dire che siamo stati due anni in una maggioranza di Governo senza porre mai, e come pregiudiziale!, l'abbandono del porcellum e il ritorno alla proporzionale).

Dunque, prima prenderemo atto della realtà e meglio sarà: oggi non esiste uno schieramento "antifascista"Raul Mordenti
nella Sala Rossa del Comune di Savona
(contro Berlusconi con Alfano e Letta? Non scherziamo) a cui i comunisti debbano partecipare. Occorre costruirlo, ma per farlo occorre riconquistare e affermare l'autonoma esistenza del PRC. Il fronte anticapitalista è una cosa del tutto necessaria, ma esso non si può identificare con un nuovo Partito genericamente di sinistra in cui scioglierci (come pensano parti cospicue del Documeno n.1). E su SEL mi farei davvero poche illusioni: lo schieramento strategico (non tattico) di quel Partito è con il PD perché la sua "costituzione materiale" è tutta basata sulla presenza nelle istituzioni e nel potere (o sottopotere) che essa garantisce. È improbabile che il topo esca dal formaggio. Non per caso Vendola guarda oggi perfino a Renzi (l'uomo del "Con Marchionne, senza se e senza ma": ricordate?) e chiede di essere ammesso nell'Internazionale socialdemocratica.

Un tema spesso tabù per il PRC è il tema sindacale. Meglio lottare dentro la CGIL o impegnarsi a fondo per il salto di qualità del sindacato non concertativo?

Se non mi sbaglio, il Documento n.3 è il solo che dedica un'intera tesi al problema (rimando ad essa). Non si tratta di "scegliere" fra CGIL e USB o Cobas, si tratta invece di dotare il PRC di una sua linea sindacale, che i/le comunisti/e portino avanti ovunque si trovino, coordinandosi fra loro, e lottando ovunque si trovino per spostare a sinistra e verso l'unità di classe l'intero movimento sindacale. Il nostro compagno Claudio Gambini ha scritto di recente un libro molto importante sulla politica sindacale del PCdI di Gramsci: anche allora i comunisti avevano di fronte una CGL a direzione socialdemocratica e dei sindacati "di sinistra" anarcosindacalisti. Abbiamo molto da imparare da Gramsci anche a questo proposito.

Per chiudere. Perché un iscritto al IX Congresso di Rifondazione Comunista dovrebbe votare il documento da te sostenuto?

Se qualcuno avrà avuto la pazienza di leggerci fino ad ora, forse gli risulterà un po' più chiaro perché, come abbiamo anticipato all'inizio, solo il Documento n. 3 persegue coerentemente lo scopo di difendere e rilanciare il PRC ("rifondare Rifondazione"), al contrario degli altri due.

Che il Documento n.2 non lavori a salvare e rilanciare il PRC, ma si muova di fatto nella prospettiva della sua liquidazione, risulta abbastanza evidente. Quel Documento n.2 non fa che ripetere, dall'inizio alla fine, che l'esperienza del PRC è già finita, è "liquidata", e che i comunisti (cioè... loro) debbono pensare qualche altro luogo di presenza nella vita politica, magari aspettando lì la inevitabile e prossima "gigantesca esplosione dal basso", che porti anche da noi "il processo rivoluzionario aperto nel mondo arabo". Non è la prima volta che il più settario estremismo teorico conduce poi a pratiche politiche opportunistiche. E di estremismo in quel Documento n. 2 ce n'è davvero in abbondanza: basterebbe ricordare la proposta di procedere senz'altro all'Unione delle Repubbliche Socialiste Europee (io scherzo, ma quei compagni purtroppo no) come alternativa alla nostra proposta "moderata" e "di destra" del recupero di margini di sovranità nazionale e monetaria contro la BCE e la Troika. E non posso non sottolineare la parole francamente intollerabili dedicate alla difesa della Costituzione, definita senz'altro come "di tutte le proposte in campo la più illusoria e fallimentare" (sic!). Io credo che la gloriosa tradizione dei comunisti in Italia (che è la nostra) abbia pensato con Gramsci, e soprattutto abbia praticato nella Resistenza, cose assai diverse da queste sciocchezze.

Si potrebbe notare che per chi teorizza e pratica "l'entrismo" risulta poi abbastanza indifferente praticarlo nel PRC oppure da qualche altra parte: magari – come il Documento n.2 scrive – "in un processo più vasto che prima o poi inevitabilmente si darà", e – aggiungono – SEL "rappresenta oggi un tentativo di questo genere, seppur dai risultati ad oggi modesti": questo è parlar chiaro! Auguri.

Parlano certo meno chiaro i compagni del Documento n.1, ma l'esito della loro proposta è identico: la fine del PRC. Dico questo non solo perché c'è chi, nel Documento n.1, propone ostinatamente di riaprire un discorso di compromesso con il PD e SEL, mentre altri, sempre in quel Documento n.1, sembrano già praticare, in Ross@, il superamento di fatto del nostro Partito. Il primo Documento è di fatto per la fine del PRC semplicemente perché esso propone di confermare la linea ambigua praticata finora e il gruppo dirigente che l'ha gestita. E noi pensiano che la fine del Partito sia proprio che tutto continui come prima, nonostante le smentite della politica e della storia.

Il IX Congresso è invece l'occasione giusta, forse l'ultima, per cambiare e salvare il Partito: coraggio compagni/e non lasciamocela sfuggire!

la redazione del sito
con la collaborazione di Matteo Melis
Savona - 1 Novembre 2013