Ferrania, una telenovela interminabile

Continua l'agonia dei lavoratori

La vicenda Ferrania non finisce mai di stupire, alla stregua di una soap-opera o di una telenovela interminabile, ogni tanto c'è una puntata che fa salire l'audience. Così in questi giorni la notizia dell'abbandono di Gavio e Malacalza, sta tenendo vivo l'interesse dei media sulla vicenda Ferrania.

Chi è stato direttamente coinvolto in questa sciagura, cioè i lavoratori, siano essi dipendenti diretti o legati all'indotto, sa benissimo, che in tutto il corso della vicenda si è assistito a momenti in cui l'atmosfera e la temperatura saliva alternati a momenti di prolungata calma piatta, che sembravano consumarsi secondo una regia ben programmata. Intanto il tempo passava senza alcun cenno di rispetto degli impegni inscritti negli accordi di programma. In questa atmosfera sono passati anni e mesi durante i quali i lavoratori hanno pagato di persona il costo della crisi e di un ipotetico rilancio sempre più lontano. Più volte i lavoratori hanno evidenziato che il vero interesse imprenditoriale poteva essere legato all'acquisizione delle aree. Partita, questa, da cui dipende non solo il progetto del fantomatico laminatoio.

Il fatto dell'abbandono di Gavio e Malacalza può essere letto secondo chiavi di lettura profondamente diverse e relative all'elargizione dei fondi pubblici promessi per il rilancio:

In entrambi i casi i lavoratori sono al margine di queste logiche e sono stati utilizzati come forza di impatto nell'assecondare e sponsorizzare progetti evanescenti e vuoti che non si sono concretizzati in alcuna azione tangibile. In questo senso la vicenda della centrale a biomasse, cha pare peraltro tramontata, è esemplare.

Le dichiarazioni di Messina, unico superstite della cordata che si è aggiudicata Ferrania, secondo il quale, nulla cambia negli impegni precedentemente assunti, necessitano di riflessioni puntuali che coinvolgono anche il modo di fare impresa nel nostro paese e che spesso si allontana dal comune senso dei mortali. Normalmente l'approccio dovrebbe essere: cosa sono capace a fare? Cosa conosco meglio e quindi quali sono i settori nei quali posso competere in modo più penetrante? E qui Messina ammette che il laminatoio e quindi la siderurgia non è il suo core business ma che comunque si andrà avanti ugualmente!

In che modo? Con quali partners? Il disegno sotteso è solo quello dell'acquisizione delle aree che verranno poi cedute ad altri per ospitare il laminatoio? Magari allo stesso Malacalza che su tale impianto aveva preso degli impegni? I contatti con il gruppo cinese sono reali? O anche questa volta ci troviamo di fronte all'ennesima bufala di un progetto vuoto? Esistono impegni riguardo al reintegro degli esuberi Ferrania nel futuribile laminatoio?

Un'altra domanda che sorge spontanea in uno scenario di produzione globalizzata è la seguente: il laminatoio di Ferrania verrebbe a posizionarsi in un'area che dista non più di 60 Km da un impianto analogo, quello di Cornigliano, e a non più di 50 Km dalle acciaierie di Lesegno, impianti di proprietà Riva, colosso del settore siderurgico. Possibile che questo colosso imprenditoriale continui a rimanere estraneo a ciò che sta avvenendo nel business in cui opera e alle opportunità che si descrivono legate al progetto laminatoio?

Come in tutte le telenovele si pensa sempre di essere arrivati alla fine, che questa volta il caso si chiuderà finalmente, con la sua morte o la sua ripresa, e invece no, accade sempre qualcosa che prolunga l'agonia.

Purtroppo l'agonia in questo caso non è virtuale ma reale e legata al reddito e alla condizione di 460 lavoratori diretti e di molti altri legati all'indotto Ferrania, che come la Lacim di Millesimo, sono stati spazzati via o notevolmente danneggiati e ridimensionati da questa tragedia che continua secondo un rituale già visto in altre occasioni di crisi industriale.

Ogni decisione è ancora rimandata di un mese. Lavoratori, aspettiamo settembre. "Settembre, andiamo. È tempo di migrare"!

Commissione Lavoro PRC Savona
Savona - 1 Agosto 2008