Svenduta la Ferrania

Sacrificati contemporaneamente occupazione, ambiente e salute

Mercoledì 13 a Carcare Sindaci, esponenti delle amministrazioni comunali, della Amministrazione Provinciale, della Regione Liguria, delle associazioni ambientaliste hanno detto la loro sugli ultimi esiti della vicenda Ferrania. Dai resoconti giornalistici parrebbe, che tutti i convenuti si siano espressi concordemente, contro gli accordi sindacali e il protocollo di intesa. Crediamo, dato che eravamo presenti, di avere visto un'altra storia.

Questo fatto è marginale, la realtà vera è a nostro avviso che: o si apre un forte confronto/scontro con la nuova proprietà della Ferrania, sostenuto dal maggior numero di cittadini della valle, oppure lavoratori e cittadini della valle sono buggerati.

Esaminiamo il contenuto dell'accordo sindacale, e del piano industriale presentato dalla Fitra (la nuova proprietaria della azienda cairese): da dieci anni a questa parte tutti gli accordi stipulati tra le varie proprietà e le OO.SS. prevedono, condizioni di rilancio della azienda (mai avvenute) e tagli di personale dipendente (sempre avvenuti) e, questo ultimo accordo, a nostro avviso è il peggiore mai stipulato. L'accordo o protocollo di intesa sottoscritto dal Ministero delle Attività Produttive, dalla Amministrazione provinciale, dalla Amministrazione Regionale, dal Sindaco di Cairo, dalla Fitra, dalle OO.SS; con il beneplacito dei comuni dalle Valle Bormida (con alcune eccezioni) oltre a prevedere contributi a piene mani alla proprietà, lascia, a nostro avviso, i lavoratori soli ad affrontare le decisioni della proprietà. E da il via libera ad un piano industriale, che a noi, dati alla mano, e visti i precedenti, pare: il più bel libro di favole mai scritto.

Come hanno sottolineato i promotori del convegno di mercoledì 13, la promessa di lasciar costruire centrali termoelettriche, centrali a biomasse (inceneritore), il potenziamento dell'area chimica (con il depuratore c/terzi) può produrre, un sicuro e certo disastro ambientale in un territorio già compromesso dalla fuggitiva grande industria. Gli esempi eclatanti di disastri ambientali non mancano: ACNA, ex Agrimont e da ultimo e non meno grave la vicenda Comilog. E per citarne uno esemplare, per quanto attiene ai disastri ambientali, e al sacrificio dei lavoratori, e alle promesse mancate, citiamo il caso Stoppani (Genova) dove l'impresa specializzata, incaricata della bonifica ha denunciato condizioni di inquinamento insopportabili.

Ora siamo all'inizio a nostro avviso di un nuovo e maggiore disastro, sia sul versante della occupazione e della sua qualità, sia sul versante dello scempio territoriale. Innanzitutto a noi preoccupa il reiterato ricatto occupazionale, realizzato qui a Ferrania come negli esempi precedentemente citati. I lavoratori sono in balia di un padronato che con questo ricatto ha sempre avuto mano libera per le operazioni speculative più spericolate. Le amministrazioni locali poco possono fare (e qualcuna non vuole fare) vuoi per mancanza di mezzi, vuoi per una serie di provvedimenti del Map (Ministero delle attività produttive) che le tagliano fuori, vuoi anche per la rassegnazione e la indifferenza di molti cittadini. Cittadini che si adattano a qualsiasi evento, con la rassegnazione tipica del: "tanto fanno sempre quello che vogliono" e di conseguenza, rinunciano a schierarsi concretamente in difesa e della occupazione e dell'ambiente in cui vivono. E, in buona sostanza, sono i primi a lasciar fare, senza rendersi conto che sono passati quei tempi, quando, la perdita di unità di occupati nell'industria poteva venire riassorbita da altri settori economici e la concorrenza sul mercato del lavoro non era così preoccupante. E con la stessa indifferenza accettano ogni insediamento, anche il più pericoloso; anche quando i dati dell'inquinamento vengono drammaticamente alla ribalta, come nel caso Comilog e Stoppani.

E c'è ancora, a nostro avviso, una miope visione della classe dirigente che è ancora ancorata ad un passato industriale di un certo tipo, che non può più ritornare, a meno di investire sulle bonifiche del territorio, sul potenziamento delle strutture e infrastrutture del trasporto. Una classe dirigente che non sa vedere la possibilità reale di un cambiamento di rotta, utilizzando un patrimonio che proprio l'insediamento industriale del passato, ha ignorato e che potrebbe oggi produrre occupazione e benessere. Una classe dirigente, compromessa con i cosiddetti poteri forti, più preoccupata di mantenere posizioni privilegiate, abbarbicata alle poltrone, più capace di promettere, di blandire, di fornire false speranze, che di svolgere il proprio ruolo, quale amministratrice del patrimonio pubblico e di fronteggiare e ostacolare adeguatamente i danni, che manovre industriali spericolate, procurano.

Noi diciamo che non si tratta di ricostruire uno scenario agro-pastorale. Non si tratta di ripristinare una monocultura industriale (come del resto c'è stata per il passato). Si tratta di utilizzare l'esistente per costruire un mix di industria, sevizi, logistica, che usi il territorio senza devastarlo, che crei una occupazione stabile, e con essa un valore aggiunto forte, evitando di cedere il territorio di questa valle a imprese impossibili a promesse fallaci, come il rilancio delle produzioni ormai obsolete, di prodotti maturi, di aziende marginali, che non hanno mercato o a insediare aziende che per il territorio nulla producono.

A nostro avviso occorre investire, per rendere il territorio appetibile per nuove imprese, nella bonifica puntuale dei siti inquinati, potenziare infrastrutture e servizi, ma occorre anche porre frontiere invalicabili a quegli imprenditori che con l'arma del ricatto occupazionale vogliono mano libera e sempre con quell'arma spostano a carico della pubblica amministrazione i costi industriali che non vogliono o non sono in grado di sostenere, a meno di sacrificare i loro pingui utili.

Per fare passare questa idea e difendere l'occupazione sana, non ricattabile, per crescere occorre far passare questa rivendicazione tra la gente e purtroppo a nostro avviso non è facile. Noi siamo pronti a difendere queste idee a contrastare con forza ogni tentativo di privarci del lavoro della salute. Ripetiamo che come sempre denunciamo e denunceremo alla opinione pubblica tutti quegli imprenditori (che come abbiamo detto sopra), fanno impresa chiedendo mano libera, criticando ogni intervento istituzionale, ma sempre pronti a chiedere soldi e garanzie alle istituzioni quando le loro cose vanno male. E guarda caso nella vicenda Ferrania cogliamo questa metodologia, che premia quelli che mal dirigendo l'azienda, ieri, oggi sono quelli (sempre gli stessi), che ancora restano alla testa di questa impresa. Questa impresa, che negli ultimi 10 anni, da azienda leader nel settore è stata portata al commissariamento giudiziale, facendo pagare i costi di questa gestione fallimentare ai lavoratori, ai cittadini. Oggi è in mano ad un padronato, che promettendo quasi nulla e pagando ancor meno, si è accaparrato una quota di territorio sul quale, ottenuto con il ricatto occupazionale, il massiccio intervento delle istituzioni, locali, provinciali regionali e coperta e sostenuta da un governo irresponsabile e incapace, costruirà una remunerativa speculazione infischiandosene delle persone e dell'ambiente.

Complimenti a tutti coloro che hanno ceduto la Ferrania, per il classico piatto di lenticchie. Noi stiamo con quelli che tenteranno di opporsi a questo ennesimo tentativo di sfruttamento del nostro territorio e della nostra gente, anche se soffriremo, come spesso è accaduto di solitudine.

Giorgio Magni
Consigliere Comunale L'altra Cairo
Cairo Montenotte - 14 Luglio 2005