Il destino della antica fabbrica valbormidese è segnato

Uno scenario devastante per occupazione ed economia

Il 22 Giugno i lavoratori della Ferrania compiranno l'ennesimo pellegrinaggio per chiedere al Governo un sostanziale intervento per la garanzia del mantenimento del posto di lavoro. Riceveranno l'ennesima promessa non mantenuta. Ed ancora, nonostante le assicurazioni le promesse, i pronunciamenti, le tiepide manifestazioni di protesta, il più delle volte sorte spontaneamente e sostenute purtroppo da pochi ma responsabili lavoratori, il destino della antica fabbrica valbormidese è segnato.

I mali della Ferrania non nascono oggi. Da dieci anni a questa parte la riduzione degli occupati è stata una costante nella storia della fabbrica, cosi come è stato costante lo smembramento del tessuto industriale della valle Bormida. La cessione della Fabbrica al gruppo genovese: Gambardella, Malacalza, Messina e Gavio, dopo un anno di Prodi bis (che non ha risolto, ma ha evidenziato la impossibilità reale di un rilancio della produttività della Ferrania) apre oggi a nostro avviso uno scenario devastante, sia per l'occupazione, sia per l'economia della valle, viste le linee di intervento del piano industriale proposto dalla nuova proprietà.

In questo scenario prefigurato dalla cordata genovese, in primo piano l'ennesima riduzione degli occupati, 250 esuberi e la ventilata (ma noi riteniamo certa) messa in mobilità degli altri 450 lavoratori che verranno riassunti e "spalmati" su una serie di piccole imprese che si occuperanno (alle condizioni più precarie) delle produzioni che i nuovi proprietari decideranno insindacabilmente di mantenere in attività, a condizione che vengano concessi, attraverso una serie di interventi di ammortizzatori sociali, cospicui finanziamenti. Nel piano industriale infatti non sono evidenziati né quantificati gli interventi finanziari del gruppo, salvo l'offerta, prevista dal bando di cessione, come corrispettivo dell'acquisto.

Ormai il dado è tratto e le cose andranno avanti secondo la solita logica del ricatto occupazionale. Vedremo perpetuarsi le conseguenze di accordi che abbiamo già visto in occasione delle chiusure della Montedison Agrimont, dell'ACNA e delle altre aziende morte in Valbormida (Elettro siderurgica, Rolam, ILSA, ecc...) nei quali accordi, sono stati costantemente penalizzati i lavoratori e l'economia della valle, con i soliti noti che si sono riempiti le tasche.

Dobbiamo dire ancora che oltre al massacro dei lavoratori ormai deciso, nella azienda del vecchio borgo cairese esiste anche, la non remota eventualità, della realizzazione di due "bombe" ecologiche che paiono non spaventare i cittadini della zona: la centrale termoelettrica alimentata probabilmente a carbone o a cdr (si tratterebbe di realizzare un inceneritore di rifiuti) e l'attivazione, attraverso il depuratore della fabbrica, del trattamento per conto terzi di rifiuti pericolosi. E su questa ultima eventualità che non richiederebbe particolari investimenti, ed è certamente la più probabile, noi puntiamo il dito e invitiamo i cittadini della valle ed alle istituzioni ad elevare una fortissima protesta.

La protesta e la battaglia più importante, è rappresentata dal mantenimento ad ogni costo della occupazione, che tutti dai cittadini ai rappresentanti delle istituzioni passando per organizzazioni sindacali, debbono a nostro avviso combattere fino in fondo senza cedere alla concertazione e alla mediazione. Occorre dire tuttavia la verità più completa sulle vere possibilità del mantenimento del tasso occupazionale verificando le reali possibilità esistenti senza fughe avventuristiche.

Troppe volte su questa vicenda abbiamo sentito dire dai soliti bene informati che le possibilità di ripresa dalla fabbrica esistevano e andavano perseguite, con certe possibilità di recupero e di resa economica, per poi vederle smentite dai fatti e dalle relazioni dei commissari giudiziali. Fino ad oggi si è voluto mantenere una specie di tregua sociale, e il risultato è sotto gli occhi di tutti.

La rabbia dei lavoratori, blanditi con le promesse, immersi nel brodo della speranza, oggi di fronte al deteriorarsi della situazione, può essere ancora più deleteria di qualsiasi accordo palliativo. Cosa ancora più grave che in questo anno e mezzo di gestione commissariale non vi è stato un reale interesse della popolazione. E per di più le diatribe, sottaciute e minimizzate, tra le tre organizzazioni sindacali hanno a mio avviso indebolito l'azione dei lavoratori, che hanno avuto il torto di credere a tutte le fantasiose teorie che mettevano in primo piano la rinascita di un sito produttivo che aveva perso, anche grazie alla miopia dei suoi dirigenti, ogni possibilità di competitività in un settore dove il livello tecnologico ha fatto passi giganteschi, lasciando al palo la vecchia e obsoleta azienda valbormidese.

Detta questa lapalissiana verità, resta il fatto che i lavoratori della Ferrania restano comunque non dei numeri, e non si possono misurare come tali, ma delle persone con i loro carichi familiari, finanziari e umani. Sono anche forza lavoro concorrente con ogni altro lavoratore della valle e considerata la rapacità di molti imprenditori, diverranno, se non tutelati adeguatamente, un altro pericolo per la stabilità.

A nostro avviso deve essere messa in atto ogni tipo di pressione affinché non si ripetano i risvolti negativi che altri accordi hanno realizzato penalizzando i lavoratori l'economia della valle e degradando sempre più il territorio. Noi siamo convinti oggi, come lo siamo stati per il passato prevedendo purtroppo la conclusione della vicenda Ferraia così come oggi è in itinere, che senza un intervento di massa unitario della gente, delle istituzioni, delle OO.SS ponendo forti limiti alla iniziativa speculativa dei privati, creeremmo una situazione esplosiva in tutti i sensi.

Rivolgiamo quindi un invito, che già in passato abbiamo lanciato, per una seria unità di intenti di tutti per la difesa del patrimonio della nostra valle, della reale occupazione e della salubrità dei cittadini. E vorremmo veramente vedere scendere in campo, senza se e senza ma, tutti i valbormidesi e tutti gli abitanti della provincia di Savona. Il nostro timore è che questa vicenda passi invece nella indifferenza di molti, troppi cittadini, che pensano che come per gli anni passati, esista la possibilità di dare lavoro sicuro e retribuito giustamente, a tutti gli esuberi. Questa convinzione che per il passato è stata comunque una certezza, oggi è pura utopia.

Giorgio Magni
Consigliere Comunale L'altra Cairo
Cairo Montenotte - 18 Giugno 2005