Siamo alla frutta

Si parla troppo poco della gravità del caso Ferrania

Questa mattina 22 Dicembre 2004 si è svolto l'ennesimo tavolo di confronto sulla vicenda dello stabilimento Ferrania lodevolmente convocato dalla Amministrazione Provinciale. Erano presenti Il Commissario straordinario Dott La Manna, il capo del Personale, le organizzazioni sindacali, la RSU, lo stabilimento della Ferraniai capigruppo del Consiglio Provinciale, Sindaci della Valle Bormida, il Presidente della Comunità Montana, alcuni lavoratori dell'azienda. Brillavano per la loro assenza l'Assessore Gatti della Regione Liguria e i parlamentari liguri.

Aperto il consulto con l'introduzione del Vice Presidente della Amministrazione Provinciale ognuno dei presenti, dopo la relazione di uno dei medici curanti, pardon, del commissario straordinario ha detto la sua, palesando timori richiedendo l'impegno del Governo, lamentando l'assenza della Regione e sostenendo come sempre, che questo malato terminale venga salvato.

C'ero anch'io, Consigliere di minoranza del Comune di Cairo Montenotte. Ci sarei andato anche come privato cittadino, perché volevo capire a cosa servisse questo ennesimo incontro alla vigilia del Natale 2004, malignamente pensavo ad una riunione per gli auguri di rito.

Voglio essere molto chiaro. Credo che al di là di un pizzico di necessaria diffusione di immagine dei presenti, ci sia una reale preoccupazione per il destino della vecchia e prestigiosa - un tempo - azienda valbormidese, ex multinazionale, ma si voglia sottacere la gravità della situazione. Si invoca l'intervento del Governo, di questo Governo, normalmente inadempiente o addirittura nemico dei lavoratori, avverso ad ogni provvedimento di equità sociale. Si continua a sostenere che è ancora possibile un intervento salvifico di qualche imprenditore, parente di Babbo Natale o della Befana.

Seguendo il compito che è stato loro assegnato i commissari straordinari stanno eseguendo, direi con sufficiente diligenza il loro lavoro. A me pare tuttavia, e lo dico con dolore e rabbia, che si osservi la questione molto dall'alto e soprattutto si pensi che vi possa essere per Ferrania un futuro praticabile e pur con molti sacrifici (per i lavoratori soprattutto), sostenibile. Sarò probabilmente l'unico, ma fino dal principio della vicenda che ha portato l'azienda a richiedere l'amministrazione controllata, l'accesso alla Prodi bis, mi sono convinto che il futuro della Ferrania nella condizioni la protesta dei lavoratori della Ferraniasocio-economiche e politiche non c'era. Non ho il complesso di Cassandra, ma stante la situazione economica, l'evoluzione tecnologica del settore nel quale l'azienda valbormidese opera, considerando i vari fattori che hanno portato alla crisi economica della Ferrania io credo che per il complesso industriale, per i lavoratori siamo alla fine della storia.

Il dottor La Manna nella sua relazione di questa mattina ha detto che l'azienda perdeva 50.000.000.000 di vecchie lire l'anno, oggi ne perde con la cura che l'amministrazione controllata ha messo in atto (cassa integrazione e quanto altro) 20.000.000.000 di vecchie lire. L'intento della attuale amministrazione è, vendere il complesso industriale e il patrimonio immobiliare di proprietà dell'azienda, per - dicono - mettere in condizioni il complesso di riprendere l'attività e salvaguardare l'occupazione.

Sotto sotto tutti sanno che sarà un futuro di lacrime. Nessuno lo dice esplicitamente. Fino ad oggi tutti, tra promesse e pannicelli caldi, hanno detto che Ferrania ce la può fare. Oggi dopo un anno dall'esplosione della crisi (novembre 2003) si comincia a vedere che così forse non sarà. Dicevo che fin dal primo momento la mia personale convinzione era, e ancor oggi rimane, che non esistono le condizioni per mantenere in piedi la Fabbrica e garantire i livelli occupazionali attuali. Non sono un economista, non sono un profeta ma uno che fatica a raggiungere la fine del mese facendo quadrare il mio magro bilancio familiare, i conti tuttavia nel caso di Ferrania non mi tornano.

Mi sorge spontanea una serie di domande. Per rimettere in sesto un complesso della dimensione della Ferrania, quanto occorre investire? Per convertire la produzione o innovarla quali progetti esistono, quali tecnologie possono essere messe in campo per restare su un mercato nel quale le altre aziende (multinazionali come Kodak, Agfa, Fuji, Sony) pur avendo problemi non sono nelle condizioni di Ferrania? Per conquistare quote di mercato remunerative con i prodotti attualmente fabbricati dall'azienda, quanto tempo è necessario? Quanto è appetibile Ferrania nelle attuali condizioni per gruppi industriali, che siano interessati a sviluppare un progetto industriale che mantenga l'integrità della azienda un assetto occupazionale compatibile con il progetto?

Io credo che certamente queste sono domande retoriche, alle quali l'unica risposta è che, pur essendo la speranza l'ultima a morire, e pur essendo lodevole mettere in atto tutti i tentativi possibili, non esistono realisticamente le condizioni per raggiungere quegli obiettivi che prioritariamente le organizzazioni sindacali chiedono siano rispettati e ai quali, a mio avviso, solo il Governo potrebbe attendere, lo stabilimento della Ferrania
la protesta dei lavoratori della Ferrania
foto di Franscesco Deriu
se non fosse quello che è e se la sua filosofia non fosse quella liberista.

Qualcuno ha detto fin dall'inizio che l'unico modo di salvare l'azienda Ferrania e con essa l'occupazione, era l'esproprio e la gestione diretta, protezionistica, nazionalizzante, dando ai lavoratori il controllo gestionale. Per ovvii motivi io sono d'accordo. Temo tuttavia che nonostante le promesse questo Governo continuerà ad essere insolvente, per i crediti promessi, ma credo anche che sul problema della azienda valbormidese l'interesse generale, quello della gente, della popolazione della valle, nonostante tutte le superficiali attestazioni di cordoglio per la sorte dei lavoratori, la perdita di posti di lavoro, lo smembramento e la distruzione della Ferrania non scalfisca più di tanto l'attenzione di chi dovrebbe avere a cuore queste situazioni rovinose.

Per cambiare le cose serviva e serve anche la protesta, l'azione di forza che pare non sia nella corde della nostra gente. Siamo quindi di fronte a una nuova grande crisi occupazionale, come quelle che abbiamo già visto, e non vorrei, ma credo che avremo anche qui in aggiunta alle aree ex ACNA, ex Agrimont, anche le aree ex Ferrania. Non voglio entrare nel merito delle responsabilità di questa nuova debacle, ma qualcuno dovrà risponderne.

Giorgio Magni
Consigliere Comunale L'altra Cairo
Segretario Circolo Bella Ciao del PRC
Cairo Montenotte - 22 Dicembre 2004