Un intervento dello Stato per risanare la Ferrania

La via più sicura per salvare la fabbrica e i lavoratori

Oggi in ogni luogo pubblico e anche in privato crediamo che l'argomento più discusso in provincia di Savona ed in Valle Bormida in particolare sia: la situazione della Ferrania. Il destino della famosa fabbrica di materiale fotosensibile (una delle 5 esistenti al mondo), nata nel 1917, pare preoccupare tutti. Il problema dei problemi è, tuttavia, il fatto che nessuno pare capire quale sia la soluzione più adatta per salvare la fabbrica, o per meglio dire nessuno, in concreto, propone la via più sicura. L'ultima trovata in ordine di tempo è la proposta dell'Assessore ai servizi sociali del Comune di Cairo, Enrico Caviglia. In buona sostanza dice l'Assessore: «I lavoratori dovrebbero lavorare gratis un giorno al mese in modo da poter comprare con i loro soldi le materie prime per consentire alla Ferrania Imaging Technologies di continuare a produrre». Il mondo alla rovescia insomma.

Se la situazione per i lavoratori della fabbrica e dell'indotto non fosse tragica ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate. E che la situazione, man mano passano i giorni, si riveli per i lavoratori terrificante, lo si nota proprio parlando con loro. Oggi anche i più ottimisti sanno che il loro futuro è segnato. Gli ultimi avvenimenti, pur evidenziando la voglia di alcuni di loro di combattere per salvare il posto di lavoro, dimostrano che non solo i tempi che l'Amministratore giudiziale dott. Rosina, deve necessariamente impiegare per un tentativo di salvataggio, stanno aggravando la situazione. E nonostante le promesse e la solidarietà espressa da ogni parte (in molti casi motivata da ricerca del consenso per le prossime elezioni) è più epidermica che concreta. I lavoratori capiscono che sono in balia di eventi che la situazione di libero mercato, e gli appetiti nascosti dei soliti profittatori non lasciano loro, scampo alcuno.

In aggiunta a tutto questo, esiste ed è bene significarlo, una certa mancanza di unità e di partecipazione da parte dei lavoratori medesimi e delle stesse organizzazioni sindacali ad una lotta forte, per ottenere quanto era stato loro promesso: le materie prime per continuare la produzione, l'interessamento urgente del governo che paiono al di là da venire. Tavoli di concertazione, promesse di intervento, lasciano che la situazione precipiti sempre più rapidamente. Molti reparti sono fermi, altri lavorano a "scartamento ridotto" altri sono vuoti.

È inutile dire o dirci che noi da anni stiamo sostenendo e invocando trasparenza, ben sapendo che non vi erano sbocchi positivi per la Ferrania dopo la cessione dei brevetti del medicale dalla Imation alla Kodak è inutile piangere sul latte versato. Oggi gli errori e la presunzione del management aziendale li stanno pagando proprio loro i lavoratori. Pure loro per primi sanno che l'unica ancora di salvezza sarebbe un intervento rapido, ed anche fuori dalle cosiddette regole. I dipendenti Ferrania sanno meglio di tutti, anche dei loro dirigenti, che l'unico modo per risanare, immediatamente la situazione, sarebbe un intervento dello stato e delle sue strutture sanitarie, probabili clienti dell'azienda italiana.

L'immagine che ci viene alla mente per descrivere in breve la situazione della fabbrica più importante della provincia e quella dell'affondamento del Titanic. Una fabbrica che molti credevano inaffondabile, un monumento all'ingegnio, alla professionalità, alla tecnologia sta andando alla deriva mortalmente ferita e i cosiddetti capitani di industria, che fino ad ieri raccontavano, mentendo, dall'alto della loro presunta infallibilità, che la fabbrica funzionava, ancor oggi tentano di giocare sulla pelle dei lavoratori una partita a loro uso, consumo e tornaconto. Arduo compito per l'Amministratore giudiziale, del quale conosciamo solo il nome, ma che riteniamo, fino a prova contraria uomo capace, capire nel ginepraio di informazioni quale sia lo sbocco possibile per salvare l'occupazione e l'azienda.

Noi immaginiamo purtroppo che non vi sia scampo, non vorremmo essere le "Cassandre" di turno, ma siamo convinti che se non si adottano, come accennavamo sopra, misure protezionistiche del prodotto fotosensibile medicale, prodotto dalla azienda Ferrania (così come fanno gli altri stati per Kodak, Fuji, Konica e Agfa) resta soltanto una soluzione terribile: lo spezzettamento della azienda. E tanto per non essere tacciati di pressappochismo, analizziamo freddamente le cose: il laboratorio chimico, la centrale termoelettrica a metano (naturalmente potenziata), forse il settore del radiografico digitale (posto che sia in grado di competere sui mercati) e il vastissimo patrimonio immobiliare (che a nostro avviso è gia nel mirino di qualcuno) sono le uniche risorse spendibili (vendibili) per evitare un disastro ancor più grave che l'amministrazione giudiziale controllata.

la protesta dei lavoratori della Ferrania
nella manifestazione di Genova
foto di Francesco Deriu
In questo terrificante scenario, quanti dipendenti rinmarrebero in queste attività? 200 o 300. E gli altri? Quali alternative, quali strumenti si possono adottare per evitare questo massacro dei lavoratori? Che Fare? Noi lo abbiamo detto subito e lo abbiamo ripetuto inascoltati. Lo vogliamo ripetere, anche se ci tacceranno, come hanno già fatto in passato e lo diciamo a mo' di elenco:

Ci si dirà che è pura utopia, che occorrerebbe una forte unità di intenti (è assolutamente vero), ma o si fa così o non c'è alcuna soluzione diversa dallo spezzettamento e dall'allontanamento della grande massa dei lavoratori. E quel che è più grave in tutta questa incredibile situazione è che qualcuno sa che sarà questa la fine di Ferrania e sta, sottobanco, lavorando per garantire una ciambella di salvataggio ai pochi appartenenti al proprio clan.

Giorgio Magni
Cairo Montenotte - 3 Marzo 2004