La questione portuale nel savonese: una storia senza eguali

Al via una gigantesca operazione che trasformerà irrimediabilmente il nostro tratto costiero

Il PRP ha visto la sua nascita sotto auspici grevi. La lenta ma inesorabile dismissione mercantile nel bacino savonese corrisponde ad un appesantimento importante in quello vadese, corredato da vere e proprie enormi colate di cemento.

La volontà di creare ex-novo un porticciolo turistico nell'ambito della Madonnettalo scoglio della Madonetta, vera e propria operazione di soffocamento di un'area che potrebbe essere valorizzata senza diventare il tappo dell'ingresso al Porto, è un esempio lampante di bieco e cieco sfruttamento del territorio, anche a dispetto del Piano di Bacino. A questo si accompagna l'operazione Bofill che costituirà una mostro senza ricadute positive sulla Città, ma anzi una ulteriore pesantezza senza soluzione di continuità. Tralasciando la discutibile utilità residenziale in una città che vede scemare la sua popolazione, rimangono infatti inalterati i problemi di accesso al porto, che vengono sovraccaricati dal traffico della Costa Crociere (ma paga un canone all'autorità portuale?), al punto che si pensa ad un area extra-portuale per risolvere le problematiche assolutamente prevedibili che un polo di attrazione non può non causare.

Si aggiunge la gravissima ipotesi di un terzo accosto a favore sempre della potentissima Costa, che sradicherebbe le attività di cantieristica che oggi occupano quel tratto di banchina e che forniscono un centinaio di posti di lavoro reali. E questo sostanzialmente con risorse e finanziamenti pressoché totalmente pubblici (allungamento della banchina e gran parte della realizzazione della Stazione Marittima). Senza alcuna politica del traffico, di cui i savonesi sono costretti a verificarne l'incongruenza di scala ogni qualvolta si affaccia la Costa.

A Savona sono previste oltre alle funzioni urbane della vecchia darsena (Bofill), il riempimento all'esterno della diga foranea in corrispondenza della Darsena Nuova per la viabilità dei mezzi pesanti, per i quali per altro non sembra prevedibile una soluzione efficace di attraversamento della Città.

A Vado la situazione sta diventando ancora più drammatica: ecco prendere forma il terminal multipurpose con accosti petroliferi e rinfuse senza un raccordo ferroviario, con la previsione dello spostamento del torrente Segno (!). Senza contare lo spostamento a mare della diga foranea per consentire l'accosto alla "piattaforma" di 20 ha e il previsto peggioramento della qualità delle acque in vicinanza di Porto Vado a causa del critico ricambio e circolazione dell'acqua all'intorno del terminal multiporopose. E poi c'è la vera e propria colata di cemento di ideazione Orsero rappresentata dal centro talassoterapico, che prevede un totale di circa 100.000 mc.

Inoltre, non banalmente, c'è qualche considerazione da fare sugli effetti che tali opere avranno a riguardo dei tratti costieri e di spiaggia oggi presenti sia a Savona, che Albissola e Bergeggi, di cui si occupa con attenzione la Regione, visto che le spiagge rappresentano una caratteristica peculiare di valenza turistica ma anche ricreativa ad uso locale. Insomma una gigantesca operazione di trasformazione del tratto costiero, senza alcuna garanzia in termini ambientali, occupazionali e di ricaduta positiva sulle collettività.

Per adesso siamo in attesa della pubblicazione del decreto da parte del Ministero dell'Ambiente, in considerazione del fatto che la Regione ha già predisposto le proprie osservazioni e prescrizioni, e da notizie giornalistiche apprendiamo che la Commissione di valutazione di impatto ambientale ha trasmesso la propria decisione al Ministro dell'Ambiente, il porto di Savonaperché la traduca, d'intesa con il ministero dei Beni culturali, nel "decreto di compatibilità ambientale".

Restano quindi da leggere con attenzione le prescrizioni regionali e nazionali (ricordiamoci che non esiste per la commissione di VIA l'opzione zero), mentre non resta che investire in termini squisitamente politici negli accordi di programma. E non è questione banale, in considerazione che oggi a Savona viviamo, come PRC, una diversa collocazione politica nelle città di Vado e Savona e per adesso ancora in Regione, rispetto alla Provincia.

Ma vediamo più da vicino alcuni aspetti tecnici di rilevanza straordinaria, che occorre tenere a mente, se vogliamo parlare in maniera sufficientemente adeguata di PRP. Le norme che regolano gli interventi nelle aree portuali sono:

L'elencazione delle opere previste dalla legge fondamentale pare tassativa e ricomprende:

In senso stretto sono stati esclusi dall'elenco delle opere marittime, ad esempio, gli uffici doganali, non essendo stato considerato congruente con il servizio portuale l'essenza ed il fine di detti uffici. In proposito si rileva che la qualificazione di opera portuale non si sottrae all'apprezzamento del giudice in ordine all'effettiva natura dell'opera stessa (cfr. Trib. GE 10-10-1955).

Rientrano tra le opere portuali anche arredamenti portuali, magazzini ecc. ancorché realizzati a cura e spese dei concessionari il cui privato interesse è subordinato all'uso delle opere in concessione nonché al perseguimento delle finalità di carattere pubblico che fanno capo all'Ente concedente. La realizzazione di opere portuali di grande infrastrutturazione deve essere approvata dal Consiglio Superiore dei LL.PP. e conseguentemente può fruire di contributi statali. Ogni intervento ed opera pubblica in ambito portuale è regolato dalla legge 109/94, meglio conosciuta come Legge Merloni e sue modifiche.

Preliminarmente occorre osservare che la gerarchia degli strumenti programmatori dovrebbe vedere il PRP seguire e non precedere il PRG/PUC o, peggio ancora il PTC, come avvenuto per il Comune e la Provincia di Savona. Infatti per quanto riguarda Albissola Marina il pur sciagurato il porto di Vado Ligure(prevedeva addirittura il trasferimento di cubature dalla terraferma al mare C3-DT3) PUC della giunta Ferrari ha preceduto e non seguito il PRP, mentre mi pare di ricordare un nodo tuttora irrisolto in quel di Vado che riguarda il trasferimento del carbone (gruppo Barone a Savona), e detto trasferimento era stato posto come condizione al voto favorevole di Vado Ligure al PRP.

Nella realtà Savonese (intesa in senso lato) il PRP si occupa anche di aree esterne ai bacini portuali e prevede opere, edificazioni o destinazioni d'uso di aree demaniali non pertinenti la programmazione delle singole opere di stretta attinenza portuale (ad esempio, porto turistico Margonara - talassoterapia - viabilità portuale verso Vado e verso Albisola - porto turistico alla foce del torrente Segno, teatro sotto il Priamar ecc...).

È di tutta evidenza la contiguità e la connessione della pianificazione territoriale, comunale e sovracomunale, ed i risvolti di viabilità con la programmazione e la realizzazione delle opere portuali. Ma nel caso Savonese si è scelto di affidare la guida delle scelte programmatorie urbanistiche generali allo strumento che invece avrebbe dovuto raccordare il pur importante "particolare" del porto con la Città ed i Comuni limitrofi. Piegando in concreto le scelte generali a quelle, per giunta debordanti, del piano "master plan Bofill". Giusto per fare un esempio, il nodo della viabilità cittadina (corso Mazzini) che riceve il carico del traffico mercantile in entrata ed uscita dal porto viene ulteriormente sovraccaricato dalla viabilità residenziale collocata a sud e ad est della darsena vecchia.

È cosa alla percezione di tutti, ma vale la pena sottolinearla, la irrilevanza delle scelte strategiche per la città contenute nel PUC adottato dalla giunta di Savona, in questi giorni in visione nelle Commissioni consiliari.

Proseguendo l'esame delle leggi che regolano la materia, la legge 765/1967 all'art. 10, 2° e 3° comma, prevede che: "per le opere da eseguirsi su terreno demaniale, compreso il demanio marittimo, ad eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale, compete all'Amministrazione dei lavori pubblici d'intesa con le amministrazioni interessate, e sentito il comune, accertare che le opere stesse non siano in contrasto con le prescrizioni del PRG e del regolamento edilizio vigente nel territorio comunale in cui esse ricadono".

In proposito una delle violazioni più clamorose del PRG, come noto, è stata la costruzione della nuova Capitaneria conclusasi transattivamente, dopo una vicenda a dir poco rocambolesca. Ed ancora su questo punto: quali sono le scelte del Comune in ordine alle porzioni d'immobile ex Capitaneria acquisite? Si osserva ancora che il DPR 616/77 delega alle Regioni le funzioni amministrative per le aree demaniali destinate ad uso turistico.

In ordine alla rappresentatività sulle scelte urbanistiche della città e del porto non pare superfluo evidenziare che l'adozione del PUC o del PTC competono al Consiglio Comunale ed al Consiglio Provinciale che costituiscono la rappresentanza di tutti i cittadini del Comune o della Provincia mentre il PRP è adottato dal comitato portuale che risulta così composto:

È pur vero l'adozione del piano prevede l'intesa con i Comuni interessati ma questo non necessariamente postula la congruenza con gli interessi generali del Comune che vanno esaminati e dibattuti in Consiglio Comunale. Il PRP non dovrebbe essere in contrasto con lo strumento urbanistico vigente, cosa che non pare rispettata nel caso di Savona.

Ritenendo per altri versi (il fine di salvaguardare gli interessi pubblici delle aree portuali) l'opportunità di una gerarchia paritaria tra PRG e PRP resta, a mio parere, di tutta evidenza la priorità per le scelte dell'intera Comunità territoriale su quelle particolari del solo porto.

A proposito dei beni demaniali e della recente permuta tra Autorità Portuale e Comune osservo che (ex art. 823 C.C) "i beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano".

Dalla lettura del documento del Comitato tecnico lo scoglio della Madonetta
una veduta aerea del porto di Savona
una veduta aerea del porto di Vado Ligure
(archivio)
regionale del territorio ho maturato la convinzione che detto comitato abbia avuto funzione di spugna acritica nel recepire le scelte effettuate dal Comitato Portuale, limitandosi a far proprie (non potendone fare a meno) le osservazioni formulate da Comuni e associazioni. Mi ha particolarmente colpito a pag. 4 terzultimo comma delle suddette osservazioni regionali il passaggio in cui definisce "le specifiche opere previste dal PRP assicureranno un'ottimale articolazione degli accessi portuali, rispetto alla viabilità urbana finitima, rendendo, inoltre, disponibili ampie aree di sosta prossime al varco doganale, eliminando quindi, gli attuali problemi di soste diffuse di veicoli pesanti lungo la viabilità urbana". Purtroppo non dispongo degli elaborati necessari per poter condividere questa ottimistica previsione e quel che ho intravisto non mi consente, allo stato, alcuna condivisione.

Per quanto attiene la procedura della 509/97, relativa al Porto della Margonara e richiamata espressamente dal CT regionale osservo che parrebbe si debba cominciare daccapo con la progettazione preliminare che dovrà essere rispettosa del disposto dell'art. 2 e delle osservazioni formulate e recepite dalla Regione, oltre alle già citate prescrizioni del Piano di bacino, che per altro non sembra lasciare spazio alcuno a "imbottigliamenti" del rio Termine.

Infine sulla questione del cosiddetto "terzo accosto" rilevo che l'Autorità Portuale ha inteso tale intervento non in variante, la qual cosa avrebbe necessariamente imposto un passaggio approfondito in Consiglio Comunale, foss'anche per le rilevanze di traffico veicolare che interessano l'intera Città, ma come un "adeguamento tecnico-funzionale" facendo riferimento alla legge regionale n. 9 del 12 marzo 2003 il cui art. 4, 2° comma statuisce che costituiscono adeguamenti tecnico-funzionali del Piano le modifiche contenute in progetti di interventi che esse siano coerenti con gli obiettivi e le scelte di programmazione del Piano; e non modifichino in modo sostanziale la conformazione ed il dimensionamento complessivo dell'impianto portuale", le cui procedure di approvazione conseguenti sono quelle previste dall'art. 81 del DPR 616/1977 (accordo di programma).

Insomma concludendo, potrei dire che a Savona si è proceduto all'inverso della logica programmatoria: l'intero sviluppo (mai discusso democraticamente e inverificabile, se non a posteriori, con le potenzialità della Città - sia in termini residenziali sia in termini di rilancio produttivo) ha fatto esattamente il percorso opposto: è partito da un'area dolorosamente conosciuta (ex-Omsav) su cui non voglio ritornare ma che meriterebbe una puntata a parte, per irradiarsi in soluzioni mostruose, che rischiano definitivamente di concludere la storia dell'ultimo cuore produttivo di Savona.

C'è di che meditare, sia ai livelli comunali che a livello provinciale.

Patrizia Turchi
Consigliera Comunale
Responsabile Provinciale Ambiente e Territorio per il PRC
Savona - 22 Gennaio 2005