In vista delle Elezioni Regionali

Un contributo al dibattito istituzionale

I programmi di liste e candidati, in vista delle prossime Elezioni Regionali, non potranno trascurare il dibattito, ormai aperto da lungo tempo, sulle Riforme Istituzionali, soffermandosi anche sugli esiti avuti, nella precedente legislatura Regionale, dal lavoro svolto sull'aggiornamento dello Statuto.

La riforma della riforma della seconda parte della Costituzione, come è noto, è già all'esame delle Camere (approvata, in prima lettura, al Senato e poi alla Camera) e tuttavia, gli esperti e gli stessi protagonisti istituzionali concordano nel ritenere che il percorso di spostamento di competenze e funzioni statali in periferia, non si concluderà con gli ultimi passaggi parlamentari del disegno di legge, voluto dal Governo attualmente in carica. All'appello manca, soprattutto, il "Federalismo Fiscale", in attuazione dell'articolo 119 del Titolo V.

Il testo costituzionale, ora nuovamente in discussione al Senato, riporta sotto la competenza esclusiva dello Stato alcune materie, tra cui: la politica monetaria, le norme generali sulla tutela della salute, l'ordinamento della Capitale, trasporti, energia, navigazione e difesa.

Con il via libera alla "devolution" le Regioni avranno, invece, la potestà esclusiva su organizzazione della sanità, scuola, polizia amministrativa regionale e locale. Inoltre, in base al nuovo articolo 117, la legislazione concorrente tra Stato e Regioni comprende: il commercio con l'estero, la protezione civile, la previdenza complementare e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali.

Lo stato della riforma costituzionale in corso mostra, però, una serie di aspetti deludenti, che sono stati sottolineati praticamente da tutte le associazioni delle Autonomie Locali. Un elenco di argomenti sui quali appaiono evidenti le carenze del disegno di legge costituzionale, in discussione: dallo scarso livello di rappresentatività del cosiddetto Nuovo Senato Federale, rispetto al sistema delle autonomie territoriali; alla complessità dell'iter per l'approvazione delle leggi; al problema della devoluzione dei poteri alle Regioni; fino al mancato riconoscimento del ruolo della Conferenza Stato - Enti Locali, accanto a quella Stato - Regioni.

Tra gli elementi di confusione normativa vi è, inoltre, quello derivante dalla sovrapposizione dell'attuale riforma, con quella del 2001 che ha rinnovato il titolo V della Costituzione nella direzione di un forte decentramento di funzioni, ma anche stenta a tradursi in termini concreti. Ad ogni modo, l'ultimo atto della revisione del titolo V della Costituzione arriva a conclusione di un lungo processo di riforme, sempre incerto e tortuoso, che ha avuto inizio 15 anni fa.

Le condizioni per costruire un vero sistema delle autonomie locali, sono state poste dalla legge 142/90. Per molti aspetti, questa legge fu ritenuta innovativa ed anticipatrice della riforma della Costituzione, specie nelle parti che prevedevano la perdita delle funzioni di tutela e controllo, esercitate da oltre un secolo dallo Stato nei confronti degli Enti Locali. Le linee di sviluppo dell'autonomia di Comuni e Province, sono state, poi, rafforzate da altre norme: la legge 81/93 (riforma elettorale degli Enti Locali), 127/97 (cosiddetta Bassanini 2, sul decentramento e la semplificazione delle procedure amministrative), 265/1999 (parziale riforma della 142/90) e consolidate con il Testo Unico degli Enti Locali 267/2000. Ma è stata soprattutto la legge n.59 del 1999, a disegnare il processo devolutivo, mantenendo allo Stato, con elencazione tassativa, le funzioni di quei settori di intervento nei quali è necessario uguali diritti e doveri su tutto il territorio nazionale.

A tale legge hanno fatto seguito i decreti legislativi di conferimento delle funzioni (Dlgs 143/1997, DLGS 469/1997, DLGS 469/1997, Dlgs 422/1997) tra i quali spicca il decreto legislativo n.112 del 1998, in quanto fornisce un quadro complessivo della ripartizione delle competenze, tra il sistema statale e quello delle autonomie.

Con le modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, apportate dalla legge costituzionale 18 Ottobre 2001 n.3,si è inteso realizzare nel nostro Paese, una forma di federalismo mediante l'attribuzione alle Autonomie Territoriali, di più ampi poteri legislativi ed amministrativi rispetto a quelli precedentemente previsti.

Tali modifiche, e in particolare l'articolo 117, comma terzo, in materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni e la mancata applicazione del federalismo fiscale, hanno generato già parecchi problemi, ben testimoniati dalle tensioni finanziarie tra Stato ed Enti decentrati e dal contenzioso accumulatosi presso la Corte Costituzionale.

Il nuovo testo dell'articolo 118 della Costituzione ha, inoltre, trasformato radicalmente il criterio di ripartizione di funzioni previsto dal precedente sistema costituzionale e, seguito, a livello di legislazione ordinaria anche dalla legge 59/1997, stabilendo che le funzioni amministrative "sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferiti a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza".

Tale modifica, tuttavia, è rimasta, fino ad oggi, lettera morta. È pertanto necessario che l'impianto programmatico destinato al giudizio degli elettori, in occasione delle prossime consultazioni regionali, contenga importanti elementi di approfondimento su questi singoli punti specifici:

  1. Finanza Locale, fornendo ampio spazio alle tematiche del federalismo fiscale
  2. Federalismo Amministrativo
  3. Riforma dei servizi pubblici locali
  4. Associazionismo dei piccoli comuni, con particolare riguardo al rapporto tra comunità locali e Regioni
  5. Composizione e metodo d'elezione del Senato Federale
  6. Composizione e metodo di formazione della Camera Regionale delle Autonomie

Franco Astengo
Savona - 2 Febbraio 2005