Elezioni Europee e caso italiano

Al palo i grandi progetti

I principali protagonisti dello zoppicante "bipolarismo all'italiana" hanno impostato la campagna elettorale, in vista delle Elezioni Europee 2004, con l'obiettivo di determinare gli equilibri politici interni, essenzialmente in funzione delle elezioni legislative generali previste per il 2006.

In particolare, sono andati alla prova due "progetti" che, nelle intenzioni dei loro promotori, dovevano assumere un aspetto di vera e propria "centralità" nella prospettiva di quella scadenza: sul versante del Centrodestra, si puntava alla riaffermazione di una indiscussa leadership da parte dell'attuale Presidente del Consiglio e del suo partito, rispetto agli alleati di governo (dal perseguimento di questo risultato derivavano i pressanti, e ripetuti, inviti a "non votare i partiti piccoli); dal lato del Centrosinistra la costruzione del "Triciclo riformista", avvenuta "a freddo" con uno scarsissimo coinvolgimento di quello che rimane della base militante di quelli che furono grandi partiti di massa ed in assenza di una visibile piattaforma programmatica comune.

La costruzione del "triciclo" avrebbe dovuto sfruttare, sul piano strettamente elettorale, la richiesta di semplificazione dell'offerta politica che si sarebbe realizzata a fronte di un consolidamento (dato già per avvenuto) nell'abitudine dell'elettorato a votare in funzione del maggioritario, ed attrarre i delusi dalla scarsa qualità di governo fin qui espressa dal Centrodestra, dopo la vittoria del 2001 (sfruttando, quindi, l'effetto fornito di solito dalle elezioni di "mezzo termine", come verificatosi del resto in, quasi tutti, gli altri paesi d'Europa). In realtà gli (opposti?) teorici di questo tipo di scontro non sembrano aver tenuto conto di alcuni fattori che risultano essere, almeno a mio avviso, del tutto decisivi.

Per tentare un paragone con il 2001 ed aprire una prospettiva per il 2006, le Elezioni Europee del 2004, sono risultate del tutto inadatte, prima di tutto perché la massa di voti che vi si sono complessivamente espressi (al di là delle polemiche sull'astensionismo) è risultata ridotta in misura consistente (un fatto che avrebbe dovuto essere facilmente previsto), aprendo così spazi per importanti modificazioni in vista del 2006.

In sostanza le Elezioni Europee 2004, per via della scarsa attrazione del turno elettorale in sé rispetto a quello delle elezioni legislative generali, risultava (ed è risultato) il meno adatto per tentare il tipo di esperimenti che si è cercato di realizzare. In secondo luogo l'elettorato ha dimostrato di muoversi secondo le logiche del meccanismo elettorale specificatamente proposto dal tipo di elezione (nella fattispecie: il sistema proporzionale), rifiutando la oggettiva forzatura di una impostazione "maggioritaria" (diverso è stato il caso delle elezioni amministrative, sull'esito delle quali comunque ritorneremo, laddove il peso decisivo è rappresentato dalla "capacità coalizionale", che si è in grado di esprimere nelle specifiche situazioni locali). Al terzo punto occorre rilevare come questo finto scontro quasi-bipartitico, messo su dal circo mediatico, appariva davvero del tutto virtuale, essendo i leader dei rispettivi schieramenti, uno sì candidato ma ineleggibile e l'altro, pervasivamente presente nella campagna elettorale, neppure candidato.

Questi elementi, descritti molto schematicamente, sono risultati del tutto determinanti al fine di consentirci di stabilire che la scelta dell'esito delle Elezioni Europee 2004, quale pietra di paragone adatta a stabilire i possibili "dati di partenza" al riguardo delle politiche 2006 è risultata del tutto infelice. Le forze politiche non hanno, di conseguenza, tratto (e non potevano trarre) le tanto attese (ingenuamente) indicazioni.

Cominciamo, allora, a fornire qualche dato numerico utile a supportare queste prime osservazioni, di carattere generale. Prima di tutto occorre rilevare che tra l'esito delle Elezioni Politiche 2001 e quello delle Elezioni Europee 2004, mancano all'appello 4.524.898 voti validi (si è passati da 37.122.776 a 32.579.878). Un dato di cui si ritiene superfluo sottolineare l'importanza: il totale dei voti validi espressi il 13 Giugno del 2004 rappresenta, insomma, l'88% dei voti validi espressi alle Elezioni Politiche del 2001.

La lettura dei dati (acconciandoci allo schema bipolare voluto dagli organizzatori della campagna elettore che ci permettiamo, comunque, di ritenere in questo frangente una forzatura), ci conferma in due valutazioni di fondo che appaiono pressoché costanti, in ogni campagna elettorale: è scarsa la "volatilità elettorale" fra i due poli; gli elettori che decidono di cambiare passano, prevalentemente, all'astensione.

Spieghiamoci attraverso l'esposizione di qualche cifra. L'Istituto SWG ha calcolato che il flusso, in entrata ed in uscita, dei voti tra i due poli, nell'occasione delle Elezioni Europee 2004, abbia, alla fine, fatto registrare un saldo attivo per il Centrosinistra, di circa 650.000 voti.

Ben altre dimensioni sono quelle relative alla non espressione di voto, cresciuta di quasi 6.000.000 di elettori che hanno scelto la non partecipazione al voto, la scheda bianca e la scheda nulla (arrotondando: da 12.300.000 nel 2001, a 18.000.000 nel 2004). È stato calcolata una cifra di nuovi astenuti pari a 7.100.000 contro 1.300.000 vecchi astenuti ritornati al voto (si evidenzia, in questo caso, un vantaggio del centrosinistra che perde, verso l'astensione circa 2.100.000 voti, mentre il centrodestra ne ha persi 3.600.000).

In sostanza, per determinare un diverso risultato elettorale in vista delle regionali 2005 e, successivamente e soprattutto, delle politiche 2006, calcolando un ritorno della percentuale di voti validi sul 75% rispetto agli iscritti nelle liste (con l'80% di partecipanti al voto: in sostanza circa 35.000.000 di voti validi), i due poli dovrebbero recuperare dall'astensione, rispettivamente, il Centrosinistra 2.000.000 di voti e il Centrodestra 3.600.000.

L'obiettivo del maggior recupero possibile del "non voto" appare, quindi, come il più urgente (e praticabile) da parte dei due schieramenti, rispetto a più problematici (ed improbabili interscambi). Addentriamoci, allora, in una analisi virtuale ma estremamente significativa. Calcolando quale sarebbe stata la percentuale ottenuta dalle principali forze politiche, nella considerazione della somma di voti ottenuta da ogni lista nell'occasione delle Europee 2004, posta a confronto con il totale dei voti validi avutisi nelle Elezioni Politiche del 2001.

In questo caso il "Triciclo riformista" si sarebbe attestato sul 27.3% (rispetto al 33,3% del 2001), Forza Italia al 18,42% (rispetto al 29,4), Alleanza Nazionale al 10% (12%), l'UDC (che registra un incremento reale) al 5%, rispetto al 3,2% , anche se è necessario tener conto del flusso di voti che ha interessato gli ex - elettori di Democrazia Europea; Rifondazione Comunista (anche in questo caso si registra un dato di crescita "vera", anche se lieve dal 5% al 5,3%) PdCI (in aumento dall'1,8% al 2,1%); Verdi al 2,2% (non si può effettuare il confronto con le Elezioni Politiche 2001, perché i Verdi si presentarono alleati con lo SDI nel "Girasole"); Lega Nord (4,3%: anche qui si registra un incremento dello 0,4%).

Da questo "gioco delle percentuali", virtuale fin che si vuole ma in grado di definire con precisione i tassi di incremento e decremento per ogni singola forza politica tra il 2001 ed il 2004 (ovviamente per la parte proporzionale) si evince che, in misura maggiore o minore, gli sconfitti del tentativo di simulare una elezione maggioritaria impostata sul bipartitismo (con accentazione bipartitica), all'interno di una elezione che si svolgeva sulla base del sistema proporzionale presentando uno spettro particolarmente di opzioni, con la presentazione di 26 liste dotate di una qualche consistenza sul piano nazionale (insomma: un tentativo di vero e proprio "illusionismo elettorale"), sono stati tre: Forza Italia (che ha perso, tra il 2001 ed il 2004 l'11% dei voti), il Triciclo (-6%), A.N (-2,0%).

Questo discorso ci introduce al tema della fedeltà dell'elettorato, alle proprie scelte politiche. Sulla base dei dati raccolti dall'SWG, intrecciati ad una nostra successiva valutazione, è possibile calcolare che gli elettori più convinti della propria scelta, siano stati quelli che nel 2001 avevano già praticato il "non voto": si tratta dell'89% (questo conferma, tra l'altro, il persistere di una importante quota di astensionismo "a sinistra" che rimane, a mio avviso, il più importante problema che quella parte politica è chiamata risolvere).

Al riguardo del "Triciclo" la fedeltà dell'elettorato DS si è collocata sulla percentuale del 71% e la fedeltà degli elettori della Margherita al 64% (qui c'è stata qualche cessione verso l'UDC). Nella sostanza, il dilemma su cui si potevano interrogare i costruttori del "Triciclo" era questo: avrebbe pagato la semplificazione offerta agli elettori in senso unitario ed in funzione del maggioritario presidenzialistico, oppure avrebbe avuto maggior peso il fattore "identità" con il conseguente abbandono di una parte degli elettori non riconosciutisi nel simbolo unitario, presentato proprio nel proporzionale (in soldoni: la sindrome da "bicicletta PSI - PSDI '68)? La risposta che si può fornire è quella di un vantaggio, sia pure non nettissimo (la "bicicletta" nel '68 aveva subito l'importante scissione del PSIUP, in questo caso il "correntone" , invece, anche mugugnando è rimasto con i DS) per il secondo esito: quello legato ad una caduta elettorale, in particolare della Margherita, dovuta a fattori identitari.

Una caduta, però, non rimediata dal ritorno ai simboli originari in occasione delle Elezioni Provinciali, dove non è emerso un fattore liberatorio per la comparsa delle vecchie insegne: l'Istituto Cattaneo ha valutato il rapporto tra il comportamento del Triciclo alle Europee e quello delle singole liste che lo hanno composto in occasione delle elezioni Provinciali: i partiti divisi sono cresciuti alle elezioni provinciali del 4,89% al Nord Ovest e del 2,99% a Nord Est, flettendo del 2,63 e del 4,54% al centro e al Sud. In totale il Triciclo ha preso alle Europee, rispetto alla somma dei partiti alle Provinciali, lo 0,17% in più.

Vale la pena ribadire che il successo fatto registrare dal centrosinistra alle elezioni amministrative, è stato dovuto essenzialmente alla dimostrazione di una maggiore capacità coalizionale (accordo con Rifondazione Comunista, più o meno dappertutto; mentre la Lega Nord ha corso da sola ed il centrodestra ha subito maggiori frazionamenti, rispetto al centrosinistra, nelle realtà locali, a causa di un più accentuato fenomeno di personalizzazione negativa. Dove il centrosinistra non si è accordato con Rifondazione Comunista ed i movimenti il risultato è stato negativo, anche in una misura sorprendente, come nel caso del ballottaggio subito a Firenze).

Occorre considerare, inoltre, che il Centrosinistra ha saputo profittare meglio, nel caso dell'elezione diretta, dell'apporto di valore aggiunto sul voto portato da determinate candidature: come nel caso del candidato sindaco, poi eletto al primo turno, a Bologna, capace di fornire un apporto personale del 16%. Insomma: il Triciclo come partito ha funzionato meglio (o più o meno allo stesso modo) dei singoli partiti nel rapporto tra Europee e Provinciali, mentre cosa ha funzionato davvero, a livello locale, per il centrosinistra è stata l'abbinata: coalizione/candidature.

Tornando alla fedeltà elettorale, nel frangente delle elezioni europee, non rimane da segnalare che gli elettori di UDC ed AN sono rimasti fedeli, mediamente, al 66%, mentre il dato di Forza Italia evidenzia la vera "debacle" in cui è incorsa questa formazione: tra il 2001 ed il 2004 soltanto poco più della metà degli elettori che ne avevano votato il simbolo (esattamente il 53%) hanno ripetuto la loro scelta.

Un'ultima annotazione: all'interno del centrosinistra risulta innegabile un saldo attivo, per le quattro liste alternative, nei confronti del Triciclo: computando la diversa natura di acquisti e cessioni da parte della lista riformista (verso l'astensione, dalla Lista Di Pietro e da quella di Democrazia Europea, ad esempio) si può calcolare, dunque, un saldo attivo per le quattro liste alternative di circa 400.000 voti : una cifra, alla fine, non molto lontana dal saldo complessivo fatto registrare dall'interscambio verificatosi tra i due Poli.

Quale conclusione si può, dunque, trarre da questa lunga (e noiosa) carrellata di numeri? La più convincente, a mio avviso, rimane proprio quella espressa dagli analisti dell'Istituto Cattaneo: nessuna delle strategie messe in campo da maggiori soggetti (Forza Italia e Triciclo), nell'occasione delle Elezioni Europee 2004, è apparsa, a prima vista, più efficiente di un'altra. La transizione italiana continua.

Franco Astengo
Savona - 19 Giugno 2004