La sinistra e l'Europa: in movimento!

Vittorio Agnoletto a Savona

Ci sono già parecchi amici e compagni, cittadini comuni e molti giovani che aspettano all'ingresso di Villa Cambiaso, quando arriviamo dopo la cena-sottoscrizione con Vittorio Agnoletto: una settantina, tutti insieme per il Comitato "Verità e Giustizia per Genova" (il 50% del ricavato va infatti all'assistenza legale per i giovani picchiati nelle scuole Diaz durante le manifestazioni contro il G8 del Luglio 2001) e per la campagna elettorale del PRC. Un successo per tutti noi, per il Partito e una bella soddisfazione per le compagne Andreina, Giuliana e Piera che si sono date parecchio da fare per mettere in piedi la cena al "Ghiottone" di via Cosseria a Savona.

Pio Vintera, direttore del periodico del centro culturale savonese di via Torino, prende la parola e presenta gli ospiti della serata: Antonio Bruno del già citato Comitato "Verità e Giustizia per Genova", Maurizio Loschi del Savona Social Forum e Roberto Melone del Social Forum del Ponente savonese. Il Segretario provinciale del PRC, Franco Zunino (candidato alle provinciali nei collegi di Lavagnola, Villapiana e Celle Ligure), nell'introdurre i relatori spiega come Rifondazione Comunista sia impegnata in questa tornata elettorale veramente con il massimo delle proprie forze, perché la posta in gioco è di grande valore: si tratta di ridisegnare l'assetto geopolitico di un continente che non ha caratteristiche di unitarietà radicate in ambiti sociali, su anche primarie lacunose tendenze alla formazione di un gigante politicamente dedito ad esaltare i diritti dei cittadini europei, ed economicamente teso a darsi una struttura economica che possa interpretare i bisogni dei ceti popolari e, nel contempo, rincorrere uno sviluppo sostenibile in tutti i settori della produzione. Siamo ancora innanzi ad una aggregazione monetarista e priva di qualunque funzione di carattere puramente volto alla tutela di elementari diritti: si pensi alla cittadinanza, alla tanto celebre bozza della "Costituzione Europea" che contiene solamente dettami di integralismo giuridico e anche fortissime tentazioni di settorializzazione della cultura europeista, appioppando al Vecchio continente la patente di "eurocristiano", con l'imprescindibile effetto della marginalizzazione culturale e sociale di numerosi cittadini anche se all'ombra della bandiera blu a stelle gialle. A questo proposito, circa la rappresentanza e l'azione democratica, le sue funzioni e le concettualità di "democrazia partecipata" tutti gli oratori offrono spunti interessantissimi per la discussione sul "cosa fare in Europa, con l'Europa e per l'Europa": serve ancora la democrazia rappresentativa oppure è un mero esercizio del potere per convincere i cittadini che qualcosa cambierà? Come impostare il rapporto tra ciò che già c'è del Movimento e ciò che potrebbe esservi in termini di crescita, di sviluppo e di nuove relazioni sociali? Domande alle quali il leader no-global cercherà di rispondere nel corso del suo discorso, pacato e moderato nei toni, ma altrettanto duro, severo nel condannare le ingiustizie sociali che il silenzio e l'inazione di tanti, di troppi rendono difficili da scardinare e da combattere. Tuttavia la rassegnazione non è certamente un rimedio a queste situazioni: anzi, una complicità di questo genere è ormai solo degna dei peggiori signori della guerra: Bush, Rumsfeld, Powell e la Rice, tanto per citarne alcuni, giganti della politica della repubblica stellata, dove tutto è permesso in virtù del sogno americano. Peccato sia da sempre solo un sogno e abbia disgelato tragici incubi per tanti popoli: Cile, Vietnam, Cuba, ecc.

Vittorio Agnoletto è un uomo invece minuto, esile, a tratti può sembrare anche indifeso. L'apparenza inganna, e molto, perché è proprio lui a ricercare, da militante del Movimento, una sempre più vasta adesione ad una visione critica dell'esistente, per rimettere in gioco regole e destini di interi popoli che sono indirizzati nel loro cammino di vita dalle politiche economiche degli organismi creati a Bretton Woods (Banca Mondiale, Fondo Monetario internazionale). Quest'uomo all'apparenza "piccolo" è stato uno degli artefici della Lega Italiana per la Lotta all'AIDS (LILA) e ha vissuto appieno la stagione dei movimenti che oggi contestano il capitalismo e cercano di avviare una fase nuova, di rinascita dei valori della vita e dell'uomo, del singolo e del collettivo. È un "piccolo grande uomo" Vittorio Agnoletto, si proclama "movimentista" e auspica un dinamismo continuativo e costante nel tempo, fatto da diverse culture, sensibilità ed emozioni, da progetti sociali e da nuove idee per un mondo differente da quello attuale.

Dice, rivolto alla sala di Villa Cambiaso strapiena: «Noi siamo per il diritto a vivere una vita dignitosa e per questo difendiamo tutte le vite. Così diciamo che siamo convintissimi che i tre ostaggi in Iraq vadano salvati. Non c'è dubbio. Ma altrettanto sottolineiamo che non condividiamo e non condivideremo mai i motivi per cui quegli italiani sono andati in Iraq». A proposito della "rispettabilità democratica" di certe nazioni verso altre, tanto declamata per gli Stati Uniti d'America dai pensatori all'avanguardia (del prezzolamento) come Giuliano Ferrara o il dogmatismo difensivista della Fallaci, cita un bel passo dal "De Civitate Dei" di Sant'Agostino. L'imperatore Alessandro Magno un giorno riuscì a catturare un feroce pirata che circolava per i mari del suo regno e li depredava: «Perché infesti i mari?» domandò il giovane sovrano macedone al pirata. «Per lo stesso motivo per cui tu infesti la terra. Ma io che sono piccolo sono chiamato "pirata" e tu che sei grande sei chiamato "re"». Il racconto agostiniano bene si collega con quanto starà per dire Vittorio Agnoletto. La guerra è un fenomeno di autoconservazione del moderno mondo globalizzato: «senza la guerra questo sistema economico è finito», e con queste parole apre il suo sguardo alle tragedie del medioriente, della Palestina, dell'Afghanistan e di tutti quei territori che sono oggetto di una «politica che non è più in consonanza con l'economia». Oggi il potere politico è più che mai un'enclave del valore di profittualità delle multinazionali. Un esempio? Il Canada: «ma questa osservazione devo leggerla, altrimenti mi hanno detto che mi becco una denuncia», dice sorridendo l'ex portavoce del Genoa Social Forum. E continua a parlare dicendo che il governo canadese, di concerto col parlamento di Ottawa, decise l'impedimento di ingresso sul suo territorio di una sostanza profondamente nociva per l'organismo umano. Era un composto per carburanti. Poiché la multinazionale che lo produceva era legata all'Amministrazione americana, gli USA riuscirono a far multare il Canada per violazione della libera circolazione delle merci e lo costrinsero così a revocare il divieto. Ovviamente con grave pregiudizio della salute dei cittadini.

Un'economia, quindi, che è diretta esclusivamente dal profitto personale di poche persone e che trova sempre il modo di liberarsi dai tentativi di controllo da parte di quella che Marx definiva la "sovrastruttura", ossia istituzioni politico-sociali, culturali, ecc. Un'economia che gode della sua crescita spasmodica e unidirezionale: verso quel "nord del mondo", pieno della sua civile e trasparente tracotanza che, con una sleale (ma cosa c'è poi di leale nel capitalismo?) concorrenza di mercato, riesce a "strangolare l'Africa e a ridurre le capacità di stare sul mercato dei paesi più poveri praticamente a zero". E' la stessa Africa che non beneficia dei medicinali per la battaglia contro le malattie più elementari e contro quelle più diffuse, epidemie vere e proprie in Uganda, Burundi, Nigeria, come la diffusione dell'HIV.

C'è sempre un trascinamento di incanto quando le parole somigliano sempre più alla verità, a ciò che è palese, a quello che è sotto gli occhi di tutti ma che i molti tacciono e i pochi fanno finta di non vedere: per paura, per misera difesa del nostro piccolo orto incantato, per timidezza di essere quasi presi per pazzi se si tenta di sovvertire lo stato di cose esistenti. Agnoletto lo sa e, per questo, spinge il suo discorso sul perché oggi si possa e si debba tendere alla costruzione di una sinistra europea che non sia accondiscendente con il liberismo: la sua idea di unità a sinistra è un po' particolare, ma merita di essere ascoltata e ponderata. Non è un uomo d'apparato di partito, lo dice lui stesso e ripete più volte che quando ha accettato di candidarsi con il Partito della Rifondazione Comunista l'ha fatto dopo averci pensato parecchio: ma ha colto un elemento fondamentale che lo ha convinto. La concretezza della partecipazione: una saldatura questa che firma un patto chiaro tra l'autonomia interclassista e interculturale del Movimento e l'ideologismo culturale e politico di un partito comunista. Una cultura specifica e ben definita come supporto del e per una più forte lotta per la pace, la giustizia sociale e i diritti umani. C'è, da parte di Agnoletto, la consapevolezza che il Parlamento Europeo ha spesso un ruolo marginale, ma altrettanto spesso ha avuto la possibilità di pronunciarsi autorevolmente su questioni sia morali che di politica internazionale e, se qualche volta ha mancato di farlo, forse è perché è mancato il ruolo di una forte sinistra alternativa, capace di incidere sulle decisioni dei socialisti europei e di altri gruppi laici e democratici. «Io - dice - sono e resto un indipendente. Un indipendente di sinistra che ha avuto modo di apprezzare il cammino fatto insieme a Seattle, Genova, Firenze, Praga, Cancun e che ha visto lo sviluppo sociale del Movimento crescere, dare coraggio alla cultura della pace, dell'altruismo e dell'integrazione sociale».

Rifondazione Comunista tre immagini dell'incontro di Villa Cambiaso
foto di Giovanni Sferini
ha scelto di dare vita ad una piattaforma europea di carattere programmatico-politico e ha promosso insistentemente la nascita del Partito della Sinistra Europea. I dubbi, le incertezze e le critiche ci sono: non sappiamo ancora quale forza potrà avere la Sinistra Europea e, soprattutto, non sappiamo che caratteristiche di rapporti potrà determinare in seguito con le altre aggregazioni continentali sia a Strasburgo e a Bruxelles che nei rispettivi paesi dell'Unione. «Quel che è certo - conclude Agnoletto - è che l'Europa che va alle elezioni certo è più ampia di prima. Conta 25 Stati invece di 15. Ma non è un allargamento sociale quello che ha trovato soluzione il 1 Maggio scorso: quando la libera circolazione degli esseri umani è impedita, quando gli è proibitivo potersi trasferire in un altro paese dell'Unione Europea per l'eccessivo costo della vita, ebbene non possiamo dire che siano entrati in Europa una decina di nuovi popoli, ma solo una decina di nuovi mercati, di nuove economie».

È questa idea così restrittiva dell'unità del Vecchio continente che Rifondazione Comunista vuole violare, abbattere per riuscire, con la Sinistra Europea, a compiere un salto di qualità, potendo così riversare queste lotte anche in sede nazionale: «Battere Berlusconi e queste destre è necessario e lo faremo quando arriverà il momento. Ricercheremo il massimo di unità possibile, le costringeremo ad andarsene», e sarà di certo più immediata una politica di ricostruzione dello stato sociale e dei diritti del lavoro se vi sarà una conversione delle attuali politiche liberiste, accondiscendenti allo "sviluppo americano" e alla crudele filosofia della Casa Bianca, «esportatrice di civiltà e democrazia» verso i derelitti della Terra. A conclusione del comizio di Agnoletto, si formano capannelli di commentatori: sono tanti i temi che ha toccato e quindi sono enormi le parole e i pensieri che ognuno di noi elabora. Giuliana mi viene incontro e ci viene di pensare la stessa cosa: Agnoletto forse non vuole essere definito un "compagno" e certamente la visione della trasformazione sociale che ha lui non coincide proprio con la nostra, di comunisti, marxisti. Ma il comunismo, oggi, forse deve essere proprio quello che Marx ha scritto nell'"Ideologia tedesca" tanti, tanti decenni or sono e che richiama anche la partecipazione sociale a continua mobilitazione di massa (per le strade di Roma quante volte abbiamo gridato: "Il Comunismo non è un'utopia, sta marciando per questa via!"). Sulle nostre tessere è da sempre scritto: "Chiamiamo Comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente". Forse possiamo dire, sulla base di ciò, che anche Agnoletto è un nostro "compagno": magari non sarà legato ad una ideologia ben precisa sul programma politico di ampio respiro e lungo termine, ma di certo ha le idee ben chiare sul presente e su ciò che si deve fare per vedere ogni giorno che passa sempre meno pianti e lacrime e sempre più sorrisi e voglia di vivere da tutti e per tutti.

Marco Sferini
Savona - 14 Maggio 2004