Riforme costituzionali: la sola strada è il referendum

Modificato l'impianto, la concezione della democrazia, la storia antifascista della nostra Costituzione

Il Senato della Repubblica ha approvato in terza lettura, mercoledì 23 Marzo 2005, il pacchetto di riforme costituzionali presentato dal Centrodestra. Un fatto che rappresenta un vero e proprio punto di rottura del patto fondativo della Repubblica. Non è stato modificato, semplicemente, questo o quel punto, la Camera dei Deputatiquesto o quel potere, questo o quel diritto, ma l'impianto, la concezione della democrazia, la storia antifascista del nostro patto costituzionale. In questo momento la sola possibilità per fronteggiare il tipo di situazione che si è creato è rappresentata dal referendum abrogativo: vedremo, però, questo punto più avanti, dopo aver analizzato, sia pure schematicamente, gli specifici punti in discussione.

Il risultato complessivo della riforma assomiglia più alla stesura di un regolamento, che alla Carta Fondamentale di una Nazione. Si tratta dell'esatto contrario di un testo lineare: il capolavoro è rappresentato dal "nuovo" articolo 117, dove un comma è diviso in 17 lettere e brilla uno strabiliante: "s)quinques". Con il metodo del 138 il Centrodestra ha cambiato quasi un terzo degli articoli della Costituzione Repubblicana. In ogni caso, esaminiamo punto per punto.

Il nuovo Parlamento

Al Senato è aggiunto l'aggettivo "federale", i suoi componenti sono eletti contestualmente ai Consigli Regionali ed integrati da due rappresentanti per ogni Regione, privi però del diritto di voto. I deputati saranno 500 (in luogo di 630), i senatori 252 (in luogo di 315), i parlamentari eletti nei collegi che raccoglieranno il voto degli italiani residenti all'estero 18. Si abbassa l'età necessaria per essere eletti: 21 anni per la Camera (erano 25), 25 anni per il Senato (erano 40).

Per superare il cosiddetto "bicameralismo perfetto" (meglio definibile come "paritario"), il nuovo sistema modifica il meccanismo di formazione delle leggi. Ci sono leggi di competenza della Camera (quelle, cioè, relative alle materie di esclusiva competenza dello Stato: politica estera, difesa, giustizia, politica monetaria) il Senato ha, comunque, trenta giorni di tempo per proporre modifiche,che diventano quindici nel caso di leggi di conversione di decreti. Il procedimento contrario, può avvenire sulle leggi di competenza del Senato Federale (quelle relative alle materie che rientrano nella competenza concorrente di Stato e Regioni).

Esistono anche, rispetto a questo meccanismo, tre eccezioni:

  1. ci sono leggi di competenza bicamerale, per cui la legge deve essere approvata da entrambi i rami. In caso di discordanza i Presidenti delle Assemblee nominano una commissione composta da 30 deputati e 30 senatori, con il compito di preparare un nuovo testo unificato, da sottoporre di nuovo al voto delle due Camere;
  2. il Governo può proporre delle modifiche a una legge in discussione nel Senato Federale, perché considera queste modifiche essenziali all'attuazione del suo programma. In tal caso il Presidente della Repubblica autorizza il primo ministro a esporre le sue ragioni al Senato, che deve votare in conformità entro trenta giorni. Se il Senato non vota, la legge si sposta alla Camera, che decide a maggioranza assoluta;
  3. in caso di conflitti di competenza tra Camera e Senato, i Presidenti delle Assemblee nominano un altro comitato, stavolta composto da quattro deputati e quattro senatori che decide, insindacabilmente, sull'attribuzione di competenza.

Devolution e Interesse Nazionale

Le Regioni hanno potestà legislativa esclusiva su assistenza ed organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica e definizione dei programmi di interesse generale, gestione degli istituti scolastici, il Senato della Repubblicapolizia amministrativa regionale e locale e su "ogni altra materia, non espressamente riservata alla legislazione dello Stato". Andrà, però, in vigore anche la clausola del cosiddetto "interesse nazionale". Il Governo potrà bloccare, così, una legge regionale, invitando la Regione a cancellare alcune norme e, nel caso di rifiuto, chiedendo al Parlamento, riunito in seduta comune, di abolirle. C'è anche una clausola di supremazia: il Governo può sostituirsi alle Regioni, nel caso in cui ravvisi il mancato rispetto di norme internazionali o pericolo per la sicurezza pubblica.

Premierato e Presidenza della Repubblica

Il Presidente della Repubblica (eleggibile già a 40, invece dei precedenti 50 anni) diventa il "rappresentante della Costituzione e dell'Unità federale (e non più nazionale della Repubblica)". Il Presidente della Repubblica ha qualche potere in più (la nomina dei Presidenti delle Autorità indipendenti e del vicepresidente del CSM), molti poteri sostanziali in meno. Il Presidente della Repubblica per la discrezionalità nella scelta del Primo Ministro, che adesso è eletto direttamente. Perde il potere di nominare i Ministri, che sono nominati e revocati dal Primo Ministro. Non può sciogliere le Camere, potere che di fatto passa al Primo Ministro (ex Presidente del Consiglio dei Ministri).

Il Primo Ministro "determina" (in luogo di "dirige") la politica del Governo. In ogni momento può porre la questione di fiducia o chiedere che la Camera si esprima, in maniera conforme, alle indicazioni del Governo. In caso di bocciatura dovrà dimettersi, provocando così lo scioglimento della Camera.

La Camera può chiedere le dimissioni del Primo Ministro (e, quindi, automaticamente, lo scioglimento della Camera stessa) con l'approvazione di una mozione di sfiducia, ma anche con la bocciatura di questa mozione con il voto determinante dei deputati della minoranza (cosiddetta "norma antiribaltone"). La legge elettorale (maggioritaria o proporzionale, che sia) deve garantire la formazione di una maggioranza di governo. Il Primo Ministro non ha più bisogno della fiducia della Camera, ma solo di un voto (entro 10 giorni dalla nomina) sul suo programma.

Composizione della Consulta e Nuove Regioni

Cambiano anche le regole di nomina dei giudici costituzionali, che restano quindici ma solo quattro di nomina del Presidente della Repubblica (uno in meno di oggi). Quattro saranno scelti dai Magistrati ordinari ed amministrativi (oggi cinque) e sette (due in più) dal Parlamento, non più in seduta comune: quattro dalla Camera e tre dal Senato Federale.

Un'altra novità sarà rappresentata dall'apertura di una via facilitata alla creazione di nuove regioni, con un minimo di un milione di abitanti. Per cinque anni dall'entrata in vigore della nuova Costituzione non sarà necessari la proposta di tanti Consigli Comunali, che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, basterà procedere con legge costituzionale "sentite le popolazioni interessate".

I tempi di attuazione di queste modifiche, sono i seguenti: devolution e interesse nazionale entrano in vigore da subito. I nuovi poteri del Premier, del Presidente della Repubblica, il Senato Federale e di conseguenza il nuovo iter legislativo, partiranno dal 2011. La riduzione dei parlamentari e la contestualità tra l'elezione del Senato e il voto per le Regionali, dal 2016.

Un ragionevole commento

Vale la pena di riprendere alcune delle argomentazioni, usate da Andrea Manzella (Repubblica del 24/3/2005) approfondendone anche alcuni aspetti. Emerge, infatti, con l'introduzione del "vincolo di mandato" per i deputati sulla questione cruciale della fiducia, un bipolarismo feroce, che non si rifletterà soltanto sulla formazione delle leggi, ma anche sulle nomine, sull'informazione, sull'immagine esterna.

Avremo un paese diviso, in una forma fortemente cristallizzata. Si è così spezzato l'elemento di fondo che rappresentava dal 1946, l'unità nazionale: l'intesa raggiunta nell'Assemblea Costituente, nella redazione della Costituzione Repubblicana (indipendentemente dalla formula di governo: vale la pena di ricordare come, nel 1947, si fosse passati da un governo di unità nazionale, all'uscita di PCI e PSI dalla compagine governativa. Ciò nonostante la Costituzione si fece.

Questo elemento di fondo, dell'equilibrio raggiunto nell'Assemblea Costituente aveva resistito agli scontri tra laici e cattolici, alla guerra fredda, alla stagione del terrorismo. Ora siamo alla modifica di quella sapiente architettura, attraverso un intreccio di calcoli elettorali e di disegni di corto respiro.

Il Referendum abrogativo

Il Referendum abrogativo appare essere, davvero, il solo strumento utilizzabile per fermare questo meccanismo di vera e propria sopraffazione. Vincere il referendum, però, sarà necessario ma non sufficiente. Come ha scritto Michele Ainis sulla "Stampa", noi abbiamo assistito in questi giorni, nelle aule parlamentari, alla vittoria della politica sul diritto. L'esito del referendum potrebbe ristabilire la priorità del diritto, ma resterebbe da sanare la ferita inferta alla coesione repubblicana.

Una coesione repubblicana di cui dovrà far parte anche una identità istituzionale nostra, interna al grande concerto europeo. Per queste ragioni il referendum è indispensabile: per ridefinire le condizioni ed i principi repubblicani, per rilanciare la Costituzione Antifascista nel suo spirito originale, per impedire il rischio di pericolose avventure.

Franco Astengo
Savona - 24 Marzo 2005