Tre domande a... Giovanni Russo Spena

Le scelte di Rifondazione Comunista: parti complementari di un'unica strategia

Giovanni Russo SpenaNel nostro Partito si è aperto un dibattito sofferto e articolato sulle scelte e di conseguenza sul futuro di Rifondazione Comunista. Un dibattito sviluppato principalmente su tre aspetti: il dialogo con le forze del Centrosinistra, la scelta della non violenza e il Partito della Sinistra Europea. Tre temi che come ha sottolineato Giovanni Russo Spena nel suo intervento all'ultimo CPN sono "parti complementari di un'unica strategia". Proprio al deputato di Rifondazione Comunista abbiamo chiesto un parere sul percorso intrapreso dal PRC.

La cacciata del Governo Berlusconi è una priorità per il paese. Una forte richiesta che viene direttamente dai cittadini. Per rispondere a questa istanza Rifondazione Comunista ha avviato da mesi un confronto serio con il Centrosinistra. Un percorso impegnativo, dagli esiti non scontati reso ancor più difficile dalle posizioni della maggioranza delle forze dell'Ulivo su temi quali il lavoro, le pensioni, la pace. Come sono conciliabili le nostre proposte con le loro? Come è possibile unire la richiesta di unità a quella, altrettanto importante, di radicalità?

Le proposte sono inconciliabili su temi decisivi (ricordo solo, ad esempio, temi di politica economica e internazionali). Penso che il confronto possa avere esiti positivi solo se verrà positivamente condizionato dal conflitto sociale, dalle disobbedienze della comunità, dalla ribellione di una parte rilevante della società che ritiene insopportabili le ingiustizie sociali e pericoloso il degrado delle strutture democratiche. Occorre collegare il confronto programmatico al conflitto sindacale e sociale.

Non servono confronti accademici tra gruppi dirigenti ma è necessario che movimenti, associazioni, sindacati (sto pensando al ruolo del movimento altermondialista, della FIOM, del sindacalismo autorganizzato, dell'ARCI) prendano nelle mani, sul piano degli obiettivi programmatici, la dialettica tra unità e radicalità, due sostantivi che vanno tenuti insieme. Qui siamo.

In un impegnativo convegno sulle foibe lo scorso 13 Dicembre con le sue ormai celebri conclusioni Fausto Bertinotti ha dato il via ad un ampio dibattito sulla non violenza indicata come strumento necessario per la trasformazione della società. Sposare la politica della non violenza siginifica rinnegare in qualche modo le lotte di liberazione dei popoli? Rappresenta, questa posizione, un taglio netto con la storia comunista e quella del movimento operaio?

Considero la non violenza il punto più alto possibile nell'attuale contesto per riaprire il tema della rivoluzione (che è l'obiettivo essenziale delle forze anticapitaliste). Non neghiamo la storia del movimento operaio né vogliamo fare della non violenza un filtro etico per giudicare le grandi lotte del passato (la Resistenza, ad esempio) o le lotte anticolonialiste dei popoli del Sud del mondo. La non violenza è una scelta politica di fronte allo "stato di terrore" che il capitale globalizzato impone al genere umano ed alla natura.

Parlo di non violenza non come assenza di conflitti; anzi, ne parlo come radicalità disobbediente che riscrive la grammatica delle liceità rompendo i legalitarismi formali: dal blocco dei treni della morte alle comunità in lotta (come a Scanzano), alle nuove lotte operaie. Della storia comunista rifiuto solo il suo statalismo, il suo militarismo, l'incapacità dei paesi del "socialismo reale" di trasformare la società e rivoluzionare i rapporti sociali. La mia, insomma, è una critica comunista al "socialismo reale".

Parallelamente si è sviluppata nel PRC anche una discussione sull'adesione al Partito della Sinistra Europea, il nuovo soggetto che raccoglie e unisce attorno ad un progetto politico, incentrato sull'opposizione alla guerra e alle politiche neoliberiste, le sensibilità critiche del continente (comuniste e non). Una casa comune per tutti quelli che si battono per "quell'altro mondo possibile". Perché è stato importante compiere adesso questa scelta? L'adesione al Partito della Sinistra Europea (reso ancor più evidente dal nuovo simbolo) mette in discussione il nostro "essere comunisti"?

Il Partito della Sinistra Europea è un evento politico importante, a cui abbiamo lavorato con passione. Il lavoro è, ovviamente, appena all'inizio, sia sul piano programmatico che sul piano aggregativo. Abbiamo costruito un "sistema a rete" in cui noi comunisti come comunisti lavoriamo insieme a partiti di cultura e percorsi diversi. Nessuno negherà se stesso; nessuno perderà l'anima. Potremo, insieme, affrontare la critica radicale a questa Europa liberista ricostruendo uno spazio pubblico europeo, una cittadinanza transnazionale ed un conflitto sociale ed ambientale comuni. Mi sembra un'impresa eccezionale, inedita (e, perfino, entusiasmante).

Marco Ravera e Andrea Petronici
Savona - 25 Marzo 2004