La sinistra e l'immigrazione

Presentazione della seconda conferenza - Relatrice Valeria Ottonelli

Osservare il fenomeno migratorio in Italia significa anche prendere atto del fatto che si quantificano in più di 3 milioni le presenze degli immigrati. Tre milioni di volti, di storie, di desideri, di tradizioni, di sconfitte, di culture, di religioni, di bellezze e di progetti. Tre milioni di uomini e donne di ogni età che cercano dignità e possibilità di vita e futuro.

In italia invece esiste un diritto duale veicolato dalla legge Bossi-Fini che non è altro che un trattato di razzismo istituzionale. Questo tema deve essere particolarmente sentito da chi non pensa che i diritti di cittadinanza siano prerogativa dei soli nativi (ius sanguinis) e che tale questione non possa essere trattata come a sparta durante il sesto secolo avanti Cristo.

Luca Paroldo
Responsabile Cultura e formazione PRC Savona
Savona - 26 Gennaio 2009

L'ascolto della seconda conferenza - A chi mi dice mai (Don Giovanni)

Mozart il migrante

Si può essere migranti per le ragioni più diverse: la fame, la sete, la guerra, o anche, come nel caso di Mozart, la voglia di nuove prospettive, il desiderio di uscire da una condizione psicologica e materiale che lo voleva eterno fanciullo prodigio e sostentamento unico per la famiglia su Wolfgang Amadeus Mozartcui regnava come patriarca assoluto il padre. Leopold Mozart, lo aveva cresciuto dandogli la migliore educazione possibile dal suo punto di vista, sembrerebbe proprio in funzione di quello scopo, e che, per tutta la sua vita, non mancò mai di indurre in Wolfgang uno stato di sudditanza psicologica.

"Solo il presente ti assorbe completamente e ti seduce" gli ricordava il padre nell'ennesima lettera di rimproveri, solo apparentemente aventi lo scopo di proteggere un inesperto figlio. La lettera del 1778 era stata ricevuta dallo stesso figlio mentre a Parigi con la madre, cominciava ad assaporare i successi non più dovuti al bambino prodigio ma all'adulto musicista e vedeva finalmente possibile chiudere i conti con un edipico passato che gli impediva di affrancarsi dai suoi due fantasmi: il padre e l'arcivescovo Hieronymus Colloredo principe della corte di Salisburgo oltre che suo signore e padrone il quale nel 1781 lo farà licenziare a pedate dal conte Arco non potendo più sopportare le intemperanze di un giovane che, cresciuto in odore di forti repressioni, si sentiva appartenere ad un mondo più ampio che non quello in cui era stato fino ad allora costretto. (il passaggio è storicamente importante in quanto segna l'aspirazione al passaggio dei musicisti da uno status cortigiano a quello di libero professionista che si realizzerà pienamente nel periodo classico con Beethoven).

Fino da bambino Mozart fu costretto a un numero impressionante di viaggi in tutta Europa. Il padre Leopold verso la metà del 1763 ottenne finalmente il permesso di assentarsi dal suo posto di vice Kapellmeister presso la corte del principe vescovo di Salisburgo. Tutta la famiglia intraprese così un lungo viaggio, che durò più di tre anni. Essi toccarono quelli che erano i principali centri musicali dell'Europa occidentale: Monaco, Augusta, Stoccarda, Mannheim, Magonza, Francoforte, Bruxelles e Parigi , poi Londra (dove rimasero per ben quindici mesi), quindi di ritorno attraverso L'Aja, Amsterdam, di nuovo Parigi, Lione, la Svizzera e infine arrivando a Salisburgo nel novembre 1766.

Mozart suonò nella maggior parte di queste città, da solo o con la sorella, ora presso una corte, ora in pubblico, ora in una chiesa. Le lettere che il padre Leopold scrisse agli amici di Salisburgo, raccontano l'universale ammirazione riscossa dai prodigi di suo figlio. Poi tre viaggi in Italia Il primo cominciò il 13 dicembre 1769 e durò quindici mesi, portando padre e figlio in tutti i principali centri musicali della penisola; come al solito essi sostarono in ogni località dove potesse essere tenuto un concerto o dove un nobile desiderasse sentire Mozart suonare. Il terzo e ultimo viaggio italiano durò dall'ottobre 1772 fino al marzo 1773.

Si affrontavano questi viaggi massacranti per procurarsi commissioni per opere o pezzi strumentali a volte anche poco retribuiti nella speranza più del padre che sua, di ottenere un posto decoroso in qualche corte Europea.

Da queste peregrinazioni possiamo ragionevolmente desumere che il giovane musicista Wolfgang Amadeus Mozartmaturò la convinzione che il mondo e la vita possibile dovessero essere qualcosa di estremamente diverso da quella che gli veniva imposta dalle amorevoli cure ma, più spesso, vessazioni paterne. Il tono lamentoso di queste vessazioni è bene espresso in una lettera del febbraio 1778 "se continui a inseguire le tue vuote speranze ridurrai me e tua sorella a due mendicanti" leggere pag 14 Solomon (...di sua moglie non fa cenno... ma in fondo...)

Il padre svela il motivo per cui Wolfgang sentisse così urgente una prospettiva "parricida".

Dopo anni di conflitto interno ed esterno Mozart finalmente scelse. Scelse Vienna, la capitale culturale Europea, finendo però per diventare nella città natale Salisburgo, quasi una non persona, tenuto a distanza dalla sorella, respinto dal padre e misconosciuto dai concittadini e dalle istituzioni locali e questa ribellione, ci sono buone ragioni per credere, sia all'origine del rafforzamento della sua grandezza creativa.

A spingere i migranti sono senza dubbio la fame, la sete, la guerra ma insieme a queste va considerato che spesso i viaggi della speranza, inseguono la costruzione di una nuova identità. "Le nostre sofferenze vengono non solo dai vivi ma anche dai morti" dice Marx nell'introduzione al Capitale, probabilmente suggerendo che a fianco alle garanzie minime di sussistenza, gli uomini devono avere il diritto di poter modificare il loro stato di cose, la loro realtà, uccidendo i fantasmi e ricostruendo, qualora intendano farlo, la loro speranza ad una vita nuova.

Il coraggio e la caparbietà del giovane Mozart, che è lo stesso coraggio che appartiene ai milioni di migranti che inseguono una nuova prospettiva di vita, nella maggioranza dei casi con mezzi infinitamente inferiori a quelli seppur non principeschi della famiglia Mozart, ci ha regalato i più entusiasmanti capolavori del suo catalogo. A Vienna Wolfgang definitivamente libero e perfettamente dentro il suo autentico progetto esistenziale, esprime tutta la sua inarrivabile potenza compositiva regalandoci capolavori come: Le nozze di Figaro, Il flauto magico, Don Giovanni.

Mozart era davvero prodigioso. Dal conte Pachta fu invitato un'ora prima per comporre delle musiche per la serata. Alla sorella invia un preludio ed una fuga in ordine invertito e scrive che mentre trascriveva la fuga componeva il preludio. A Roma trascrive a memoria il Miserere di Allegri a nove voci dopo un solo ascolto.

Eppure Mozart era un immigrato in cerca di lavoro e lo fu per quasi tutta la vita, incontrando gli ostacoli e le difficoltà di lingua e di diversità di costumi che tutti gli immigrati sono costretti ad affrontare. Come tutti gli immigrati è stato guardato con iniziale sospetto e sempre messo alla prova dovendosi guadagnare ogni volta stima e rispetto lui, il più grande di tutti ed ogni volta ha stupito il mondo.

Il problema è proprio questo: quasi mai chi va a cercare fortuna è Mozart e, se anche lo fosse chissà, forse non ce ne accorgeremmo tanti sono i pregiudizi che mettono in campo le nostre paure. Cosa perdiamo e cosa guadagniamo dall'assunzione di questo atteggiamento? Guadagniamo un senso di vergogna che attraversa le nostre coscienze o nel peggiore dei casi l'indifferenza egoistica che sembra essere la cifra del nostro tempo, forse però perdiamo opere come l'ouverture del Don Giovanni composta in una sola notte e pensata in una fredda carrozza tra Praga e Vienna.

Siccome il ruolo che i generosi organizzatori di queste serate mi hanno attribuito è quello dell'alleggeritore prevedendo quindi,( e sia chiaro, io non mi unisco a questo giudizio), una certa pesantezza dei relatori che seguono, ci provo così:

P.S. Postilla suggestiva non scientifica. A proposito di pericolosi fantasmi. Dalle tante insidie da cui si può volere fuggire ci può essere quella rappresentata da una donna o da un uomo che non si ama più e che non si da consolazione della fine di questo amore. Mozart ce ne da una versione davvero gustosa nell'aria che l'innamoratissima Donna Elvira, che ne ha già subito di tutti i colori, canta esternando la sua furia vendicatrice verso Don Giovanni che fugge per non essere investito da tanto furore.

Donna Elvira

Ah, chi mi dice mai
Quel barbaro dov'è,
Che per mio scorno amai,
Che mi mancò di fe?
Ah, se ritrovo l'empio
E a me non torna ancor,
Vo' farne orrendo scempio,
Gli vo' cavare il cor.

Giovanni La Grotteria
Savona - 30 Gennaio 2009

A chi mi dice mai (Don Giovanni)