Per un progetto comunista

Intervista a Marco Veruggio

Il VI Congresso di Rifondazione Comunista è ormai alle porte. Un congresso che discuterà ben cinque documenti. Tra questi, almeno nella nostra Federazione, un ruolo di primissimo piano lo ricoprirà la mozione presentata dai compagni di Progetto Comunista già in passato alla guida della Federazione di Savona (Segretria Ferrando e Segreteria Turchi) che lo scorso congresso raggiunsero il 48.58% dei consensi.

Un documento, dicono i promotori, che rappresenta la vera alternativa alle scelte di Bertinotti, una mozione che propone di rompere con il Centrosinistra per costruire un polo anticapitalistico. Ne abbiamo parlato con Marco Verruggio della Segreteria Regionale del PRC, nonché esponente di primo piano di Progetto Comunista in Liguria.

Il VI Congresso di Rifondazione Comunista stabilirà senza alcun dubbio e senza alcuna ambiguità la linea politica del nostro partito per i prossimi anni. Quale dovrebbero essere, secondo la proposta congressuale che qui rappresenti, le strategie e le scelte future del PRC?

Spero che sia come dici tu, perché allo scorso congresso in realtà non è andata così. Era stato presentato come il congresso della "svolta a sinistra", si discuteva su come "rompere la gabbia del Centrosinistra". Bene,Marco Verruggio a distanza di due anni, ci troviamo, non solo a non aver rotto alcunché, ma a stare dentro la GAD. La nostra proposta rappresenta esattamente il capovolgimento di questa impostazione. Il ragionamento è semplice. La politica del "compromesso dinamico" - per usare le parole di Fausto Bertinotti - ha fallito tutti i suoi obiettivi: il Centrosinistra, nonostante le campagne prodotte dal PRC, non ha promosso alcun miglioramento sul piano della condizione materiale dei lavoratori e delle classi subalterne; invece che sradicare la destra le si è sgombrato il terreno per poter radicalizzare l'attacco contro i nostri settori sociali di riferimento; invece che favorire l'aggregazione dei movimenti attorno a una proposta antiliberista li stiamo riconducendo nell'alveo delle politiche di Prodi, mettendo in crisi tra l'altro il nostro rapporto con loro.

La presa di distanza di settori sempre più significativi, dai COBAS al movimento di solidarietà con la Palestina e, sull'Iraq, perfino della FIOM e di Emergency, rappresentano il risultato della controsvolta di Bertinotti verso l'accordo di governo col Centrosinistra. Anche la frattura coi Disobbedienti in seguito alla vicenda D'Erme e alla questione degli "espropri" ha lo stesso significato. Come sai, noi non abbiamo mai condiviso la strategia della disobbedienza, ma è un fatto che, rompendo coi Disobbedienti, Bertinotti manda un messaggio rassicurante ai salotti della borghesia italiana e si accredita come un alleato di governo finalmente affidabile. Insomma, se il compromesso dinamico è fallito bisogna cambiare radicalmente la strategia.

In sede congressuale verranno affrontati diversi aspetti del nostro essere comunisti, ma è indubbio che l'accordo programmatico con le forze del Centrosinistra viene visto come il fulcro dell'intero dibattito. Una scelta impegnativa dettata dalla necessità di cacciare Berlusconi, una scelta che ha portato alla nascita della Grande Alleanza Democratica (GAD). Ma come sono conciliabili le nostre proposte con quelle dei partiti del Centrosinistra? L'accordo organico di governo è l'unica strada percorribile?

Il programma della GAD e il PRC sono geneticamente incompatibili. Allo stesso tempo è necessario dare una risposta a chi ci chiede di mandare a casa Berlusconi. Come se ne esce? Semplicemente trovando una tattica elettorale che ci consenta di coniugare l'unità d'azione col Centrosinistra senza sacrificare l'autonomia politico-programmatica dei comunisti e del loro blocco sociale di riferimento. Nel '96 proponemmo un modello di desistenza, diverso da quello poi praticato dal Partito (che si rivelò poi, nei fatti, un accordo non solo tecnico ma politico). Oggi un ragionamento di quel tipo è riproponibile, ovviamente se la legge elettorale sarà la stessa, il che andrà verificato. In ogni caso è chiaro che se si vuole rompere il bipolarismo l'aritmetica ci dice che o costruiamo un terzo polo oppure non soltanto non lo rompiamo ma contribuiamo a rafforzarlo.

Nella costruzione dell'alternativa di società, che rimane il nostro obiettivo, un ruolo decisivo dovrebbero ricoprirlo le lotte sociali promosse dai movimenti. Ma in che modo riusciranno ad influire nella vita politica nazionale?

L'unico modo che i movimenti hanl'assemblea fondativa dell'Associazione Marxista Rivoluzionaria Progetto Comunistano per poter contare è quello di non farsi addomesticare da Prodi. Per questo un anno fa abbiamo lanciato un Appello ai movimenti che lanciava la parola d'ordine della rottura col centro liberale dell'Ulivo e che ha ricevuto l'adesione di centinaia di militanti sindacali e attivisti del movimento no global e pacifista, oltre che di intere strutture sindacali, centri sociali e associazioni. È evidente che oggi la Lista unitaria, per potersi accreditare come la carta di governo vincente agli occhi di Montezemolo e di Fazio, deve dimostrare di saper ricondurre i movimenti all'ovile del dialogo e della pace sociale. Per questo la tenuta e il rafforzamento delle lotte sono incompatibili con la GAD e la formula bertinottiana "governo leggero-movimenti pesanti" è una pia illusone. Del resto Lula docet!

Per anni all'interno e all'esterno del nostro partito si è parlato di un progetto per la costruzione della "Sinistra Alternativa". Condividi questo progetto? La nascita della GAD non rischia di farne tramontare definitivamente la costituzione?

Il problema è capire, al di là della terminologia, quale sia il significato delle formule. In realtà la GAD rappresenta l'esito naturale della sinistra di alternativa così come la maggioranza del V Congresso la intendeva: un'aggregazione di forze che negoziasse coi cosiddetti riformisti nel quadro di un'alleanza politica di governo, che è sempre stata l'obiettivo perseguito da questo gruppo dirigente. Progetto Comunista parla invece di un terzo polo anticapitalistico, perché pensiamo che la proposta da rivolgere ai movimenti, alle organizzazioni politiche e sociali della sinistra antagonista debba essere quella di dar vita a uno schieramento realmente alternativo a chiunque proponga ricette neoliberiste, fondato dunque su un programma antiliberista - e quindi anticapitalista - e di costruire un'opposizione di massa all'applicazione di tali ricette.

Negli ultimi mesi nel nostro partito si è discusso molto della politica della nonviolenza. Una nuova proposta identitaria vista come strumento necessario per la trasformazione della società. Questa scelta rappresenta un taglio netto con la storia comunista e quella del movimento operaio? Rinnega in qualche modo le lotte di liberazione dei popoli?

Quella proposta fondamentalmente rinnega la logica. Qualsiasi tentativo di mettere in discussione l'assetto della società determina una reazione violenta da parte delle classi dominanti. Quindi o si rinuncia oppure si prende atto che la politica è lotta per il potere e che, di conseguenza, l'utilizzo della forza farà necessariamente parte di questo percorso. Ciò non significa ovviamente indulgere al violentismo, al culto dell'illegalità o del guerriglierismo. I tupamaros che in Uruguay sostengono le politiche del FMI sono la dimostrazione che impugnare un'arma non significa essere più radicali.

Anche qui però la discussione lanciata da Bertinotti non va intesa come una disputa astratta. La teorizzazione della non violenza e della rinuncia al potere mirano a "rassicurare il borghese" in vista di un PRC di governo. Il problema è che il Segretario nazionale non ci ha spiegato come si coniuga la non violenzMarco Veruggio durante un comizio
foto di Valerio Torre
l'assemblea fondativa dell'Associazione Marxista Rivoluzionaria Progetto Comunista
a con il sostegno all'"eroe di guerra" del Vietnam John Kerry oppure come si accompagnano la denuncia del potere come "male in sé" alla teoria secondo cui per difendere le ragioni dei lavoratori si debba per forza entrare nella "stanza dei bottoni" e quindi chi suggerisce l'alternativa dell'opposizione è un povero idealista minoritario per vocazione.

Per chiudere. Perché un iscritto al VI Congresso di Rifondazione Comunista dovrebbe votare il documento da te sostenuto?

Per due ragioni. La prima: esiste un problema percepito dal corpo del Partito in modo trasversale: quello della democrazia interna. L'autoriforma e la lotta allo stalinismo facevano baluginare agli occhi degli iscritti un partito più democratico, ma, caduti i lustrini e le paillettes, ci siamo ritrovati dentro la Sinistra Europea e la GAD e con 14 accordi regionali annunciati senza discuterne. Per questo un anno e mezzo fa avevamo chiesto un congresso straordinario, nel silenzio di quelli che improvvisamente si sono scoperti "aree critiche". Tutto ciò non rappresenta solo un problema "di metodo". È evidente che la subalternità politica del PRC all'Ulivo implica che i nostri tempi decisionali siano subordinati alle scadenze del Centrosinistra, in cui democrazia e coinvolgimento dei militanti (quando ci sono) contano come il due di briscola. D'altra parte il punto debole nella polemica contro lo stalinismo è che si è criticato il suo involucro, la burocratizzazione, senza discuterne la sostanza e cioè la politica frontista di alleanza coi grandi partiti della borghesia. In questo modo non si sono eliminati né l'uno né l'altra.

La seconda: è necessario giustappunto rovesciare proprio la prospettiva frontista. In questo congresso al di là della proliferazione di documenti si affrontano come sempre due linee, individuate proprio dalla collocazione delle varie aree su questo tema. Bertinotti propone l'alleanza tout court con Prodi; l'Ernesto la subordina ai paletti programmatici; Erre (alias Sinistra critica) propone l'appoggio esterno (finché i movimenti non sono maturi...); Falce e martello sostiene l'alleanza di governo con Fassino e Cossutta(!) e Luigi Izzo dice no all'ingresso nel governo nazionale e sì a quello nelle giunte locali. Sono - come vedi - tutte articolazioni tattiche di una stessa impostazione, a mio modo di vedere sbagliata e costruita sulla rimozione di quanto avvenuto in questi anni.

Progetto Comunista si contrappone a questa impostazione e per questo è di fatto l'unica alternativa strategica. Questa contrapposizione significa anche rivendicare un modo diverso di fare politica, attraverso scelte chiare, comprensibili per la nostra gente, democraticamente discusse, rifiutando i tatticismi, le decisioni strumentali, le scelte di autopromozione individuale.

Marco Ravera e Andrea Petronici
Savona/Genova - 28 Novembre 2004


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