Per uno sciopero generale provinciale

Lettera aperta ai lavoratori della Ferrania

manifestazione dei lavoratori della Ferrania a Genova - foto di Francesco DeriuCari compagni, cari lavoratori,
è da un po' di tempo che il nostro circolo, non è fisicamente presente tra voi, anche se seguiamo attentamente, purtroppo con grande apprensione, le vicende delle aziende presenti sul territorio della Valle Bormida. L'attacco alla occupazione, determinato non solo dalla Legge 30, ma dalle molte altre questioni, quale ad esempio, la emigrazione delle multinazionali nei paesi dove il costo della mano d'opera è minore e dove l'attuale situazione politica europea induce il capitale a ricercare speculativamente di ridurre i costi di produzione, approfittando situazioni di fame e di miseria di quei paesi, dove i lavoratori vengono abbondantemente sfruttati e non hanno difese.

Qui da noi, accade quindi, che si chiudono aziende come la Rolam, come la Comilog e piano piano anche la vecchia gloriosa Magrini subirà la stessa sorte. La situazione più eclatante tuttaivia resta, non solo per il numero dei lavoratori che rischiano il posto di lavoro, è la situazione della Ferrania. Lì in quel sito industriale, svuotato alcuni anni fa delle potenzialità produttive, con la vendita da parte di Imation alla Kodak, dei brevetti, della rete commerciale, dei mezzi economici operativi, si sta realizzando uno dei più gravi massacri dell'occupazione.

Non c'è paragone con nessuna altra realtà produttiva. Non c'è vicenda che possa ricondursi alla gravità della situazione che si sta consumando in quello stabilimento, un tempo vanto non solo della nostra valle, ma dell'Italia tutta.

Lì in quella azienda c'è sempre stata una grande fiducia (mal riposta, forse) nella dirigenza, lì ancora oggi, a nostro avviso non si è ancora capito che la trattativa bonaria non porterà altro che ad uno smantellamento, a uno spezzettamento della realtà produttiva e di conseguenza ad una perdita, una enorme perdita, di posti di lavoro. Quante promesse sono state fatte, un po' da tutti, istituzioni, personaggi di partito, quante speranze sono state coltivate, per arrivare oggi a riprendere la strategia della cassa integrazione. Per arrivare ad oggi a subire un duplice ricatto che sta nelle cose, che sta da un lato nella politica di liberismo selvaggio dei mercati, che è nella logica e nella filosofia del Governo, che induce i lavoratori a piegare la testa di fronte ad un vuoto di strategia industriale, alla mancanza di materie prime per produrre, alla sempre minore penetrazione nei mercati, e dall'altro lato, e come conseguenza inevitabile, ora, nonostante l'accesso alla Prodi bis, alla spada di Damocle del possibile fallimento della impresa Ferrania.

Noi abbiamo detto fin dall'inizio che non c'era altra soluzione per salvare i lavoratori, che l'intervento del Governo, non con le promesse di una attenzione (apertura di un tavolo di trattativa), o interventi tampone (come la possibilità di partecipare a gare di appalto, nonostante l'attuazione della Prodi bis, o con la corsia preferenziale di produrre materiale fotosensibile per le strutture dell'esercito o quant'altro di diretta emanazione dello Stato), ma con un massiccio investimento che realizzi la conversione produttiva dell'azienda, liberandola innanzitutto dalla dipendenza delle altre grosse multinazionali che operano nello stesso settore produttivo, e, che realisticamente non hanno, proprio per le regole del mercato liberalizzato, nessun interesse a mantenere attiva una concorrente (anche se nella attuale situazione poco temibile).

E abbiamo detto anche un'altra cosa, passata purtroppo sotto silenzio. Abbiamo detto che dovevano essere i lavoratori di Ferrania a gestire in prima persona la rivendicazione della conferma dei posti di lavoro, anche con l'occupazione (non simbolica) del sito produttivo. E sosteniamo ancora oggi l'invito alle organizzazioni sindacali rappresentative a creare, dentro alla Ferrania, intorno ad essa ed intorno alle altre realtà produttive in crisi, con uno sciopero ad oltranza in tutta la provincia, le condizioni di un intervento serio e concreto da parte delle istituzioni e del governo.

Non è più tempo di concertare o trattare; le vicende degli autoferrotranviari e delle acciaierie di Terni e della FIAT di Melfi dovrebbero pure insegnare qualcosa. Aggiungiamo una annotazione, che può sembrare una sciocchezza ma che in buona sostanza non lo è (a nostro avviso). Il 22 Maggio ci saranno molto cittadini che staranno con il naso all'insù a vedere esibirsi le frecce tricolori. Noi abbiamo suggerito agli organizzatori (e con noi tanti abitanti di Cairo che hanno firmato una richiesta in tal senso) di mandare a monte questa costosissima manifestazione e di devolvere gli euro (milioni di euro) a sostegno delle aziende in crisi.

Noi siamo con voi compagni.

Giorgio Magni
e il Direttivo del Circolo Bella Ciao di Cairo Montenotte
Cairo Montenotte - 12 Maggio 2004