Il Piano è il frutto di una scelta politica e di un itinerario tecnico

Intervista a Giampietro "Mimmo" Filippi

Troppo troppo spesso si sente parlare di discariche, di rifiuti, di inceneritori, di raccolta differenziata con una tale approssimazione e leggerezza da far pensare che alla base non vi sia alcuna Mimmo Filippiconoscenza tecnica, alcun approfondimento, ma solo la voglia di disinformazione e la necessità di fare polemica.

Noi abbiamo preferito, invece, andare alla fonte e parlare direttamente con Giampietro Filippi, per tutti Mimmo, Assessore provinciale con deleghe ai rifiuti, l'autore del Piano provinciale i cui criteri sono applicati in quasi tutto il Nord Italia, ma nella nostra provincia vengono, nella migliore delle ipotesi, etichettati come irrealizzabili.

Vorremmo iniziare questa intervista affrontando un aspetto che a nostro parere è centrale nel tentativo di comprendere meglio il lungo percorso politico ed amministrativo compiuto dal Piano Provinciale dei Rifiuti. Dalla tua esperienza sei riuscito a darti un motivo del perché, pur essendo la gestione ed il riciclo dei rifiuti temi attualissimi, l'approvazione del Piano sia stata caratterizzata da un percorso così difficile? Perché tanti attriti tra le forze del Centrosinistra?

Quando abbiamo iniziato l'esame del Piano provinciale dei rifiuti non tutti erano d'accordo. Erano condivisi e accettati i criteri esposti nel programma di Bertolotto, ma ciascuno leggeva quei criteri come meglio credeva e come meglio conveniva. Il "partito dell'inceneritore" c'era è c'è, anche nel centrosinistra, e quindi credetemi quando dico che ho dovuto fare una certa fatica per riuscire a portare tutti, ciascuno avendo seguito un suo percorso, sulla stessa posizione.

Molti nel centrosinistra si portavano ancora dietro le soluzioni previste del vecchio Piano, partito dalla coda nella sua elaborazione. Avevano cioè deciso di fare l'inceneritore e poi avevano accomodato intorno tutti gli altri elementi, come la raccolta differenziata, ma non oltre il 35% come previsto dai limiti inferiori del decreto Ronchi.

Altri motivi di questa faticosa elaborazione sono stati causati dall'individuazione del sito nel ponente, che ha portato discussioni lunghe sull'albenganese. Si è accettato infine quello che Albenga ha indicato, anche se io personalmente premevo per l'individuazione di altri siti. Se a questo aggiungiamo il fatto che io ero il "rompiscatole" che non doveva andare a far parte della Giunta il quadro è fatto.

Il Piano è insieme il frutto di una scelta politica e di un itinerario tecnico. A monte deve stare la scelta politica, fatta la scelta politica tu devi costruire lo strumento tecnico per realizzarla. La scelta per me era già contenuta nel documento programmatico di Bertolotto. Ed era poi contenuta nella prima delibera del luglio 2004, quando io ho scritto che si dovevano esplicitare meglio i criteri con cui doveva essere redatto. Se questi criteri fossero stati rispettati, a me sarebbero bastati 6 mesi per portare il piano al voto.

Sapete che sono giovane alla politica, almeno a questo tipo di politica... La cosa che mi ha lasciato perplesso, nauseato, è stato l'atteggiamento della destra, ma la cosa che mi ha stupito di più è stato, invece, l'atteggiamento dei socialisti che in sede di adozione il Piano lo hanno votato per poi abbandonare l'aula in sede di approvazione. L'opposizione di destra è stata addirittura schizofrenica nei suoi atteggiamenti, perché ha votato No al vecchio piano che prevedeva il 35% di differenziazione e l'inceneritore; si è astenuta in sede di adozione del piano. Ha abbandonato l'aula, con Mimmo Filippii socialisti, chiedendo che il presidente mi esautorasse... Quindi non le va bene la raccolta differenziata a bassi livelli e l'inceneritore. Non le va bene la raccolta differenziata ad alti livelli. Non so nelle nostre condizioni quali altre soluzioni, economicamente compatibili, possano essere applicate. Il mio piano costa 10 milioni di meno di quello di prima.

Il giorno della approvazione definitiva del Piano, approfittando della presenza del Comitato No Cianciarin, la destra poi ha fatto una gazzarra indegna. Il signor Melgrati ci ha attaccato, ha attaccato la Giunta con la solita scusa berlusconiana sulla storia della giunta ostaggio della sinistra "massimalista". A me scappava quasi da ridere, mi sono girato verso Bertolotto e gli ho detto: "Tu sei un mio ostaggio...". Melgrati mi ha attaccato sul piano personale, come geologo e poi ha tirato fuori l'idiozia dell'inceneritore. E non ha avuto neanche il buon gusto, la correttezza, di aspettare la replica. Se ne è andato. Quindi, veramente questa opposizione è qualcosa di veramente inutile e improduttivo sulla gestione della "cosa pubblica".

Abbiamo l'impressione che sempre più spesso i cittadini si sentano disturbati dall'applicare nella vita di tutti i giorni soluzioni che a parole condividono. Cambiamenti anche minimi nello stile di vita quotidiana sembrano improponibili, nonostante siano necessari per ottenere benefici per tutti. Se condividi questa nostra impressione, ritieni che questo atteggiamento sia di ostacolo all'applicazione del Piano? Come pensi di contrastarlo?

Dunque, intanto c'è da distinguere cittadino e cittadino. A livello anagrafico posso dire che a grandi linee ci sono tre blocchi: il primo arriva ai 25-30 anni che è favorevole in genere alle soluzioni proposte dal Piano. Oltre i 55-60 anni non dico che sono favorevoli sotto il profilo ideale, culturale, ma sono favorevoli per un maggiore senso di ordine, pulizia, rispetto. La fascia di mezzo è quella più problematica. Ma il problema non è solo tra i cittadini.

Una delle mie grandi delusioni è stata la mediocrità culturale incontrata in genere nelle istituzioni, nei politici. Ci sono certamente delle difficoltà, è innegabile. Applicare il Piano significa impiegare dei soldi, la finanza locale non è certo nelle condizioni migliori e il rifiuto è ancora visto come un elemento subordinato rispetto agli investimenti o alle cose da fare per essere eletti la volta successiva. Uno degli approcci più diffusi non è "cosa faccio per la collettività". L'approccio più diffuso è "cosa faccio perché possa essere rieletto la prossima volta". L'impostazione di fondo è quella lì.

Il Piano è un progetto importante, ma non è una novità. Ci sono 2000 comuni in Italia che applicano la raccolta differenziata. È quello che proponiamo noi, non abbiamo inventato niente, abbiamo preso dei criteri e li abbiamo dimensionati sulla realtà savonese. Comunque il Piano ha un senso se è applicato su grande scala. Non si può avere il "Comune pinco" che lo applica e il "Comune pallo" che non lo applica. Non lo si può adottare a macchia di leopardo. Deve essere fatto a grandi aree, su tutta la provincia.

Questo impatta spesso con le incapacità delle amministrazioni locali a parlarsi le une con le altre. Siamo in un tempo in cui ci misuriamo su grandi entità, su milioni di km quadrati di territorio e su centinaia di milioni di abitanti: vedi l'Europa dei 25. Due comuni che sono sulla stessa barca per il problema dei rifiuti non sono capaci di lavorare insieme. L'attenzione finisce spesso sulla linea immaginaria del "confine comunale". E questa è una grossissima difficoltà.

Ci sono poi mentalità molto populiste: la mentalità del consigliere della Lega, che oggi è passato a Forza Italia, che si presenta in Consiglio con la maglietta "Non in casa mia" riguardo alle discariche. Una mentalità individualista, priva di senso di solidarietà e assunzione di responsabilità collettive in un discorso in cui ci vuole un collegamento all'interno della famiglia, del condominio, del comune così da porre i rifiuti allo stesso modo nello smaltimento. Questo è un egoismo di uno squallore unico...Mimmo Filippi

Come pensi di combattere questi atteggiamenti, soprattutto per i cittadini?

Io continuo a sollecitare i comuni a fare il massimo possibile di informazione e formazione. Ecco io penso che il Comune di Savona, attraverso ATA, si sia mosso abbastanza bene nel processo che ha redatto per il ponente della città. Hanno mandato in giro tre stagisti che hanno battuto a tappeto tutto il territorio di Legino, Zinola, via Chiappino, via Chiavella, insomma il ponente. Un territorio dove ci sono più spazi fisici e dove si può avere una cesura fisica con il resto della città. Una cesura fra la zona dove lo fai e dove non fai l'applicazione della raccolta. Così da evitare le migrazioni di rifiuti.

Queste persone, dicevo, hanno interpellato tutte le famiglie, sia per censire le presenze di attività, famiglie, ecc... una anagrafe che serve anche a livello tecnico per la distribuzione dei materiali di raccolta oltre a servire per recuperare i "furbi" che non hanno mai pagato la TARSU. A ciascuno è stato spiegato quali erano le finalità del discorso. Contatto personale, dunque. Poi bisogna rincontrare tutti per dire loro come si fa la raccolta differenziata: "ti daremo questi cassonetti, questi sacchetti, ci saranno questi orari".

Se ci limita ad una comunicazione via lettera, molto spesso questa è insufficiente. Molte lettere non arrivano a destinazione. E poi devi stare a sentire anche le obiezioni anche se sono sempre uguali e se le ritieni banali. Io sono disponibile ad incontrare tutti i comuni per questi fini.

Sul discorso del compostaggio domestico, ad esempio, ossia la separazione del rifiuto umido attraverso un batterio che utilizza l'ossigeno e trasforma il rifiuto in una sostanza organica utilizzabile nuovamente per per il suolo... che poi è quello che Madre natura fa da centinaia di migliaia di anni, è quel terriccio marroncino che sembra muschio e che è ai piedi delle piante, e non è altro che la trasformazione dei resti dei vegetali in questa forma. Sul compostaggio, scusate la parentesi, dobbiamo spiegare che, laddove è possibile farlo, non risolve i problemi, ma li aiuta di molto. Anche economicamente.

Mi spiego meglio. La frazione umida, quella per il compost, è circa il 30% della complessiva massa dei rifiuti (nel sud e nelle campagne anche di più) e siccome una tonnellata di rifiuti costa, nel processo di smaltimento, fra i costi trasporto, raccolta e discarica, quando i cittadini capiscono che se riescono a togliere dal ciclo dei rifiuti un qualcosa che sia anche 50 o 100 kg all'anno e che stanno partecipando in modo operativo all'attuazione di un progetto, e che loro scelgono di farlo proprio, diventano interessatissimi.

Ho visto a Noli, a Voze, a Tosse della gente che era veramente attratta e si sentiva protagonista di un qualche cosa. Bisogna rendere protagoniste le persone. Se si sbaglia l'approccio si rischiano le reazioni contrarie. Ad Albenga c'era la Guarneri della Lega che si era messa a raccogliere le firme contro la raccolta differenziata... Non vorrei essere polemico, ma siamo davanti a persone che non conoscono la tematica, che orecchiano vagamente il tema, che non hanno una elevatissima cultura - e non ha il dovere di averla - nel merito, che ha le sue disponibilità, i suoi egoismi e i suoi problemi. Vai loro a spiegare che il bilancio energetico di un inceneritore non è quello che dicono essere. E ancora. Non bisogna vedere solo quanto ti costa di più la raccolta differenziata. Nel bilancio complessivo dell'operazione non ci devi mettere solo quello che tu paghi o meno, ma ci devi mettere quello che sulla bilancia dei pagamenti risparmi: come ad esempio l'acquisto di meno petrolio, il minor numero di sviluppo di malattie dell'apparato respiratorio, ci devi mettere quello che risparmi se una fase dell'intervistacontrollando minimamente il clima hai meno episodi piovosi intensi che provocano alluvioni tutti gli anni. Questo è il bilancio reale della situazione, è il Piano deve essere spiegato anche così. Io credo comunque che attraverso processi progressivi di emulazione, curiosità che nasce, invidia, di controllo sociale si può avere uno sviluppo in tal senso.

Approvato il Piano, si dovrà provvedere alla sua applicazione nelle diverse realtà urbanistiche e produttive del nostro territorio. In questo senso assume particolare importanza l'esperienza che si sta svolgendo ad Albenga, seconda città della nostra provincia. Che valutazione ne dai? In particolare, ritieni che la cittadinanza sia stata abbastanza coinvolta e sensibilizzata nell'attuazione della raccolta differenziata "spinta"?

Sì, ma tanto spinta non lo è ancora, appena appena così, esortata a muoversi. Perché oggi Albenga fa una raccolta differenziata famiglia per famiglia, ma non fa la separazione delle diverse categorie merceologiche: plastica, carta, vetro e metalli. Fa la raccolta di alcune di queste categorie. Alcune da una parte, il resto dall'altra. Ha una via di mezzo. Il loro problema, soprattutto nelle frazioni, era quello di ricevere i rifiuti dalle attività agricole. Oggi, quando hanno iniziato ad andare un poco a regime, risparmiano 20/30 mila euro al mese di conferimento di scarico.

Per me Albenga, checché se ne dica, è una situazione che mi sta particolarmente a cuore. Ci sono delle grosse difficoltà: hanno avuto alcuni tentennamenti nell'informazione a livello di approfondimento della raccolta differenziata. Hanno sbagliato l'approccio facendo solo delle assemblee di frazione, dove chi c'era c'era e chi non c'era non c'era. Hanno problemi legati anche alla loro società EcoAlbenga, che ha difficoltà di tipo economico, ma è comunque positivo che abbiano fatto questi incontri. Oggi sono intorno al 35% di raccolta differenziata. E questo è un dato importante che come provincia abbiamo cercato di sostenere.

Alla fine del 2005 è uscito un bando per l'assegnazione di incentivi ai Comuni che o da soli o in raggruppamenti avessero presentato dei progetti per l'iniziale applicazione dei criteri del Piano. La provincia stanziò 1.450.000 euro, che sono una goccia nel mare, cui si sono aggiunti i 350.000 euro dalla Regione per lo specifico della raccolta differenziata della frazione umida e l'avviamento al compostaggio. Sempre come Provincia abbiamo stanziato e utilizzato altri contributi. Il patto era che si iniziasse magari anche soltanto realizzando una grossa attività di produzione del compostaggio domestico. Parteciparono 62 comuni su 69; la maggior parte raggruppati, avendo come capofila per questioni logistiche le Comunità montani. Un gruppo di Comuni della Valle Bormida, una parte della Comunità del Giovo: qui ve ne sono una dozzina sparati sulla differenziata al massimo livello. Hanno visto a Chieri che cosa accade e quindi... C'è chi dice che nelle zone turistiche non si può fare la raccolta differenziata. Vai a Venezia e vedi, vai sul Lago Maggiore idem.

Tutti questi comuni si erano impegnati a coprire con fondi propri i maggiori costi di questo progetto. Si erano impegnati con delibere di giunta o di consiglio. Poi in realtà, tranne due o tre, non hanno aggiunto un euro in più rispetto al contributo dato dal bando. Con i criteri di selezione del bando che dipendevano dall'approfondimento del discorso dell'applicazione del Piano, dalle tempistiche e così via, è successo che quando si è andato a dividere quei pochi qualche comune ha preso 2000 euro ma non c'ha messo neanche un euro di suo. Comuni che sono anche abbastanza ricchi non hanno messo nulla e si sono limitati a comperare qualche cassonetto in più senza rispettare molto i patti. Ci sono alcuni comuni che sono impegnati, c'è il Comune di Villanova d'Albenga... Mimmo FilippiAd Albenga abbiamo dato in tutto 470.000 euro, che sono una bella cifra.

E il Comune di Savona?

Savona non partecipò perché quando si trattava di presentare i progetti c'erano le amministrative, mancava il sindaco e quindi non era stato elaborato il progetto. Quando Berruti l'ha visto ha detto "Ne facciamo un altro". Molto bene.

Passiamo a qualche aspetto più tecnico. Spesso gli oppositori al Piano fanno riferimento ai maggiori costi per i cittadini e per le imprese. Ci spieghi com'è stato affrontato questo aspetto e come verranno ripartite le maggiori spese?

Il discorso è abbastanza complesso. Oggi noi paghiamo la TARSU, una imposta con cui si pagano gli oneri relativi alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti sulla base della superficie. La TARSU però non copre assolutamente i costi reali che vengono integrati dai comuni. È del tutto evidente che le condizioni cambiano se un comune è sede di discarica o è proprietario del terreno o se è socio della società che gestisce la medesima.

Questi costi sono abbastanza elevati. La realizzazione del Piano prevede un costo di attrezzamento che va sostenuto dal Comune e dal gestore. Io penso per la nostra provincia a due gestori: uno nel levante e uno nel ponente. Con questi possiamo creare delle condizioni di emulazione, concorrenza e avere dei confronti.

Quindi, un maggiore costo c'è. Però dipende anche da quello che fai. C'è l'accordo nazionale ANCI-CONAI, cioè fra l'Associazione Nazionale dei Comuni italiani e il Consorzio nazionale imballaggi. Con questo accordo il CONAI, attraverso i consorzi di filiera che sono i consorzi di quelle aziende che raccolgono e riciclano il materiale della differenziata (consorzio della carta, dell'acciaio, del vetro, ecc.), se la raccolta delle varie categorie merceologiche è fatta bene e, quindi, si raccoglie materiale "pulito" cioè puro o sotto il 20% dell'inquinamento attraverso una selezione che è di responsabilità di tutti, e conferisci questo materiale in alcuni punti da individuare sul territorio, i consorzi se lo vengono a prendere a loro spese e riconoscono ai comuni un corrispettivo sulla base del peso e della percentuale di inquinante presente. Oltre un 20% di inquinante non te lo ritirano. Arrivi così a quelle quote di raccolta differenziata previste nel piano.

Tutto il Nord Italia è sopra il 45%, noi in Liguria siamo proprio gli asini del Nord, siamo sotto il 20%. In Liguria l'abitante ligure differenzia in termini di chilogrammi anno tanta plastica quanta ne differenzia un cittadino della Campania: 2,9 kg di plastica all'anno! Lavorando nella direzione giusta cominci ad avere un vantaggio. Altri vantaggi li hai in termini diretti: nel recuperare materia prima, nel non consumare Mimmo Filippienergia, nel non influenzare l'ambiente e l'atmosfera.

È chiaro che questo è un percorso lungo. I comuni del Veneto sono partiti dieci anni fa, Milano lo stesso perché non avevano più discariche. O bere o annegare.

Nelle esperienze che hai visto i comuni conteggiavano la TARSU proporzionalmente ai rifiuti...

Quando ci sarà il gestore unico e si passerà alla tariffa succederà questo. I comuni non avranno più niente a che fare con il ciclo dei rifiuti. Sarà il gestore che organizzerà tutto e si comporterà come fa oggi l'acquedotto che fornisce un servizio e calcola i metri cubi consumati, le spese generali, l'ammortamento degli impianti e ti manda ogni mesi una fattura.

In Italia esistono già dei casi?

Ci sono già. Succede già in buona parte della Lombardia e del Veneto.

Perciò una vera e propria tariffa?

Non si è ancora arrivati alla tariffa puntuale. Il Comune di Savona ha applicato la tariffa, ma hanno fatto dei calcoli approssimativi scontentando un po' tutti. È bene precisare, tuttavia, che ci sono persone scontente che non hanno proprio motivo di essere scontente. Se uno dei parametri di fondo della tariffa è la quantità di rifiuto prodotto, a parità di superficie occupata un negozio di frutta e verdura o di fiori produce molti più rifiuti, fra l'altro quella frazione di rifiuto che è quella che da più fastidio perché putrescibile, di quanto non ne produca una famiglia che ha un appartamento della stessa superficie. Uno dei parametri è la quantità di rifiuto prodotto. Per cui il "porta a porta" è l'unico modo con cui misurarlo ciMimmo Filippi durante l'intervista
foto di Alice Bragantini
sono degli elementi per il riconoscimento automatico dei contenitori che sono domiciliarizzati e quando vengono ritirati vengono automaticamente misurati i pesi e gli svuotamenti. Esistono diversi modi: codici a barre, chip, la pesatura, lo svuotamento.

Ad esempio per la plastica si misurano gli svuotamenti anziché i pesi. La plastica pesa poco, ma fa un gran volume. Allora il cittadino paga per il numero di volte all'anno che il contenitore "raccogli plastica" è stato vuotato. Quindi l'utente ha il massimo interesse a metterlo fuori il minor numero di volte possibile e cioè ad schiacciare la plastica per ridurre il volume e farcene stare di più. Qua questo verrà più avanti. Prima dobbiamo organizzare il sistema. Dovremo essere in grado di trovare pesi e contrappesi.

Le discariche, benché assumano un ruolo estremamente ridimensionato rispetto alle passate gestioni, non sono scomparse dal Piano Provinciale dei Rifiuti. Il motivo mi sembra scontato: rimane comunque la necessità di trattare la frazione di rifiuti non riciclabile. Eppure, forse comprensibilmente viste le polemiche sulla gestione di quelle preesistenti, le discariche evocano sempre paure e provocano ostilità. Come ti senti di rassicurare i cittadini, in particolare quelli savonesi dopo l'annuncio dato dai quotidiani della ricerca da parte del Comune di un sito per una nuova discarica?

Intanto bisogno dire una cosa di ordine generale. Molto spesso la "voce di popolo" non è propriamente la "voce di Dio"... più la cosa è paradossale, più la gente ci crede. Mi spiego meglio. Un tempo le discariche erano dei mucchi di immondizia incontrollati, delle potenziali bombe ecologiche; addirittura alcuni siti per motivi storici non sono mai stati messi in sicurezza, parlo in generale non della provincia di Savona. Oggi tuttavia con le tecniche adottate non è assolutamente vero che le discariche sono elementi di grossa pericolosità. Sono convintissimo che bisogna stare attenti, ma non si devono esasperare i toni.

Tornando alla domanda. In provincia di Savona ci sono tre discariche ancora operative: la Ramognina di Varazze, il Boscaccio di Vado Ligure e quella di Magliolo.

La Ramognina ha ancora 130-140 metri cubi disponibili. Non mi è chiaro se a livello locale vogliano o meno ampliarla. L'ampliamento nel Piano venne richiesto nelle osservazioni redatte dal Comune, nella prima stesura non era previsto. Quando abbiamo discusso le osservazioni ho notato atteggiamenti diversi è l'ampliamento è stato tolto. La Ramognina svolge un ruolo nell'estremo levante della provincia, ma non è particolarmente strategia. Quindi solo più qualche anno di vita.

La discarica del Boscaccio, su cui gravitano una ventina di comuni più Savona, ha, invece, una capacità di oltre un milione di metri cubi. Questa è un po' la "discarica perno" del meccanismo. C'è poi la discarica di Magliolo, su cui tornerò, la cui chiusura è prevista per il dicembre di quest'anno.

Questa situazione ha aperto la logica necessità di avere una discarica a ponente. Per questo ho scritto personalmente a trenta comuni per sapere se avevano un sito alternativo nel quale fare un discarica. Ventisei non hanno risposto, tre hanno risposto negativamente, il trentesimo mi ha fatto vedere un posto che non era assolutamente proponibile. Sono allora andato di mia iniziativa a cercare dei siti conoscendo, come penso di conoscere il territorio, e ho segnalato ai rispettivi sindaci i possibili siti individuati; mi sono sempre trovato di fronte dei dinieghi.

La Provincia voleva quindi realizzare la discarica di Cianciarin. La Regione ha prescritto, a mio avviso forzando la situazione, uno studio di fattibilità approfondito e ha fatto una serie di affermazioni che, sempre a mio avviso, sono sbagliate. Sono state fatte delle affermazioni che da geologo rifiuto. Rifiuto decisamente.

Quando è emerso che il Comune di Savona voleva aprire una discarica, una discarica seria non come quella di Cima Montà, scelta che ha anche senso perché serve a calmierare il prezzo del conferimento in discarica, si è aperta una nuova soluzione e la Provincia ha sospeso la redazione dell'indagine di fattibilità su Cianciarin.

Lasciatemi precisare una cosa. Una discarica di nuova realizzazione, quale che sia la sua localizzazione, non è destinata a ricevere i rifiuti come oggi, senza considerare il fatto che già oggi ci sono delle norme che impongono una prelavorazione del rifiuto. Ad esempio per la discarica di Cianciarin in Vallemagna era previsto che venissero interrati in modo controllato i residui di un impianto di CDR, quindi materiale completamente inertizzato. Quindi assolutamente sicura. Ma se qualcuno inizia a dire falsità arrivando a suggerire ai cittadini che in quel sito sarebbero arrivati i rifiuti radioattivi...

Qual'è oggi la prospettiva?

La prospettiva oggi è sostanzialmente questa. A Cianciarin non abbiamo ancora rinunciato, abbiamo solo sospeso la procedura di valutazione di fattibilità, vediamo cosa produce il Comune di Savona la cui volontà di aprire una discarica (non nella zona di Cima Montà, ndr) è ufficializzata da una Delibera della Giunta di qualche settimana fa. C'è però un problema legato al cosiddetto "transitorio" cioè che cosa facciamo fino a quando i meccanismi della raccolta differenziata si sono messi in moto almeno in quantità maggioritaria sul territorio.

Quindi per il ponente, in cui molti comuni non si sono posti affatto il problema dei costi di conferimento in discarica del levante e poi parallelamente si lamentano a cominciare dai comuni più "nobili" quelli gestiti dalla "destra intellettuale" hanno sentenziato "noi da queste parti discariche non ne vogliamo" e quando ho chiesto loro cosa ne avrebbero fatto dei rifiuti non ho ricevuto alcuna risposta, c'è il problema come detto del "transitorio" che coinvolge la discarica di Magliolo, anche perché non possiamo certo portare i rifiuti al Boscaccio se prima non realizziamo la bretella che bypassa la frazione di San Genesio, discarica che il Piano prevede che chiuda entro quest'anno, ma ha un'autorizzazione che le consente di andare oltre. Chiudendo alla fine di dicembre, infatti, non esaurisce i volumi autorizzati, diciamo che ha ancora una capienza che la potrebbe portare ai primi di maggio, ma ciò non è sufficiente perché entro quella data la nuova strada per il Boscaccio non sarà sicuramente pronta. Per questo abbiamo verificato la possibilità di un accordo di programma Regione, Provincia e Comune di Magliolo che consenta un ampliamento della discarica e nello stesso tempo consenta a loro di realizzare nella zona della discarica un impianto fotovoltaico gestito dal Comune.

In cambio dell'ampliamento avranno praticamente una centrale gratis?

È solo un'ipotesi da discutere con il Consiglio comunale.

Quindi riassumendo...

Quanto più va avanti la raccolta differenziata, tanti meno rifiuti vanno in discarica. Certi comuni non hanno ancora capito che se non spingono per la raccolta differenziata saranno sempre nelle stesse condizioni, sempre alla ricerca di una discarica che dovrà avere un ruolo sempre più marginale all'interno del ciclo dei rifiuti. Non hanno ancora capito che i rifiuti differenziati non pagano Ecotassa. C'è anche una convenienza economica oltre che una convenienza "ambientale".

Vorremmo concludere con una domanda su un tema un po' più specifico, ma che ha sollevato un polverone qualche mese fa: la produzione e l'utilizzo del CDR (combustibile derivato dai rifiuti). Sembra impresa difficile convincere l'opinione pubblica del fatto che il CDR sia a tutti gli effetti un tipo di combustibile, non una scorciatoia per bruciare i rifiuti indifferenziati come negli inceneritori di vecchia concezione. Ritieni che produrre energia con combustibili fossili dia più garanzie sulla conservazione dell'ambiente e della nostra salute rispetto all'utilizzo del CDR?

Ti dico subito cosa penso. Per quel che mi riguarda meno bruciamo, quale che sia il combustibile usato, meglio è. Sono nemico delle combustioni non strettamente necessarie. Mi posso rassegnare a bruciare metano, carbone in relazione alle esigenze della società che ci siamo costruiti.

Il CDR è stato un artificio tecnico per chiudere il Piano senza dover ricorrere all'inceneritore. Sarebbe stato fin troppo comodo dire "no ad un inceneritore a Savona. Andiamo a bruciare a Scarpino", ma sarebbe stato mostruosamente ipocrita, contraddittorio.

Nessuna combustione da, infatti, garanzie sufficienti ne per le persone, ne per l'ambiente, ne per la salute del pianeta in genere. Molto spesso però ci troviamo a gestire situazioni che altri hanno costruito e che noi dobbiamo cercare quantomeno di attenuare. La motivazione del CDR nel Piano è quella che dicevo prima, ma se proprio si deve passare di li almeno costruiamolo noi questo combustibile così siamo in grado di controllarne la produzione.

Fermo restando che io sono per la inertizzazione dei rifiuti è bene ricordare che molti dei nostri gesti quotidiani producono una combustione: l'utilizzo dell'auto, l'accensione di una luce e così via. Forse dovremmo fermarci a riflettere sul nostro sistema di sviluppo invece di alimentare sterili polemiche.

Al volo. Se ad una centrale che abitualmente brucia carbone aggiungiamo del CDR secondo te, quest'ultimo, peggiora la situazione?

La cosa non è peggiorativa se il CDR è fatto con criterio, se non mando diossina in atmosfera perché sottraggo le plastiche e faccio una selezione prima.

Andrea Petronici
con l'aiuto di Marco Sferini
Savona - 13 Novembre 2007