Dal referendum all'accordo con il centro liberale dell'Ulivo

Alcune riflessioni del Coordinamento operaio del ponente genovese del PRC

Sergio Cofferati alla manifestazione del 23 Marzo 2002Intendiamo intervenire nel dibattito, aperto sul sito della Federazione del PRC di Savona, al fine di portare un contributo in merito alla prospettiva politica che Rifondazione ha discusso e approvato nell'ultima Direzione e nell'ultimo Comitato Politico Nazionale del 28-29 Giugno 2003 successivamente alla tornata referendaria sull'estensione dell'art.18 alle aziende sotto i quindici dipendenti. Interveniamo nel forum come compagni del "Coordinamento operaio fabbriche del ponente di Rifondazione Comunista" di Genova, nato lo scorso anno in risposta agli attacchi che i lavoratori si trovavano e si trovano ad affrontare nelle varie (quasi tutte) grandi aziende e fabbriche del ponente cittadino, alcune tuttora in stato di crisi.

Come lavoratori iscritti al PRC abbiamo il dovere in questo frangente di fare alcune riflessioni sul percorso che come partito intraprenderemo nel prossimo futuro in relazione allo scenario che ci si pone davanti di fronte ai costanti attacchi alla classe operaia che il governo Berlusconi porta avanti e anche di un bilancio critico necessario di come Rifondazione si è posta durante tutto questo quadro di lotte dal 2001 ad oggi. Per fare ciò riteniamo necessario innanzitutto trarre un bilancio di come, a nostro avviso, Rifondazione si è mossa all'interno del nuovo ciclo di lotte, successivamente le mobilitazioni del G8, aperte dallo sciopero nazionale del contratto metalmeccanici della FIOM il 16 Novembre del 2001 e andato avanti con la manifestazione della CGIL del 23 Marzo 2002 contro le leggi delega del governo in materia di mercato del lavoro e specificatamente l'attacco all'art. 18 dello statuto dei lavoratori (legge 300/1970), a cui tre milioni di lavoratori, studenti, immigrati, pensionati hanno preso parte. Questo nuovo ciclo di lotte che ci si apriva davanti poteva essere l'occasione per il PRC di candidarsi finalmente come direzione alternativa della classe operaia e invece troviamo in quelle situazioni un partito che andava e và a rimorchio della direzione delle burocrazie sindacali, addirittura talvolta esaltandole come nel caso dell'ex leader della CGIL Sergio Cofferati. Proprio questo personaggio in quelle fasi di lotta assurgeva come massimo rappresentante della lotta di classe contro gli attacchi ai lavoratori da parte del governo.

A noi questa sua scesa in campo non convinceva. Da subito noi del "Coordinamento operaio fabbriche del ponente" ritenemmo opportuno far rilevare che avevamo non pochi dubbi sul fatto che si trattasse di una vera battaglia convinta sui diritti e ci chiedevamo come si potesse coniugare questa nuova presa di posizione dell'ex Segretario della CGIL con i suoi trascorsi, visto che proprio lui era stato il massimo artefice della politica dei redditi, degli accordi del 23 Luglio, della concertazione. Insomma come potevamo oggi credere noi lavoratori della bontà e dell'intransigenza della lotta (si fa per dire, uno sciopero ogni tre mesi!) in difesa dell'art.18, di colui che nei contratti degli anni '90 aveva fatto socializzare alla classe operaia i disastri economici della classe dirigente degli anni '80 con la politica dei redditi imperniata sul blocco dei salari? Il progetto politico che stava alla base di tutto, che noi denunciammo non in tempi sospetti, prese forma da lì a poco sulle pagine dei maggiori quotidiani della borghesia italiana. Infatti il buon Sergio Cofferati spiegava che la difesa dei diritti passava per il ridisegnare una nuova coalizione borghese dell'Ulivo, che si candidasse in alternanza al Polo di Centrodestra, per riprendere un nuovo scenario di concertazione, dove governare il conflitto trasformandolo in una "pace sociale" e riprendere una nuova versione del "governo Prodi".

Un passo indietro occorre farlo anche qui. Avevamo ormai chiaro il quadro che si celava dietro le lotte della CGIL o meglio del suo leader, e qui invece di denunciare l'inganno, il partito si spendeva a riconoscere e legittimare Cofferati come "L'uomo della possibile vittoria" [Liberazione titolava i giorni successivi il 23 Marzo 2002]. Forse in maniera ingenua noi militanti di base, non ragionavamo sul percorso dell'attuale gruppo dirigente del PRC, ma alla luce degli ultimi accadimenti si può notare che tutti gli atti formali e non, avevano un fine: la ricomposizione con il centro liberale dell'Ulivo. Ma se le apparenze potevano lasciare il tempo che trovavano, non lo erano i fatti concreti.

uno scorcio della manifestazione del 23 Marzo 2002Quando il referendum sull'articolo 18, con promotori tra gli altri FIOM e PRC, otteneva il via libera dalla Corte Costituzionale il quadro si apriva davanti a noi, le nostre perplessità diventavano certezze. Questo strumento, anche se discutibile da utilizzare per affrontare l'estensione dei diritti dei lavoratori, ci permetteva, per il suo alto contenuto di classe, di verificare chi stava dalla parte dei lavoratori e chi contro. Tutte le forze liberali dal Polo e tutto il Centrosinistra (esclusi PdCI e Verdi) erano schierati per far fallire il referendum e tra loro anche il paladino dei diritti Cofferati che messo alle strette in assemblee di lavoratori, a denti stretti, ammetteva che anche lui era contrario, che il referendum era sbagliato nei contenuti, che lui non andava a votare e che… tutto sommato avevano ragione i padroni.

Noi adesso ci chiediamo come è possibile che il rappresentante della lotta dei diritti inalienabili su una battaglia che puntava ad estenderli si schieri con chi i diritti li vuole cancellare? Che si schieri con quelli che lui vuole "combattere" nella competizione elettorale alla teste del "Nuovo Ulivo"? La risposta a questa ultima domanda è tanto semplice quanto complicata a farla capire ai tanti compagni che credono che tutto sommato l'Ulivo sia uno schieramento almeno socialdemocratico. Si tratta semplicemente di capire che questi due schieramenti, uno chiaramente e l'altro mascherandosi di fronte ai lavoratori, rappresentano solo gli interessi della borghesia e i massimi artefici delle peggiori politiche antioperaie.

Ma ritorniamo al referendum. Si svolge ed è una sconfitta; è inutile non ammetterlo o trovare qualche alchimia verbale per trovare nella sconfitta una vittoria anche parziale. Certo raggiungere il quorum sarebbe stato impossibile visto i reali rapporti di forza che con lo strumento referendario riuscivamo a mettere in campo. È comunque un dato di fatto che le due maggiori associazioni di massa del paese la CGIL e l'ARCI si discostano nel sostenere il Sì, dal loro riferimento politico fino a quel momento i DS. Il risultato ci consegna undici milioni di voti per il Sì, ridisegnando nel paese un nuovo scenario delle classi e dei loro rappresentanti. Il PRC da questa contraddizione aperta, invece di porsi naturale rappresentante di quel voto si accinge a fare l'esatto contrario ovvero un accordo di programma con il centro liberale dell'Ulivo varato proprio dal CPN scorso.

La Segreteria Nazionale si trova oggi, dando una fallace interpretazione del voto, a riproporre ciò che già fece con l'esperienza fallimentare del governo Prodi rendendoci compartecipi dei più significativi peggioramenti della classe operaia con il varo del pacchetto Treu. Ed è per questo che noi oggi contestiamo questo cambiamento di rotta, nei confronti del Centrosinistra da parte della dirigenza del PRC, che si rende responsabile non solo di un tradimento nei confronti dei lavoratori, ma anche e soprattutto di un abbandono di quegli undici milioni di Sì, rinunciando a rappresentarli in maniera autonoma costruendo sul voto referendario sull'estensione dei diritti un polo autonomo di classe anticapitalistico; proponendo a quelle forze una piattaforma unificante di lotta contro il governo Berlusconi. Soprattutto intendiamo far rilevare a tutti i compagni il cambio di linea compiuto visto che l'ultimo congresso del partito si svolse all'insegna della "svolta a sinistra", sbandierando che "l'Ulivo era morto" e "irriformabile"… oggi tutto è cambiato, e pensare che ancora il 4 Maggio su Liberazione il compagno Bertinotti ci diceva in un suo articolo che "l'Ulivo è un'esperienza esaurita".

Sergio Cofferati alla manifestazione del 23 Marzo 2002
da www.cgilgioiatauro.it
uno scorcio della manifestazione del 23 Marzo 2002
da www.liberazione.it
La svolta "accordista" con il Centrosinistra in nome di un suo cambiamento sotto l'impulso dei movimenti. Ci chiediamo realmente quale cambiamento abbia prodotto: ci troviamo davanti non solo a chi ha detto che sull'art.18 hanno ragione i padroni e il referendum era giusto farlo fallire, ci troviamo a sostenere alleanze con chi ha sostenuto la guerra imperialista in Afghanistan e Iraq, con chi chiede l'esercito europeo e sostiene il piano Morchio alla FIAT contro FIOM e lavoratori. Ci troviamo oggi di fronte ad una svolta pericolosa, che se attuata porterà alla dissoluzione del PRC come forza di opposizione, in questo modo si cancellerebbero le stesse ragioni per cui il Rifondazione è nata.

Noi lavoratori comunisti del "Coordinamento operaio fabbriche del ponente" siamo concordi in questo momento con i compagni che sostengono l'ipotesi di un congresso straordinario, l'unico strumento in grado di dare la parola alla base, che ha il diritto, lei sì, di discutere il futuro del PRC e semmai rettificare un'eventuale "svolta a destra" semmai quella a sinistra non si più praticare. Invitiamo a questo proposito tutti i compagni al di là degli schieramenti congressuali, ad aderire firmando l'appello contro la svolta per un immediato Congresso Straordinario.

Alessanro Borghi
Andrea Bono
Coordinamento operaio del ponente genovese del PRC
Genova - 23 Luglio 2003