Uscire dalla crisi, dare risposte ai liguri

Intervista a Claudio Burlando

Gli ultimi quattro giorni della campagna elettorale Claudio Burlando li dedica alle quattro province, oggi (29 Marzo, ndr) è il turno di Savona. Con l'aiuto di Franco Zunino (capolista del PRC) riesco ad intervistare il candidato presidente de L'Unione.

Di tutte le interviste realizzate nei cinque anni di sito questa Claudio Burlandoè sicuramente la più particolare. La tabella di marcia del nostro candidato (meglio sottolinearlo visto gli strani fac-simile inviati da Biasotti) segna già un'ora di ritardo, non c'è tempo quindi per rispondere comodamente nel Centro Nautico Vadese dove Burlando ha appena finito di parlare. Il giro continua, la prossima tappa è Millesimo. L'intervista si deve realizzare durante il trasferimento. Vengo pertanto ospitato nell'auto rossa (ironizzo subito sul colore) del Segretario Provinciale dei DS Giovanni Lunardon in compagnia di Laura Bertolini Consigliera Provinciale dei DS (ringrazio entrambi per l'ospitalità e la disponibilità). Nei sedili posteriori il sottoscritto e Claudio Burlando. L'auto esce dal parcheggio, l'intervista può iniziare.

Nei mesi scorsi hai attraversato in lungo ed in largo la Liguria per conoscere meglio il territorio, per approfondire alcuni aspetti programmatici legati alle realtà locali, ma soprattutto per ascoltare i cittadini. Questa tua "fase di ascolto" rappresenta sicuramente una novità in una politica sempre più "urlata" e lontana dalla gente. Come hanno accolto i cittadini questo modo di fare e che cosa hanno detto che ti ha colpito maggiormente?

Innanzitutto c'è stata moltissima disponibilità e moltissimo interesse. Un'attenzione che ha sfatato diversi luoghi comuni primo tra questi il classico "la gente non ha voglia di partecipare, non ha voglia di parlare". Non è vero niente. È la politica che a volte non ha voglia di ascoltare, quando la politica ascolta la gente parla, eccome se parla.

Durante questo giro ho ricevuto contributi veramente importanti. Mi ha colpito molto il fatto di trovare territori forti, ricchi, ma che nessuno ha mai pensato di mettere insieme, di integrare, di federare, di rappresentare, di promuovere. C'è inoltre una domanda molto chiara di protezione sociale in particolare per quanto riguarda il lavoro. Un lavoro così instabile e così insicuro che i nostri ragazzi vorrebbero giustamente stabile e sicuro. E poi c'è un gran bisogno di servizi sociali, di una sanità migliore, di cure migliori.

Nel quadro di una congiuntura in Europa e nel nostro paese non delle più rosee, la Liguria è interessata da grandi trasformazioni economiche e di conseguenza sociali. L'industria, che in passato ha portato la nostra regione in prima fila nel panorama produttivo italiano, è in crisi drammatica. Lo spegnimento dell'altoforno della storica Tubi Ghisa di Cogoleto e la drammatica vertenza Ferrania sono solo le due più recenti puntate di questa crisi. Le attività produttive che hanno per anni creato ricchezza e benessere, spesso osteggiate a ragione per motivi ambientali dagli stessi cittadini, lasciano spazio alle più pulite ed ben accolte attività commerciali e turistiche. Questa nuova "industria pesante" verso la quale sembra ormai indirizzata la nostra regione non rischia di diventare, piuttosto che una grande occasione di sviluppo, una colonizzazione di grandi gruppi economici ed una ghiotta occasione per le speculazioni edilizie?

La Liguria ha perso parti significative dell'attività manifatturiera. A tal proposito penso che un'attività produttiva vada dismessa solo se fortemente inquinante, dannosa per l'ambiente e per la salute. È stato il caso, nella provincia di Savona, dell'ACNA. Le altre attività invece vanno fortemente Claudio Burlandodifese e dove possibile sviluppate.

In questo quadro la Ferrania è certamente in un punto di maggiore crisi. C'è stata un'offerta giudicata migliore delle altre e sarà molto importante chiarire con questi investitori due cose: la prima è che noi guardiamo con moltissima attenzione alla salvaguardia dei livelli occupazionali, la seconda è che questi imprenditori devono rilanciare l'attività industriale e non devono pensare di realizzare cose diverse dall'industria. Non che ci sia il dubbio o il sospetto, ma è bene "mettere le mani avanti" e, come Regione, dare queste precise indicazioni.

Per quanto riguarda la colonizzazione dei gruppi internazionali, il rischio è in parte presente. Siamo di fronte ad un ritrarsi di imprenditori italiani da comparti strategici, motivo per cui è bene che le imprese rimaste pubbliche, come l'azienda ligure di Finmeccanica, rimangano assolutamente pubbliche, anzi sarebbe opportuno vedere se Finmeccanica, per rimanere nell'esempio, non possa acquisire, come ha già fatto con alcune aziende del gruppo Marconi, altre attività in modo da dare garanzie di mantenimenti occupazionali, di assetti industriali, di sviluppo.

Nel corso della sua campagna elettorale Biasotti elenca spesso e con enfasi il Terzo Valico Ferroviario Genovese tra i punti del suo programma che sostiene di aver realizzato. In realtà la situazione del trasporto su rotaia nella nostra regione non concede alcuno spazio all'ottimismo: le fondamentali linee ferroviarie Genova-Ventimiglia e Pontremolese, la prima di importanza internazionale, la seconda già protagonista di drammatici incidenti, attendono da anni il completo raddoppio; diminuiscono i carri ferroviari movimentati mentre i traffici nei porti liguri aumentano; la scarsa qualità del trasporto passeggeri regionale scatena da mesi le proteste degli utenti. Alla luce di queste negative realtà che sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti i cittadini, in particolare dei pendolari e dei lavoratori dei trasporti, non ritieni che il Terzo Valico non sia assolutamente un'opera prioritaria ed anzi rischi di rimanere scarsamente utilizzata come la famigerata bretella ferroviaria del porto di Voltri? Il Terzo Valico non rischia di diventare un progetto faraonico, utile soprattutto per essere citato in convegni e comizi, spiacevolmente Genova-centrico a spese del potenziamento ferroviario delle altre province?

In effetti sulle infrastrutture si sono fatti molti annunci e pochi fatti. Non ci sono i soldi per il Terzo Valico, per la Potremolese, per la Genova-Ventimiglia e la Finale-Andora. Mentre la Andora-San Lorenzo è iniziata solamente grazie ai finanziamenti dei nostri governi. Tuttavia la domanda pone un problema più complesso cioè se e quanto queste infrastrutture sono giustificate e utili.

Ho sempre espresso una cultura del servizio e non dell'appalto. Ragiono così. La Liguria con i suoi tre porti grandi - Spezia, Savona e Genova - può diventare uno snodo logistico importantissimo tra la produzione asiatica e in grandi mercati europei. Per fare questo c'è bisogno di una catena logistica, di una Claudio Burlandorete infrastrutturale. E noi ci muoveremo esattamente così. Faremo quelle infrastrutture di cui c'è bisogno, in particolare per inoltrare la merce oltre Appennino su ferro e non su gomma, perché una regione fragile come la nostra non può reggere se la merce va su gomma. C'è inoltre da realizzare il completamento della rete viaria, in particolare per Savona, penso all'Aurelia Bis, ma anche in questo caso, nonostante gli annunci, siamo di fronte ad un'infrastruttura non finanziata.

Rimanendo nel programma puoi indicare una priorità programmatica per provincia?

Nel caso di Spezia la priorità programmatica è l'ambientalizzazione del golfo, intendendo per ambientalizzazione la somma di bonifica e dragaggio. In modo tale che si possa accrescere l'attività portuale, entro i limiti previsti dal Piano Regolatore Portuale, e al tempo stesso sviluppare l'attività cantieristica, nautica, turistica.

Per Genova la priorità è la chiusura dell'altoforno e il consolidamento dell'attività a freddo con il mantenimento dell'occupazione esistente, restituendo così alla città importanti aree per il suo riequilibrio come Cornigliano.

Per Savona, come ho già detto, bisogna risolvere positivamente la crisi della Ferrania, mentre per Imperia, secondo me, la priorità è definire subito il progetto per quei ventiquattro chilometri di costa liberati dalla ferrovia che possono offrire a quel territorio un valore aggiunto incredibile.

Nel Comune di Savona Rifondazione Comunista è in opposizione alla linea politica del centrosinistra guidato da Carlo Ruggeri. Tanti sono i temi specifici di dissenso con la maggioranza, ma soprattutto è proprio il progetto di sviluppo della città fortemente voluto dal Sindaco che divide in Savona il PRC dal centrosinistra. Sintetizzando al massimo, la città del nuovo waterfront disegnata da Bofill con tanto di grattacielo è molto lontana dall'idea di sviluppo equilibrato, di attenzione ai cittadini più deboli e di opposizione alle speculazioni edilizie sostenuta da Rifondazione. Perché hai così fortemente voluto nella tua "squadra" Carlo Ruggeri?

Perché ho molto apprezzato il lavoro di Carlo Ruggeri e con me, a dir la verità, una percentuale elevatissima di cittadini savonesi che lo hanno eletto al primo turno sia nel 1998 che nel 2002, nonostante nella seconda occasione si presentasse senza l'appoggio di tutta la coalizione che oggi chiamiamo Unione.

Quanto realizzato nel porto finora sta andando decisamente bene. La marina turistica a me pare molto bella, gli attracchi della stazione marittina per le navi da crociera sono un eccellente risultato e se ci fate caso tutto quel patrimonio edilizio vicino al porto che era in completo stato di abbandono, ora si sta recuperando con negozi, ristoranti, bar, trattorie e soprattutto con alloggi completamente rinnovati.

Il progetto non è dissimile da quello fatto a Genova nel Porto Antico con la differenza che a Genova si sono potuti utilizzare molti soldi pubblici legati ad eventi tipo il 1992, tipo il Claudio Burlando il nostro candidato,
il candidato dell'Unione alla Presidenza della Regione Liguria
2001, tipo il 2004. Naturalmente a Savona questi eventi non c'erano ed è stato anche logico, secondo me, coinvolgere operatori privati e sviluppare funzioni come quella turistica-ricettiva. Mi pare un'operazione molto utile sinceramente.

Come hai più volte ricordato, sei figlio di un "camallo", provieni da una famiglia comunista. Questa tua storia, questo tuo percorso avranno un riscontro nel programma di governo?

Come hai detto vengo da una famiglia operaia. Mio padre, oggi pensionato, era un "camallo" del porto di Genova mentre mia madre, che è mancata lo scorso anno, era una contadina di quell'entroterra genovese povero, molto povero della Val Trebbia. Tutta la mia vita è stata condizionata da queste origini anche perché la mia famiglia ha sempre avuto un orientamento che l'ha legata alla sinistra genovese, alla storia del PCI a quella particolare storia del PCI vicina al porto, ai "camalli" appunto.

Naturalmente credo che chi ha funzioni di governo in una città, in un paese, in una regione debba anche capire che la sua funzione è quella di connettere diverse realtà sociali, di governare per conto di un complesso di interessi che vanno in qualche modo composti, ma naturalmente le origini sono importanti.

Ieri era Pasquetta ed ho passato la giornata per metà nei luoghi di mio padre, dove anch'io sono nato cioè in questo quartiere popolare di Genova che si chiama Quezzi vicino allo Stadio e per metà in Val Trebbia proprio perché le radici per me sono sempre state importanti e hanno sempre orientato le mie scelte politico-amministrative.

Marco Ravera
con l'indispensabile aiuto di Andrea Petronici
Vado Ligure - 29 Marzo 2005