Nessi tra precarietà e attacco alle pensioni
Diritto al lavoro e diritto alla pensione o lavoro precario e pensioni precarie
Tra le questioni della flessibilità del mercato del lavoro (che, d'ora in avanti, per brevità e per chiarezza chiameremo, senza giri di parole, della precarietà del lavoro) e della tutela previdenziale dei lavoratori esistono strettissimi nessi, dal punto di vista della regolamentazione legislativa, delle connessioni economico-sociali, del processo di globalizzazione capitalistica.
La parabola legislativa
- Tutela/smantellamento del diritto al lavoro. La stabilità del posto di lavoro è stata via via puntellata, in particolare, da tre leggi: L. 230/1962 (limitava a pochi casi ben precisi la possibilità di stipulare un contratto a tempo determinato); L. 604/1966 (subordinava il licenziamento al sussistere di una giusta causa o di un giustificato motivo, nelle imprese con più di 35 dipendenti); L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori, che rende "reale" la tutela dei lavoratori in caso di licenziamento nelle imprese con più di 15 dipendenti: art.18). Questo insieme di tutele viene sottoposto ad un processo prima episodico e lento, poi sistematico e velocizzato di smantellamento. Nel 1978 viene parzialmente estesa per la prima volta la possibilità di stipulare contratti a termine per i giovani (legge cd. "sull'occupazione giovanile"), nel 1984 vengono introdotti i "contratti di formazione - lavoro" che estendono sensibilmente questa possibilità. Negli anni '90 la flessibilità viene assunta dai sindacati come un elemento che favorisce l'occupazione e, a seguito della politica concertativa, viene inserita negli accordi Governo - Sindacati - Confindustria del 1993 (quello della "politica dei redditi") e del 1996 ("Patto per il lavoro"). Quest'ultimo si traduce nel "pacchetto" Treu (L. 196/1997), che nell'ambito della politica di concertazione, tipica dei governi di Centrosinistra, diventa sostanzialmente un passo obbligato. Esso introduce, tra l'altro, il lavoro interinale sia pure (come sottolineò il "Sole-24 ore") "mettendolo in gabbia": era regolamentato in modo che non potesse essere utilizzato in agricoltura e nell'edilizia e poteva riguardare lavoratori almeno del 5° livello. Nel 1999, a seguito delle pressioni, forse non necessarie, dei sindacati, il lavoro interinale fu esteso ai settori lavorativi per i quali era escluso ed ai lavoratori di 2° livello dal governo D'Alema. Poi, col governo Berlusconi, il diluvio: D.lgs. 6/9/2001, n.368/2001 sul contratto a termine; D.lgs. 8/4/2003, n.66/2003 sull'orario di lavoro e schema di D.lgs. attuativo della L. 14/2/2003 n.30 sul mercato del lavoro travolgono qualsiasi parvenza di diritto per i lavoratori.
- Tutela/smantellamento del diritto alla pensione. La L. 153/1969 (riforma delle pensioni) prevede il calcolo delle pensioni col sistema retributivo (vedi scheda sulle pensioni), il loro aggancio ai salari (80% dopo 40 anni di lavoro) e l'adeguamento del loro potere d'acquisto sulla base del costo della vita e della dinamica salariale. Negli anni '90 parte l'attacco al sistema pensionistico, con le "riforme" Amato (1992) e, soprattutto, Dini (1995). Ad entrambe (anche se in modo più organico alla Dini) hanno collaborato i sindacati confederali. Come vedremo l'effetto combinato delle due "riforme" cambia radicalmente il sistema pensionistico italiano e, sommandosi alla crescente precarizzazione del lavoro, precarizza il diritto alla pensione. È in atto, anche su impulso della UE, un ulteriore attacco contenuto nel d.d.l. delega sulla previdenza presentato dal governo.
Sono evidenti i nessi temporali, legati all'andamento dei rapporti di forza tra Capitale e Lavoro.
Le connessioni economico - sociali
La precarietà del lavoro e gli attacchi alle pensioni determinano un processo che ne moltiplica gli effetti negativi.
- Se aumenta la precarietà, diminuiscono i salari, quindi diminuiscono i contributi previdenziali versati e si pongono le condizioni per ridurre le pensioni.
- Se diminuiscono le pensioni, ci sarà un numero crescente di lavoratori disposti a prolungare la propria attività lavorativa pur avendo maturato il diritto al pensionamento anticipato e crescerà il numero dei pensionati che si mettono sul mercato del lavoro (nero). Ciò determina una riduzione degli spazi occupazionali per i giovani ed una concorrenza intergenerazionale crescente sul mercato del lavoro, quindi maggiore debolezza contrattuale dei lavoratori, maggiore precarietà. Da questo punto riparte il processo descritto sopra.
- Se viene aumentata per legge l'età pensionabile, come è già stato fatto dalle precedenti riforme e come si appresta ulteriormente a fare il governo di destra, si riproducono le dinamiche appena descritte. Si innesca, quindi, un processo circolare in base al quale maggiore precarietà e diminuzione delle pensioni si autoalimentano a vicenda.
I collegamenti col processo di globalizzazione capitalistica
- La legge 30 e i decreti legislativi sull'orario e sul contratto a termine, citati sopra, rendono l'Italia più accogliente possibile per il capitale finanziario nei suoi flussi internazionali, proponendosi come oasi di flessibilità assoluta ("il paese più americano", come ha recentemente vantato Berlusconi).
- Il disegno di legge delega sulle pensioni accelera ed acutizza il processo di privatizzazione della previdenza rivolto a far crescere le rendite finanziarie, nel quadro del crescente ruolo mondiale della finanza internazionale. Questi processi precarizzano da un lato il diritto al lavoro, perseguendo una flessibilità infinita, e dall'altro il diritto alla pensione, perché le pensioni private, individuali o integrative che siano, sono a capitalizzazione e quindi esposte ai rischi connessi: crisi finanziarie internazionali, iperinflazione, fallimento delle società che gestiscono i fondi pensione.
Sergio Casanova
Responsabile Regionale Formaizone e Programma
Genova - 6 Ottobre 2003